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Non c'è ancora alcuna ufficialità. La notizia è stata anticipata dal settimanale tedesco Der Spiegel sotto forma di indiscrezione, ma sembra basarsi su fondamenti solidi. O almeno plausibili, visto che il 2035 è dietro l'angolo e la transizione dell'Unione Europea verso il completo divieto delle auto con motore endotermico appare sempre più utopica. E allora, proprio perché le EV difficilmente riusciranno a conquistare le strade nei tempi sperati da Bruxelles, è possibile che i burocrati dell'Ue possano lasciare aperto il mercato europeo anche alle auto ibride plug-in e alle elettriche dotate di range extender (EREV). Si tratterebbe di un quasi cambio di rotta, con implicazioni rilevanti. Non solo perché, dal 2035 in poi, le uniche protagoniste non sarebbero più soltanto le auto elettriche, ma anche perché – e questo è il secondo punto che merita una riflessione – l'Europa modificherebbe radicalmente le tendenze del mercato. Spieghiamoci meglio: se, infatti, con l'avvicinarsi dello spartiacque del “solo elettrico”, i possessori di auto tradizionali erano in apprensione, indecisi e colti in contropiede su come sostituire i loro veicoli a benzina o diesel, sempre più convinti che solo un brand EV made in China potesse salvarli dall’affrontare cifre immense, ecco che un ipotetico cambio di rotta dell'Ue offrirebbe ai consumatori altre e più ampie scelte.
Cosa intendiamo dire? Che, se l'indiscrezione filtrata dalla Germania dovesse in qualche modo concretizzarsi, e se oltre il 2035 dovesse essere permesso acquistare anche EREV e ibride plug-in, le auto elettriche cinesi potrebbero ritrovarsi a fare i conti con rivali inaspettate provenienti da Corea del Sud e Giappone. In altre parole, il mezzo passo indietro dell’Ue sulle EV – in un mercato globale dominato dalle convenienti auto cinesi – rischia di spalancare le porte a brand e marchi che, fino a pochi mesi fa, apparivano letteralmente tagliati fuori dai giochi che contavano, ovvero i giapponesi e coreani, schiacciati dalla concorrenza elettrica cinese, sotto pressione per l'avvento di BYD e soci nei mercati strategici – compreso quello europeo – e alle prese con nuove (e non sempre brillanti) strategie commerciali. A livello globale, la situazione è difficile per Toyota, che però continua a galleggiare in acque discrete nonostante una concorrenza sempre più agguerrita, e critica per Nissan, Honda e Mitsubishi. Meglio vanno le cose per le coreane, con Kia e Hyundai che ancora resistono all'onda d'urto delle economiche auto made in China. L’Ue potrebbe offrire loro un inaspettato salvagente.
Nel caso in cui l’Ue adottasse ufficialmente una posizione più flessibile in vista del 2035, il primo e più importante effetto coinciderebbe con un radicale cambiamento nell'elenco delle case automobilistiche avvantaggiate dalla possibilità per i consumatori di acquistare non solo EV, ma anche veicoli dotati di “tecnologie alternative”. In termini concreti, i colossi che hanno finora investito nella tecnologia ibrida si ritroverebbero in prima fila, e paradossalmente più avanti rispetto a chi immaginava un futuro 100% elettrico. Aziende come Mercedes-Benz, BMW e Toyota, note per i loro solidi portafogli ibridi, guadagnerebbero ulteriore tempo per perfezionare le loro strategie e adattarsi alle mutevoli richieste del mercato. Ma ci sono alcuni dati che meritano attenzione, come quelli fotografati da un’analisi di Jato Dynamics relativa al 2023. In quel periodo, in Europa la tecnologia ibrida era appannaggio dei marchi giapponesi (l’84% di tutte le immatricolazioni ibride risultavano giapponesi), mentre i coreani erano i re dell'ibrido plug-in (47%) e i cinesi dominavano l'elettrico (39%). La frenata sugli EV potrebbe quindi far rallentare l’exploit delle low cost cinesi e rimettere in carreggiata i marchi giapponesi e coreani. Gli stessi che fino a pochi mesi fa non sapevano come fare per riemergere dall’elettrificazione made in China.
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