Mazda MX-5

Come sempre rivede in salsa giapponese la ricetta seguita per tanti anni con successo da molti piccoli costruttori inglesi

2 settembre 2005

Narra la leggenda che la MX-5 sia nata per la tenace volontà e la passione di un gruppo di ingegneri giapponesi, desiderosi di ricreare una roadster con una linea seducente, un comportamento stradale divertente e un costo ragionevole. Si trattava, in pratica, di rivedere in salsa giapponese la ricetta seguita per tanti anni con successo da molti piccoli costruttori inglesi, Mg e/ triumph /in testa. Era il 1989 e come in ogni favola che si rispetti i nostri eroi riescono nel loro intento: la MX-5 (o Miata, a seconda della sponda dell’Atlantico in cui vivete) entra in produzione e il successo è clamoroso, al punto da diventare la spider più venduta di tutti i tempi con i suoi 721 mila esemplari prodotti.
Forte di questi numeri,/ mazda /rilancia la sfida con la terza generazione della propria spider: il progetto, sulla carta, era forse il più difficile tra quelli affrontati dai tecnici giapponesi negli ultimi anni, perché si sa che gli appassionati sono sempre difficili da accontentare… Il dubbio è legittimo: l’MX-5 è sempre lei, oppure è diventata qualcosa di diverso, sull’altare delle dotazioni e del comfort?

Stile inconfondibile
In attesa di mettere alla prova la nuova MX-5 in approfondito test drive, osservando le linee inedite della carrozzeria non si può che rispondere affermativamente: è tutta nuova, ma è sempre lei, con le sue dimensioni raccolte (3,995 mm di lunghezza (1,720 mm di larghezza e 1,245 mm di altezza), la linea di cintura basa, il cofano motore e il baule posteriore ben proporzionati.
Rispetto alla generazione precedente, la spider giapponese si è fatta più tondeggiante, ma anche più muscolosa: per rendersene conta basta osservare i passaruota che “scappano” dalla fiancata trasmettendo un’inedita sensazione di potenza, la gobba sul cofano (come a far spazio a chissà quanti cilindri…) oppure la grande “bocca” che domina il frontale. Tra le particolarità stilistiche, comunque, meritano una citazione anche gli inediti gruppi ottici anteriori e la coppia di roll bar posta dietro i poggiatesta.

Dentro è figlia del suo tempo
Come nel design della carrozzeria, anche nell’abitacolo lo spirito è sempre lo stesso, ma in questo caso il salto di qualità è più evidente: la capote è sempre in tela e si aziona ancora manualmente (in questa decisione ha pesato il risparmio in termini di peso e costi), ma l’abitacolo risulta più accogliente e le dotazioni più ricche, tra cui la chiave elettronica al posto della tradizionale chiave e gli airbag laterali integrati nei sedili, che sia affiancano a quelli anteriori.

Due motori, due cambi
Due i propulsori disponibili, un 1.8 da 126 CV a 6.500 giri e 17 kgm di coppia a 4.500 giri e un 2.0 litri da 160 CV a 6.700 giri e 19,1 kgm a 5.000 giri. Grazie al peso ridotto (solo 1.100 kg), la cavalleria disponibile è più che sufficiente per ottenere delle prestazioni brillanti: il 1.8 consente una velocità massima di 196 kmh/ e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 9,4 sec. valori che diventano rispettivamente 210 km/h e 7,9 sec. Il cambio è manuale a cinque marce, ma con il 2.0 litri è disponibile anche una trasmissione a sei rapporti.
Particolare attenzione, naturalmente, è stata posta anche agli altri elementi fondamentali per il comportamento stradale: la distribuzione dei pesi è equilibrata al 50% tra l’anteriore e il posteriore, mentre le sospensioni sono state profondamente riviste per ridurre i fenomeni di rollio e beccheggio, senza per questo penalizzare troppo il comfort.