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Mettiamo a confronto un po’ azzardatamente due vetture sportive per molti divenute oggetti sacri, modelli venduti (quasi) normalmente in concessionaria nel medesimo periodo, fino a inizio anni Novanta, oggi sempre capaci di calamitare molta attenzione già da lontano. Una bella alternativa, allora come oggi, poter scegliere tra le due. Auto sviluppate su base di note berline dei rispettivi costruttori, ma dalla forte impronta corsaiola, con cattiveria al limite della pericolosità, se non se si sappiano gestire a fondo durante certe fasi di guida. Pur se il costo carburante non era un problema, si trattava di auto solo per chi “poteva”. Economicamente, con prezzi listino molto alti rispetto alle sorelle più normali, ma anche perché difficilmente potevano essere prime vetture, salvo voler recitare la parte del brillante automobilista votato alla sportività con qualche sacrificio. Europee, casualmente entrambe con il numero 30 nella propria nomenclatura modello, motore davanti e trazione dietro, due portiere con possibilità di variante aperta, cavalleria superiore ai 200 CV… Ma tecnica motoristica, stile e anche sensazioni sono differenti, per Alfa Romeo SZ e prima BMW M3.
SZ ****. Vistosa, parecchio e volutamente, persino ingombrante al primo impatto nei suoi 4,06 metri di lunghezza per 1,3 di altezza e 1,73 di larghezza. Merito delle forme dategli dalla carrozzeria Zagato, taglienti e muscolose al contempo. Indiscutibilmente personale, al debutto anche troppo secondo molti, fortemente sportiva, sonoramente Alfa e indubbiamente rossa. Solo tale era il colore, proposto al limitato target dei 1036 possessori (tante ne sono state prodotte, dal 1989). Non esistono curve o quasi osservandola da lontano, dove la vista laterale impressiona per lo sbalzo di un “muso” basso a contrasto del resto, tra cui cerchi fino a 18’’ e tetto nero; sagome dal taglio molto netto, nel lungo cofano ma soprattutto nel corto posteriore, che chiude quasi verticale. Nulla a che spartire con le altre Alfa Romeo del periodo, tanto meno con la rivale M3. Con SZ si prende una rarissima coupé dal sapore intenso di quegli anni, che può non essere elegante o gradita a tutti, ma è certo ancor oggi unica.
M3 ***. La tedesca è molto meno fantasiosa, certo oggi interessante per quel che rappresenta ma molto vicina nei tratti base alle berline BMW Serie 3 del tempo, contrariamente all’unicità più rara della rivale tricolore, ricercatamente e un po’ futuristicamente (al tempo) coupé. È più pulita, razionale, semplice, in parte anche datata alla percezione visiva, la tedesca. Le forme base squadrate e i dettagli non la premiano troppo. Simil berlina e anche più alta, di sette centimetri, è esteticamente distanziata per fascino dalla SZ e anche meno ricercata, nei gruppi ottici (frontali a quattro fari contro sei, posteriori a due elementi contro l’ampia barra orizzontale SZ) nell’uniformità di tinta, su tutte le superfici e nei cerchi. Dalla sua, salvo essere amanti del marchio, giusto la maggiore varietà colori in gamma e una serie di correzioni aerodinamiche gradite per uso sportivo (spoiler e minigonne, ad esempio) secondo le versioni seguitesi nei sette anni di carriera.
SZ **. Avete presente le coupé premium da 4 metri di oggi? Scordatevele, qui ci si sta stretti e avvolti, specie se di corporatura sopra la media. Manovrare i comandi, primari o accessori, non ha un granché di simmetrico anche se si fa tutto. Il volante è ampio, al contrario del devio luci. A centro plancia le manopole clima, con qualche interruttore posto anche tra leva cambio e freno di stazionamento. L’italiana è più fantasiosa, ma qui forse non è un vantaggio, esserlo anche internamente. La visibilità non è eccelsa, come anche la lettura dei valori sui tre elementi circolari della strumentazione Veglia. Dulcis in fundo (in senso ironico) alzare il cofano ma anche manovrare le portiere fa capire quanto “peso” abbia la tecnica tricolore del periodo; non un’auto per “signorine” insomma. Il bagagliaio non è troppo pratico e ben sfruttabile nei suoi pur decorosi 350 litri, comunque ben tappezzati di moquette, che sulla Alfa Romeo SZ abbonda, in colore generalmente chiaro e un pochino sporchevole, a lungo termine.
M3 ***. In questo ambito la prima della dinastia M di BMW vince, anche se pensata qualche anno prima della concorrente italiana. La M3 (E30) non vuole essere una coupé singolare per pochi eletti, è quindi più spaziosa in assoluto come le sue sorelle della normale gamma Serie 3: accoglie, scomodamente diremmo oggi ma accoglie, due adulti seduti posteriormente; offre settanta dm3 in più di spazio nel bagagliaio; soprattutto ci si posiziona più facilmente alla guida se capiti di avere brevi tratte di utilizzo, stradale, invece di affaticarsi un po’ (gioventù e fisici minuti a parte) come sulla SZ. È migliore anche la visibilità, sulla BMW. Volante a tre razze e strumentazione molto razionale, con plancia rivolta verso il conducente, ma ci si sente meno avvolti sulla tedesca che è palesemente meno “sacrificata e bassa”.
SZ ****. Non si è blasfemi dicendo che sotto quel singolare vestito poteva essere quasi ordinaria, forse, al tempo, per essere una tipica sportiva Alfa. Gli addetti ai lavori che maneggiavano i materiali del Biscione non ci hanno trovato novità assolute, ma un ottimo insieme di quanto disponibile a fine anni Ottanta più qualche chicca correttiva. Straordinaria però oggi, per tutti; specie chi venuto dopo in contatto con il mondo auto può meravigliarsi di cosa fossero le Alfa Romeo a trazione posteriore, con motore frontale e cambio centrale di quel tempo. 1280 Kg a vuoto per 210 CV, erogati ad alto regime da un sei cilindri a V 2959cc 12v con iniezione Bosch Motronic. Dopo la sua uscita dal listino, non ce ne sono state più di quella scuola, da parte del marchio milanese. Ruote indipendenti all’anteriore e assale rigido, schema De Dion, dietro più la chicca non comune al tempo della variazione altezza per le sospensioni. Frenata affidata a dischi 285 / 250 mm. È certo più iconica sia per gli italiani sia a livello internazionale, anche se chi la vuole minimizzare ne ricorda la sostanziale derivazione dalla Alfa 75, sotto la ricercata carrozzeria Zagato.
M3 ***. Poteva sembrare una IS (versione spinta ma più commerciale ed economica della Serie3, diffusa in Italia) ma era altro, la prima BMW M3. Interpretando diversamente l’opera d’incremento prestazioni della berlina più commerciale, che Alfa ha totalmente ri-carrozzato, stravolgendone la percezione, qui i tecnici che hanno dato i natali a un brand premium si sono spinti a fondo non nella tipologia di modello, o nell’aerodinamica (altro vantaggio Alfa) ma sul resto. Qualche materiale non da ordinaria produzione, massa inferiore e poi il suo quattro cilindri aspirato, portato a 2.3 o nelle ultime versioni 2.5 non invidiava potenza assoluta al sei milanese, anzi, oscillando oltre i 200 CV pur se ben più compatto, anch’esso era dotato di simile ma non medesima gestione motore Bosch, entrambe a loro volta non identiche (come altri dettagli tecnologici) alla rimanenza di gamma dei rispettivi marchi. La prelibatezza Alfa è nell’architettura, ma in quanto a cura anche il quattro cilindri 16v tedesco non era certo ordinario. Entrambi per dirla tutta, pativano certe modifiche artigianali se non troppo professionali, perché già molto tirati. Cinque i rapporti, con la cosiddetta quinta di potenza come Alfa Romeo. Simile anche il passo ruota, a 256 cm contro i 251 Alfa, ma diverso il contenuto per sospensioni, qui McPherson
anteriori e posteriori a bracci oscillanti, come anche freni, con quattro dischi più grandi per BMW.
SZ ***. Difficile dare un voto oggettivo a una vettura concepita quasi trenta anni addietro, senza cancellare i riferimenti odierni, specie se pensiamo che si tratti comunque di alta gamma sportiva. Pelle chiara nella selleria che si accompagna alla tipica moquette dell’epoca, in tinta (che poteva variare sulle versioni aperte). Su SZ non mancavano troppe dotazioni rispetto alla rivale ma il contrasto del mondo Alfa e BMW si sente nelle finiture (come ben sanno i possessori di alcune berline del Biscione quando accumulavano molti anni di carriera). Rispetto alla 75 da cui derivava, la SZ era certo più curata e vanta comunque qualche percezione gradita in più della tedesca, coerente alla sua nicchia volutamente elitaria, gradevole se ben mantenuta.
M3 ***. La tedesca espone superfici plastiche e tessuto che l’italiana copre con moquette in tinta, o pelle, appare forse meno lussuosa per certi dettagli, almeno riferendo il termine a quel tempo, contro una SZ che era sempre all-inclusive. Su M3 E30 però le (simili) dotazioni erano leggermente più moderne, sostituendo alcuni comandi analogici a quelli digitali e celando dietro le strutture qualche sistema parzialmente più avanzato, come nella pulsantiera centrale e nella strumentazione più integrata, rispetto alle molteplici lancette a elemento circolare singolo dell’Alfa Romeo.
SZ ***. Come una vera Alfa del tempo, si potrebbe pensar che vada la mitica SZ, invece non è del tutto così. Guidarla non è come guidare una più popolare berlina Alfa Romeo che in quel periodo, o poco prima, la accompagnava nei listini. La SZ muta quel DNA in qualcosa di più basso, rigido, talvolta faticoso da far girare a certe velocità, se le condizioni del fondo non sono le migliori. L’erogazione del V6 è vigorosa ma non perfettamente lineare, anche ricca di emissioni sonore e vibranti. Il salire dei giri, volendo sino a oltre settemila, è coinvolgente ma non tanto da far scordare l’attenzione per uno sterzo e un cambio che richiedono un minimo impegno, anche se alla fine il comfort è superiore a quanto si possa pensare vedendola esternamente, prima di conoscerla. Non è un mostro come qualcuno la definì, ma certo non auto da tutti anche per questo, oltre che per il costo. 70 litri nel serbatoio le garantiscono autonomia adeguata anche per viaggiare senza troppe soste ma meglio pensarla per goderne usi più sportivi. 1256 kg di massa per velocità massima di circa 245 km/h, con passaggio 0-100 km/h in sette secondi, sono invece i suoi connotati prestazionali che rispetto a M3 E30 non la favoriscono troppo, pensando alla cubatura e all’aerodinamica, ma molto può variare secondo la messa a punto.
M3 ****. Una volta in movimento non è poi tanto meno sportiva della coupé italiana, nonostante le forme, certamente non noiosa. La M3 E30 accoglie alla guida diversamente dalle normali Serie 3 contemporanee e fa sentire l’ispirazione corsaiola dei modelli uso (o potremmo anche dire: derivazione) pista. Poco più leggera e rapida in accelerazione, la tedesca sulla carta poteva essere più prestante della SZ in certi contesti. Il quattro cilindri non ha il sound unico del V6 ma gira parecchio in alto e vigoroso, coinvolgente anch’esso e quasi impressionante, pensando a certi motori generalisti contemporanei alla E30. Dalla sua anche una maggiore manovrabilità per usi tortuosi urbani ed eventuali parcheggi ostici, ma non la facilità del cambio, quando si spinga forte. Considerando il suo secondo step sul motore 2.3, con cavalleria analoga al V6 Alfa, poteva forse pagare qualcosa in velocità massima donando guida più agevole in città o per usi di viaggio, ma non meno impegnativa alla guida in circuito chiuso se si voglia scoprirne il limite.
SZ ***. Un discreto affare, se la si è presa con grande sconto da nuova (non c’erano fragorose campagne promo online come oggi, ma buone percentuali, magari) o meglio ancora usata quando le quotazioni scendevano; perché nel 2017 le poche SZ che circolano sul mercato dell’usato fluttuano agevolmente sopra i cinquantamila euro, con picchi oltre gli ottantamila. Certo, anche oggi veicoli del genere sono contrattabili secondo casi e condizioni, ma il listino prezzi di 25 anni addietro, nel 1991 era di circa lire 95.000.000: ovvero si prende oggi facilmente qualcosa in più dei circa 48 mila euro equivalenti al tempo, da nuova. In mezzo ci sono però non solo i piaceri di possesso, esibizione e guida, ma anche le manutenzioni, poco superiori a una normale Alfa del tempo. Non proibitive queste ultime almeno finché i materiali sono rimasti ben diffusi in madre patria. Pensando a valutarne oggi l’acquisto, attenzione agli esemplari che magari correndo in pista, nel trofeo dedicatole al debutto, hanno subito qualche stress da gara di troppo. Consumi? Dichiarati di 13.2 l/100 km in urbano e 7,7 in extra-urbano; ma certo si può fare peggio, facilmente.
M3 ***. Ai tempi della SZ una M3 E30 in seconda edizione poteva costare circa settanta milioni, variabili secondo la versione più o meno evoluta, ma sempre meno pensando in percentuale rispetto ad Alfa o al valore del gap di prezzo nell’economia del tempo. A oggi però le quotazioni, non paritetiche ovunque ma ottime in Paesi come l’Italia, le danno parziale vantaggio perché difficilmente se l’esemplare è buono si paga tanto meno di una SZ; qualcosa forse, ma non la differenza del 30% circa di allora. Parlassimo di vetture di possibile uso anche quotidiano, il consumo è a favore della tedesca, per quanto potesse valere all’epoca del debutto in questo genere di auto: misto 8.3 L/100km, extra Urbano 5.8, autostrada 7.5, città 11.6. La manutenzione non riserva sorprese, fattibile da autoriparatori generici, ma esperti, con un occhio anche qui a esemplari che abbiano corso in pista, per stress o modifiche capaci di mettere in crisi una meccanica non certo poco raffinata, anche per il quattro cilindri tedesco. Su questo fronte è questione soggettiva, di utilizzo, a fare la differenza su parti di usura o meccaniche, mentre le poche parti elettroniche hanno tecnologia e costi oggi del tutto analoghi (es. i mitici “primi debimetri”).
SZ **. Non è viva nella mente di tutti coloro i quali abbiano vissuto quel periodo, meno ancora nei giovani, causa il suo essere un’edizione limitata che non ha popolato molto le strade. In questo patisce di particolari ricordi condivisi, contrariamente alla rivale. L’Alfa Romeo SZ è comunque nota agli amatori, apprezzata per lo sforzo di Alfa Romeo in quello che in parte fu un canto del cigno, riconosciuta come automobile unica da chi sa cosa abbia sotto il vestito e magari come “strana” Alfa Romeo dai giovani che la abbiano vista solo nei frame di un video. Un’ombra forse che non le rende pienamente merito. È scesa in pista, nel trofeo dedicatole su tracciati condivisi anche alla F1 ed è stata protagonista in alcuni video-games.
M3 ***. Il vantaggio relativo alla notorietà di BMW sta sia nei numeri, con produzione e quindi diffusione ben superiore di oltre quindici volte, ma anche nell’aver usato con successo la M3 (E30) in gara con buoni risultati, contrariamente alla rivale Alfa Romeo che è comparsa in pista per eventi singoli o Trofei dedicati. La variante per uso corsa di M3 ha vinto in serie turismo di ogni livello (WTCC, ETCC, BTCC, DTM e Superturismo italiano, ma non solo) e questo rimane negli annali, come valore sportivo. Qualche comparsa, mai da protagonista, anche nella cinematografia (es. gli appassionati ne scovano una versione cabriolet in Eyes Wide Shut) e soprattutto il ruolo di capostipite di quello che è divenuta una lettera iconica per gli amanti BMW, quella M che distingue le varianti sportive della Casa.
La sommatoria delle valutazioni qui considerate, non porta a una netta superiorità di una delle due ma onestamente, la coupé nazionale, più rara e spesso quotata sul mercato delle classiche, lascia maggiormente interessati e curiosi di guidare persino molti giovani di oggi. In realtà le due auto rimasero in vendita contemporaneamente relativamente poco, con prezzi distanti e volumi ben superiori per la tedesca. La SZ, Sprint Zagato, da progetto ES30 (Experimental Sportscar 3.0 litri) vince oggi per chi apprezzi le italiane, che osano senza guardare come avviene in tempi moderni ai tanti equilibri che debbono supportare la messa in produzione di un nuovo modello di auto. La M3 E30 è più nota e citata come capostipite del suo grande filone, si gestisce più facilmente se il fondo è insidioso e qualche cura meno onerosa forse la necessita. Anche per lei le quotazioni ricompensano più di quanto si sarebbe potuto pensare. Vinceva certo allora M3, secondo vendite e ritorno finanziario o d'immagine generato alla Casa, con una scelta più razionale, non oggi se si pensi che quella di Milano fa ancora restare molti con la bocca aperta, al primo contatto. A questo link, le due schede modello affiancate sullo strumento confronto di Automoto.it.
Alfa Romeo
Corso Giovani Agnelli, 200
10135 Torino
(TO) - Italia
800 253 200
https://www.alfaromeo.it/
Alfa Romeo
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10135 Torino
(TO) - Italia
800 253 200
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