CIR 2016. «Andreucci for President!» - Prima parte

CIR 2016. «Andreucci for President!» - Prima parte
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Per Paolo Andreucci e Peugeot è un altro anno chiave. La stella del decimo Titolo Italiano da cucire sulla tuta e da verniciare sulla 208 T16, e magari uno sguardo sul futuro del Pilota, un po’ meno al volante e un po’ più a disposizione
14 marzo 2016

Punti chiave

Paolo Andreucci: «Come facevi a saperlo? Chi ti ha detto che il mio regista preferito è Sergio Leone? Sì, è lui, il mago dello Spaghetti Western, definizione dell’epoca che non mi piace. Stava a indicare un cinema ritenuto di serie B, ed è rimasta anche quando a Leone è stato riconosciuto uno dei più grandi talenti della nostra storia cinematografica. Anche oggi c'è chi vince l’Oscar citando l’opera, lo stile e il modo, persino la musica dei suoi grandi film. «C’era una volta in America», un ca-po-la-vo-ro! Mi piace sì, Leone è il mio preferito, e adoro Ennio Morricone. Geniali. «Leone», sarà il nome, sinonimo di sovranità e di forza, un nome che conosco bene e che ovviamente riconosco nella mia magnifica avventura con Peugeot!»

Più che saperlo lo immaginavamo, ce lo chiedevamo. Ultimamente ti si vede sempre più spesso in veste di attore. È un altro talento? L’Amicizia con Stefano Accorsi ti aiuta a coltivare una nuova passione? Ti insegna a fare l’attore o gli insegni tu a guidare?

PA. «Allora, ho fatto la controfigura di Accorsi, ma non mi si vede mai. Invece abbiamo girato i video di Peugeot con la tecnologia Oculus, una telecamera a 360°, un bel montaggio e un’esperienza modernissima. E da lì è iniziata una cosa interessantissima. Ho capito come si fa, perché Stefano è veramente bravo, un grandissimo professionista. Tanto di cappello, non so come faccia. Ho fatto le mie piccole apparizioni, ho provato a recitare, un minuto e mezzo o cose del genere, ma mandare a memoria, parlare mentre guidi e devi schivare un cane o un furgone è roba da matti. Mi diverto. Lui mi ha insegnato un po’ a recitare, ora gli insegno io a guidare!» 

Prendiamo Ogier. È il più forte di tutti, nessun dubbio. Per far sì che non sia sempre lui a vincere, lo si costringe a partire nelle prime due tappe secondo l’ordine di classifica mondiale. È frustrante. Così vince anche un po’ Latvala, una volta Mikkelsen, Meeke. Gare così non ho più voglia di guardarle.

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E allora, Sergio Leone, consideriamo l’Italiano degli ultimi anni, e anche del prossimo. Andreucci, Basso, Scandola: chi è il Bello, chi il Brutto e chi il Cattivo (puro ordine alfabetico)?

PA. «Ah. Il Bello credo che dovrei essere io (risata). Il Brutto e il Cattivo? Perché lo devo dire io? Sempre io a lanciare il sasso sulle cose che non vanno? L’ho detto anche a Basso, l’altra sera, e altre volte a Scandola: fatevi avanti anche voi! Perché devo essere sempre io il rompiglione? Risultato? No comment. Ecco fatto, oltre ad essere il Bello, automaticamente sono anche il Cattivo. Però io dico: se c’è un problema, sollevarlo non è peccato mortale. È solo essere partecipi, interessarsi alla faccenda, anche amarla. Gli stava sulle scatole che avessi le Pirelli, che Terenzio mi seguisse. Occhio che ti controlliamo! Sgarra e ti facciamo reclamo. Hai voglia, mettetemi Sherlock Holmes alle calcagna e una webcam addosso! Poi arriva quel San Marino. Sui due giri di terra gli do sei secondi, nei cinque chilometri della prima Speciale cittadina sull’asfalto me ne danno 8 loro. Certo, gomme morbide, giravolte alle rotonde e frenatone, arrivano con i tasselli ribassati. Al parco assistenza mi vengono anche a chiedere che mi è successo! Guardate le vostre slick, e guardate le mie gomme. Mi pare che non si possa correre con meno di un millimetro, vero commissario? Allora andate al Parco, e mettetevi a posto, perché non mi va di fare la figura del fesso che gira come un matto tutto il giorno e poi in cinque chilometri le prende così. Niente. Ritorno al Parco e mi prendono in giro anche i miei. “Bravo! Anche i test sull’asfalto, e poi prendi paga.” Allora vi dico io. Guardate… e spiego, e parlo di regolamento, e poi dico fate voi. Scatta il reclamo, poi la lunghissima storia lo sapete come è finita. E il Cattivo sono io, anzi l’uomo nero, solo perché arrivo al punto che non ci sto più perché si prevaricano le regole. Ce ne sono di queste storie. Roba che se uno è un po’ nervosino… Meno male che io sono un tipo che ci trova anche il lato comico. Ve ne racconto un’altra…».

Scusa, «sentiamo» che avresti molte cose da dire, ma vorremmo stare ancora un momento leggeri. I tuoi video dell’Etna, o i «Io la guido così!», starring Paolo Andreucci, sono bellissimi e hanno riscosso un successo strepitoso, non pensi che dovresti continuare?

PA. «Ah ah ah. Ma sì, continuiamo a divertirci. Allora vi annuncio, qui tra di noi, che abbiamo un progetto ganzissimo. Io, tuttavia, nasco Regista, non attore. Sono molto più portato alla regia.»

Abbocchiamo. Vorresti dire che saresti un buon regista cinematografico, o anche del Campionato, dell’attività di Federazione? Vorresti forse farti avanti?

PA. «No, quello no almeno per ora! Anna è più portata di me. Io cerco di fare il possibile per aiutare il mio Sport. Io della Federazione potrei fare al massimo il… presidente! (risata). Una sera durante una cena, parlavo sempre io, ho finito un discorso sulle regole a un tavolo di rallysti, e alla fine ero accalorato. Mi sono alzato in piedi e ho gridato: «Andreucci for President!». Tutti a ridere! No, non scherziamo, è un affare serio. Secondo me più che di un buon regista, che c’è, in Federazione c’è bisogno di una buona squadra, quella sì a disposizione del regista. Una squadra competente e consapevole, che si dedichi a migliorare l’immagine, i contenuti, le regole tecniche dei Rally italiani. Che sia disposta a dedicare un’attenzione maniacale anche all’aspetto mediatico, alla qualità del «prodotto» ma anche al suo «aspetto». Dovrebbe lavorare su degli argomenti nuovi, originali, anche un po’ spinti come certe «americanate» puramente spettacolari, come le prove di accelerazione o prove dove il traverso e lo spettacolo sia il padrone. «Roba» da richiamare spettatori non solo competenti ma anche curiosi, passanti attirati dal trambusto, amanti dello spettacolo puro.» 

Andreucci autografa un suo poster al Monza Rally Show 2015
Andreucci autografa un suo poster al Monza Rally Show 2015

Una Squadra è da intendersi come l’attuale Commissione Rally?

PA. «Sì, se si potesse formare una buona Commissione Rally abbinata all’attività di un buon ufficio marketing, e con il coinvolgimento delle Case e dei preparatori, credo che la gestione della disciplina farebbe un bel salto in avanti. Operazione senza dubbio complessa, con molti interlocutori e molte voci. Ma non è meglio avere molte opinioni competenti e parlare, discutere in un ambiente costruttivo?»

Doppia giornata di gara, doppio punteggio. Cosa ne pensi dunque?

PA. «Allora. È snaturare il Rally? Sì. È creare confusione mediatica, una situazione non chiara, difficile da mettere a fuoco? Sì. Ce n’era bisogno? No. Quindi? Secondo me, negativo. Che ragionamento hanno fatto? Se è una questione di promozione, non è la direzione giusta. Primo: i giornalisti e i media, soprattutto quelli non di settore, ci capiranno sempre meno. È la direzione opposta. Ma il mondo è bello perché vario. Secondo: nella testa di qualcuno l’idea era quella di creare una situazione da rush finale, oppure un’alternanza di vincitori del CIR. Due anni fa siamo arrivati all’ultima gara per assegnare il Titolo, lo scorso anno se ho vinto alla sesta è perché sia scandola che Basso hanno commesso degli errori. Secondo il mio parere, dunque, si cerca di agevolare chi commette degli errori. Spezzando le gare, un ritiro a metà gara vanifica solo metà del Rally. E non dimentichiamo che la norma apre alla possibilità di giocare su metà gara le proprie carte, creando le condizioni tecniche per un exploit su una sola tappa, e poi via, a casa. Qui non è più sport, è politica che si fa largo.»

Ti senti bersagliato?
PA. «Non è questo il problema. Da sportivo autentico, come io mi ritengo, ci tengo a queste cose e vado oltre l’Italiano. Prendiamo Ogier. È il più forte di tutti, nessun dubbio. Per far sì che non sia sempre lui a vincere, lo si costringe a partire nelle prime due tappe secondo l’ordine di classifica mondiale. È frustrante. Così vince anche un po’ Latvala, una volta Mikkelsen, Meeke. Gare così non ho più voglia di guardarle. Non è più la prestazione pura del fuoriclasse, che è una cosa avvincente come poche. In Italia si fa lo stesso. Dal punto di vista sportivo il messaggio è chiaro. Io sono stato il più regolare? Bene, ecco un vantaggio per gli altri. Sono primo in Campionato? Bene, a pulire la strada. Una volta almeno lo shake down ti dava la possibilità, vincendo, di scegliere la posizione di partenza. No, no, finito. Parti con l’ordine di classifica, spazzi tutta la giornata e ti prendono anche per fermo perché vince l’altro. È chiaro, no? Qualcuno pensa che Peugeot Pirelli vincano troppo. Qualcuno. Come sempre ci sono persone ragionevoli che cercano di mandare avanti la competenza, di essere aggiornati, ma altre che semplicemente non sono più allineate con l’evoluzione del nostro Sport, con i tempi.»

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