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Considerare la Lamborghini Aventador una semplice automobile sarebbe un’eresia bella e buona. Spesso chi non ama in maniera particolare le auto è portato a considerarle un po’ tutte uguali. Veicoli che, indipendentemente dal marchio riportato sul cofano, portano sempre e in ogni caso da un punto A ad un punto B. Fine. La Aventador però è diversa e lo si capisce non appena ci si immerge nel suo abitacolo, quando, come per magia, le sue forme iniziano a magnetizzare gli sguardi di tutti, nessuno escluso. La supercar bolognese infatti riuscirebbe a sconvolgere le emozioni persino del più accanito denigratore del mondo dell’auto. Anche di chi, per intenderci, ha fatto della bicicletta la sua unica fede, detesta senza se e senza ma chi viaggia in auto e farebbe di tutto per vedere cancellata dalla faccia della Terra qualsiasi entità a quattro ruote.
Batman Begins
Se poi è in versione Roadster, come quella della nostra prova, allora c’è da rimanere letteralmente senza fiato. Il merito, diciamolo subito, è senza dubbio del suo design. “E’ l’auto di Batman”, esclamano grandi e piccoli non appena la vedono e non è di certo un caso. La Aventador infatti è il modello che più di tutti ha saputo concretizzare, estremizzandola al limite, l’espressione del design poligonale Lamborghini. Uno stile che non scende mai a compromessi, aggressivo ed esasperato fino all’ultimo respiro, ma sempre bilanciato e di fatto ben riuscito. Per capire se i designer hanno fatto centro del resto basta un piccolo dettaglio. Chiunque, guardando anche solo per un istante quest'auto incredibile, saprebbe identificarla immediatamente come una Lamborghini. E non c’è riconoscimento migliore di questo per qualsiasi designer. Il merito, in questo caso va in gran parte a Filippo Perini, Responsabile del Centro Stile della Casa del Toro che ha seguito lo sviluppo di questa supercar.
Via il tetto, ma il cuore rimane in fibra
A poco più di un anno dal lancio della coupé gli uomini di Sant’Agata hanno allargato la gamma con la versione Roadster, ancora più dirompente. Un modello che adotta una sorta di schema “targa”, con tetto rigido rimovibile, rigorosamente a mano (una soluzione adottata per risparmiare peso). Il bello di questo sistema è che quando la macchina è chiusa è praticamente identica alla coupé. Quando si vuole viaggiare en plein air invece basta togliere i due pannelli in fibra di carbonio del tetto (davvero leggerissimi!) e sistemarli nel piccolo cofano anteriore, con un sistema ad incastro veramente ingegnoso (ad ogni numero riportato sul tetto corrisponde un preciso spazio nel vano). L’unico inconveniente a cui si va incontro è un leggero aumento di peso, dovuto all’irrigidimento complessivo della struttura. Niente di sconvolgente in ogni caso, visto che si passa da 1.500 a 1.625 kg a secco. L’aggravio di peso è quindi di soli 125 kg e considerati i vantaggi veramente gustosi messi sul piatto dalla roadster (godersi il sound del V12 a cielo aperto non ha prezzo, tanto per dirne uno!) il gioco vale veramente la candela.
A proposito di peso, c’è da dire che gli uomini di Sant’Agata Bolognese hanno fatto veramente di tutto per contenerlo il più possibile. Un’operazione di certo non facile quando c’è di mezzo un blocco motore-cambio poderoso e ingombrante come un V12 longitudinale. La Aventador nasce su una raffinata monoscocca in fibra di carbonio realizzata internamente dall'Advanced Composite Research Centre della Lamborghini ma i materiali compositi sono stati utilizzati anche per realizzare una lunga serie di componenti come porzioni della scocca, cofano motore, tetto, spoiler attivi e prese d'aria laterali. Un altro materiale nobile e leggero come l'alluminio poi è stato utilizzato per plasmare il cofano bagagli anteriore, le portiere, il paraurti anteriore e le strutture ancorate alla monoscocca, dove sorgono le sospensioni.
Fedele alla Motor Valley: il V12 aspirato e cambio ISR
In un mondo in cui i motori aspirati e ancor di più i 12 cilindri sembrano destinati all’estinzione, martoriati dalle sempre più stringenti norme anti-inquinamento, Lamborghini è uno dei pochi costruttori al mondo che continua a rimanere fedele ad un precisa tradizione motoristica. La Aventador infatti continua a montare il leggendario V12 aspirato di Sant’Agata, un motore da 6.5 litri molto longevo, ma perfezionato nel corso degli anni con l’introduzione dell’iniezione diretta (Lamborghini Iniezione Elettronica – LIE) e fasatura variabile delle valvole a controllo elettronico.
La supercar bolognese riuscirebbe a sconvolgere le emozioni persino del più accanito denigratore del mondo dell’auto
Sulla Aventador è in grado di sprigionare la potenza esplosiva di 700 CV a 8.2015 giri/min (sull'antenata Murciélago erano 650) e una coppia monstre di 690 Nm a 5.500 giri/min. Un motore “vecchia scuola”, almeno per certi aspetti, così come il cambio automatico ISR (Independent Shifting Rods) a sette rapporti. È un robotizzato molto raffinato - pesa solo 79 kg -, con un sistema di cambiata davvero innovativo che prevede movimenti di innesto delle marce parzialmente sovrapposti.
In pratica mentre una delle aste di comando disinnesta la seconda marcia, l'altra asta può già innestare la marcia successiva. Rispetto ad altri robotizzati, per esempio quella della vecchia Gallardo, l'ISR si dimostra molto più rapido, ma comunque non siamo ai livelli di immediatezza dei moderni doppia frizione. L’inimmaginabile forza motrice generata dal dodici cilindri bolognese viene scaricata su tutte e quattro le ruote grazie ad un sistema di trazione integrale con frizione Haldex di IV generazione. Una scelta tecnica che permette di ottimizzare in maniera ottimale la potenza ma anche di rendere più sicura e controllabile la supercar anche in condizioni al limite. L’assetto si affida ad un schema sospensioni sopraffino, derivato direttamente dal mondo delle competizioni. Al posteriore e all'anteriore infatti troviamo ammortizzatori mono-tubo con schema push-rod.
Le nostre impressioni di guida
Ma veniamo al sodo. Con la Aventador, anche un gesto apparentemente banale come aprire uno sportello si trasforma in una autentica emozione. Azionare le portiere ad apertura verticale, vero marchio di fabbrica di ogni Lamborghini che si rispetti, ha una sapore veramente unico. Le emozioni, forti, anzi fortissime, continuano all’interno dell’abitacolo. Un microcosmo incantato, strappato nel cuore della notte alla capsula di pilotaggio di un caccia da combattimento. Per risvegliare la belva che si nasconde alle nostre spalle, apriamo un piccolo scrigno, che protegge il tasto di avviamento, proprio come si farebbe su un jet. Prende vita il sofisticato quadro strumenti interamente digitale (è veramente affolato di informazioni ma dopo poco ci si abitua) e subito dopo si scatena l'inferno.
Un microcosmo incantato, strappato nel cuore della notte alla capsula di pilotaggio di un caccia da combattimento
O quasi, visto che siamo in modalità “Strada” e il V12 cerca di non richiamare troppo – per quanto possibile – l'attenzione dei passanti. La Aventadro sfila, lentamente, tra lo stupore generale, lasciandosi guidare quasi come una normalissima sportiva. Soltanto il cambio, seppur migliorato rispetto alle prime versioni, risulta un po' impacciato quando ci si ritrova immersi nel traffico, ma del resto quest'auto non nasce di certo per stare in coda in tangenziale...
La voglia di sentire di che pasta è fatta però si fa presto sentire e passiamo in Sport e poco dopo, ancora più libidinosi, in modalità Corsa, con la taratura più estrema dei controlli elettronici. Lo scarico si apre completamente e il borbottio del dodici cilindri è finalmente libero di librarsi nell'aria. È una vera e proprio sinfonia, davvero irresistibile, tanto che non vediamo l'ora di rilasciare il gas per lasciarlo cantare. Intanto lo sterzo è diventato molto più consistente e diretto, mentre il cambio, che diventa azionabile soltanto attraverso i grandi paddle dietro al volante, raggiunge la massima rapidità di esecuzione. Affondare il piede sul pedale del gas, a questo punto, diventa pura estasi. Il motore ha un attimo di esitazione, come se dovesse fare un respiro a pieni polmoni, e poi scatena un orchestra di potenza e note sinfoniche difficili da eguagliare. In un attimo si è proiettati in una dimesione extra-sensoriale, mentre il mondo fuori diventa incredibilmente lento.
Una brutalità old school
La Aventador lacianta al massimo è un missile terra-aria (lo 0 a 100, per la cronaca, si fa in 3,0 secondi), con il motore che dopo una fisiologica ma trascurabile “pigrizia” iniziale inzia a spingere con un foga inarrestabile e un'erogazione indomabile, fino a oltre 8.000 giri. Il tutto mentre si alza a più non posso l'ernome ala mobile posteriore e un sound furioso penetra all'interno dell'abitacolo (abbiamo viaggiato senza il tetto, naturalmente) in maniera sfacciata, quasi assordante, ma non si riesce più a farne a meno. Il cambio si è scrollato di dosso la goffaggine che aveva mostrato nel traffico, quando la Aventador assomigliava più ad un Toro in gabbia che ad una supercar, per diventare un cannone, pronto a spararti nella schiena le marce una dopo l'altra.
Il cambio si è scrollato di dosso la goffaggine che aveva mostrato nel traffico per diventare un cannone, pronto a spararti nella schiena le marce una dopo l'altra
Il cambio marcia non è immediato come avverebbe con un moderno doppia frizione, ma ripaga pienamente della sua leggera esitazione con una brutalità a dir poco coinvolgente, anzi esaltante, difficile da ritrovare sulle supercar di oggi. E più si va su con i giri del motore, più diventa rapido, brutale e violento. Sembra quasi che ti inviti ad andare sempre più forte, per dimostrarti di cosa è capace. E questa sensazione è impareggiabile. Il peso c'è e si sente, ma dall'altra parte c'è un motore instancabile e soprattutto dalla potenza inesauribile, che ti spinge a premere sempre di più sul gas. Anche i freni sono fatti della stessa pasta di motore e cambio. Tirano fuori il meglio soltanto spingendo a fondo sul pedale, insomma non bisogna mai essere timidi per sfruttare al massimo questi enormi carbo-ceramici.
Conclusioni
La Aventador Roadster è senza dubbio una delle supercar più sensazionali della nostra epoca. E dobbiamo godercela fino in fondo perché molto probabilmente, causa normative anti-inquinamento, sarà una delle ultime dodici cilindri così pure e autentiche. Il fascino di questa meraviglia tecnologica sta nella sua capacità di fondere, con estrema efficacia, una tecnologia superba (pensiamo alla monoscocca in fibra) ad una purezza motoristica davvero difficile da trovare al giorno d'oggi. Forse non avrà la cambiata più veloce del secolo, un motore così pronto in basso e una reattività istantanea, ma ripaga con sensazioni di guida sublimi, genuine e, per certi aspetti, old school. Non tutti naturalmente potranno mettersela in garage: la Aventador Roadster in Italia costa 365.000 euro. Ma questo fa parte del gioco e della magia di quest'auto...
Pregi
- V12 aspirato: un motore (ormai) quasi unico, da godersi fino alla fine con un'erogazione implacabile ed inesauribile
- Cambio ISR: ripaga di una certa lentezza nella risposta ai comandi con sensazioni di guida spaziali e dal sapore squisitamente “old school”
- Design unico, inconfondibile e subito identificabile
- Non ha di fatto concorrenti dirette
Difetti
- Peso: c'è e si sente
- Qualche turbolenza di troppo in modalità en plein air
- Visibilità: scarsissima dietro e non ottimale davanti a causa dei robusti montanti A
- Con il tetto smontato rimane davvero poco spazio nel vano bagagli
La Lamborghini Aventador LP 700-4 Roadster in azione
Lamborghini
Via Modena, 12
Sant'Agata Bolognese
(BO) - Italia
051 6817611
https://www.lamborghini.com/it-en
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