Citroen WRC. “Mezzo” Andreucci con la C3 R5?

Citroen WRC. “Mezzo” Andreucci con la C3 R5?
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Abbiamo motivo di credere che Paolo Andreucci potrebbe, “in qualche modo” salire sulla neonata Citroen C3 R5. “Inevitabile” che Anna Andreussi lo accompagni. Il perché dell’Operazione, ma non solo, e la compatibilità con i Piani Peugeot
22 giugno 2018

Uri, Sardegna, 20 Giugno 2018. Non sto a dirvi di come ho ricostruito in modo inequivocabile i fatti dell’11 settembre, né vi darò il punto GPS di Atlantide, scoperta in apnea durante una battuta di pesca al dentice, o le vere generalità di Lady Babushka. C’è una cosa, tuttavia, che non riesco a tenere per me. Forse è troppo grossa e ho bisogno di liberarmi di un peso eccessivo. O forse è giusto che sappiate! Ho una certa sensibilità per gli eventi straordinari, diciamo pure un fiuto particolare. Sospettavo da tempo. Bene, ho già visto cose che voi umani neanche riuscite a immaginare, ma ci sono verità tremende che sono uno vero e proprio shock. Quella del Pianeta Rally è riuscita a scuotere anche uno come me.

Ero rimasto colpito dalla stranezza di certi episodi, apparentemente senza senso né spiegazione. Faccio degli esempi. La traslazione spazio temporale della Macchina di Campedelli a Sanremo, ricomposta e perfettamente parcheggiata tre balze più in basso tra gli ulivi. La totale eclissi di Basso, ritrovato in esilio al TER. Quei drift sul tetto, troppo plateali per essere casuali, di Scandola. Episodi in apparenza spiegati e spiegabili, in realtà misteriosi. E ditemi voi se non è sospetta l’ultima, l’irragionevole sparizione di Kris Meeke! Vaporizzato, dissolto nel nulla, e materializzato settimane più tardi sul sellino posteriore della Ducati di Mamola al Montmelo. No. Non ci sto!

A mandare veramente in ebollizione il mio lato più inquieto, nondimeno, era stato Andreucci quando, all’indomani del decimo Titolo conquistato con Peugeot Italia, sembrava aver “staccato la spina”. Sbalzi tra il serio e lo svanito, determinato e indeciso, lucido e disconnesso. Un giorno continuo a correre, un altro faccio l’ambasciatore di Peugeot, salti di indecisione troppo forti per uno normale, o un caso di perfetto sdoppiamento della personalità. Lo incontro in Sardegna, Mondiale Italia Sardegna, di sfuggita all’inizio della settimana del Rally. Baci e abbracci, ci vediamo per cena, dice, ma sparisce per due giorni e ricompare solo venerdì sera per giro di Ichnusa e porceddi con i fortissimi Piloti sardi. Un tweet. “Nuvole di polvere sul Monte Lerno giovedì all’alba”. Strano, lo shakedown è a Olmedo.

Giovedì pomeriggio, visita a un micro birrificio artigianale nella piana di Uri, tra Sassari e Alghero. Appoggio un gomito su un punto del muro. Tra gli alambicchi e i tini pressurizzati, si apre una porta che non si notava, prima. Mi ritrovo in una stanza stonata. È un laboratorio. Monitor, cablaggi, sensori, parti elettroniche. Curioso come una scimmia procedo nell’esplorazione della caverna di Batman, finché il sangue non mi va in cubetti. Da una parte, su una poltrona che somiglia al patibolo del dentista, una figura dalle sembianze note, buttata lì come un cappotto, inanimata. Il rilassamento eccessivo della postura, della muscolatura facciale, fa pensare a un cadavere, ma non c’è segno di abbandono, anzi il colorito è vivo, leggermente abbronzato. Faccio fatica a riconoscere Paolo Andreucci, la testa completamente rasata, una parrucca da una parte e una slot al centro del cranio, come una lampo aperta, un connettore relativamente grande che spunta al termine di uno strano cablaggio.

Un incubo, effetto della forte Bock sarda, penso. Giro intorno. Banconi da lavoro. Di legno grezzo, via di mezzo tra i genuini dei falegnami di una volta e i fasulli dei genius bar di oggi, ma coperti di strumenti, strane pinze, micro utensili, stazioni di saldatura e di pronto soccorso insieme, oscilloscopi e separatori cellulari. È solo somiglianza con strumenti a cui non so dare un’origine e tanto meno un senso. Al centro di una piccola piattaforma-vasca, quello che sembra un cervello. Anzi un cervello diviso in due. Dr. Frankenstein aiutami tu. Sono devastato dal raccapriccio.

I due semi gusci di cervello sono di plastica traslucida, come fossero dei contenitori a cui è stata data quella forma. Dentro… come spiegarlo? Fate conto il faro di una vecchia motocicletta, zeppo di elettronica. Chip, circuiti, cablaggi, piastre e transistor, relais, fusibili. Tutto di dimensioni impercettibili. Microelettronica in un’incredibile densità di componenti irriconoscibili. Sul bordo del circuito stampato, che è avvolto a spirale, o a guscio di chiocciola o come un antico condensatore, accanto al simbolo dell’alto voltaggio un marchio, la Marca: FTplV.

Più sotto una sigla, troppo piccola per la mia presbiopia. Il fatto più strano è che solo uno dei semi gusci è occupato dall’elettronica, l’altro è completamente vuoto. Provo, le due parti aderiscono l’una contro l’altra e, una volta scattati i grani di ritenzione, formano un tutt’uno che mi ricorda un uovo di pasqua o il contenitore delle sorprese Kinder, mia geniale invenzione ceduta alla famiglia Ferrero in segno di amicizia.

Allibito e in imbarazzo, infinitamente triste, ma da una parte affascinato. Ormai ho capito. Bella storia, sì. Solo che non è carne ed emozioni ma calcoli e scariche elettriche. La “materia” è solo il supporto, niente di organico, tuttavia. Solo fuorviante, triviale sembianza.

Ma, allora, Anna?

Su un ripiano sotto il bancone, una pila di manuali. Le copertine sono tutte simili. In testa il logo, sotto la sigla, infine il significato dell’acronimo, FRANCE TECNOLOGIES pour la VITESSE. Maledetti francesi, doppi, tripli cavron! Al centro della copertina il titolo. Ne bambino qualcuno tra le mani. Per tutti Module ANDR- dopo il trattino alcuni portano la sigla USA, altri EU. Riconosco la sigla che non riuscivo a leggere sul circuito stampato e che mi fa rabbrividire. Il titolo del manuale che tengo in mano è: Module Andr-EU-C.C.I. User Guide…

Rumore di passi, come nei thriller sto per farmela prontamente addosso. Recupero il sangue freddo e mi tuffo dietro a una pila di vecchi server sbattendo la testa contro un Mac. Che ci fa un Mac in mezzo a tanti PC? È la stessa domanda che si è fatta Bill. Quando ha avuto la risposta, che del resto gli avevo anticipato in occasione di un nostro breve incontro, era ormai troppo tardi!

Arrivano in due. Di sicuro francesi, li riconosco dalla merenda. Si ingozzano di Babybel, quei formaggini a cui D’Ascanio si è ispirato per fare la prima Vespa. Parlano francese, in effetti. Uno, piccolo e scheletrico alla Dead Note, indossa una maglietta rossa Abu Dhabi WRT, l’altro, alto magro e dinoccolato, alla Super Pippo, una vecchia T-shirt Peugeot DKR, indelebile, glorioso color sabbia e terra. Più o meno la stessa età, e dalla sconfinata disinvoltura con cui tratteranno materie supernaturali deduco che sono ingegneri.

L’Alto attacca: “Vediamo di sbrigarci. Devo istruirti in modo che tu possa procedere da solo in tempi brevi. Io passo ad altro progetto. Non ti sto a dire dove e come tutto è cominciato, ma facciamo pure un passetto indietro. Da tempo i piloti di Rally umani sono stati sostituiti da macchine artificiali. Nella fantascienza li chiamano Androidi. Noi pure, bel nome. Blade Runner, ricordi, no? Non ci credevi, eh? Ti ricordo che eri anche tu uno di quei tifosi, appassionati e ingenui, che li definiva “disumani”! Beh, c’eravate andati vicino. E lontanissimo allo stesso tempo. In questo laboratorio sono nate “macchine” perfette. E anche qualcuna di cui siamo tutt’altro che orgogliosi. Siamo una Factory, studiamo, progettiamo, sviluppiamo e assistiamo. Le “Macchine”, noi le vendiamo. Devono essere perfette. Citroen è stato il nostro primo e principale cliente, uno per tutti il “sovrumano” che vince il Mondiale nove volte di fila! Con il Gruppo francese abbiamo sempre avuto un buon rapporto. Un giorno ci ha ordinato un’evoluzione del Pilota toscano che vedi lì. Andreucci era già un vincente, forse il più grande talento “naturale” della storia, ma c’era la necessità di fissare e far durare più a lungo possibile le sue qualità. Peugeot Italia ci aveva investito molto. Così, partendo da una base già buona, abbiamo fatto il salto di qualità. Andr-EU-C.C.I. non è un Androide in senso stretto, è il nostro primo “ibrido”. La rivoluzione. Metà “vero”, metà artificiale. Il trucco, apparentemente semplice, consiste nel sostituire la “centralina organica” con la nostra TAI, Totally Artificial Intelligence. La grande difficoltà è connettere i due “mezzi”. Il grande, enorme vantaggio della “Macchina” così concepita è il potenziale di autoapprendimento, praticamente infinito. Lo svantaggio è che, se inseriamo la nostra centralina in un pilota un po’ troppo eccentrico, di inesauribile c’è solo l’artificiale, ma reale, istinto di autodistruzione. Vedi Meeke. Rapporto vittorie/macchine distrutte troppo svantaggioso. È lo stesso problema incontrato dal Dr. Frankenstein, o dell’incontrollabilità del “Prodotto”. Ecco perché a volte siamo costretti a ritirarne qualcuno dal mercato, montando delle ridicole messe in scena, il caso tipico è il licenziamento in tronco, che non stanno in piedi. È il prezzo del progresso. Il nostro progresso”.

Al Basso, che pure è un esperto, tremano le mani. Evidentemente la rivelazione del Modulo Andr-EU-C.C.I. è uno shock anche per un addetto ai lavori. “E perché abbiamo qui Andreucci, allora?”

L’Alto si spazientisce, ma non lo da a vedere. Me ne accorgo perché vedo le sue mani incrociate dietro le spalle in un gesto di stizza, pugno chiuso e dito medio steso. Mi muovo per adattarmi meglio nel mio nascondiglio e, malauguratamente, premo un pulsante, il Mac lancia il suo grido di accensione, il famoso startup chime. Cubetti nelle vene… ho convinto Tim a eliminarlo, ma solo nei modelli post 2016.

“Lascia stare, deve essere il Mac nella catasta di vecchi PC. Si accende e si riaccende, si aggiorna, si ottimizza, tutto da solo. Auto apprende, siamo partiti da lì. Torniamo a noi. Andreucci. Ti pregherei di chiamarlo d’ora in poi con la sua sigla. È il nostro prodotto di punta, orgoglio della Ditta. Andr-EU-C.C.I. torna qui, in laboratorio, a intervalli regolari, per l’assistenza. Controlliamo per lo più i cablaggi e le connessioni, raramente un transistor, sostituiamo la batteria. Routine. C’è una cosa importantissima, tuttavia, che facciamo ogni volta. Il download dei dati della memoria. È la chiave di volta del nostro lavoro, ormai. Invece di sviluppare il software per le Macchine completamente artificiali che produciamo, sfruttiamo l’autoapprendimento della “Macchina” Andr-EU-C.C.I. Dopo dobbiamo solo ripulire i file dagli aspetti troppo personalizzati e “personali”, per esempio certe forme grammaticali o del dialetto, l’insofferenza per le istituzioni, e il software così com’è è il migliore e più evoluto, pronto per essere trasferito in una Macchina vincente. Artificiale, vincente, economica. Il costo di un Androide è circa la decima parte di un ibrido Androide-Umano, ed è di gran lunga più gestibile di un finlandese. Nel caso specifico la botta di fortuna è stata affiancare al Pilota la Navigatrice. Anna Andreussi, o per essere più precisi il Modulo Andr-EU-S.S.I.

Con il modello S.S.I., chip praticamente identico al C.C.I., si era voluto fare un passo avanti limitato, e cioè dare all’impianto anche quella valenza estetica che nel vecchio C.C.I. era stata totalmente trascurata. Marketing. Ma migliorammo anche il software, e con il chip S.S.I, Sensible Soul Intelligence, si volle indirizzare l’auto apprendimento verso una maggiore sensibilità, altro aspetto inesistente nella realizzazione del chip Cynical Champion Instinct, che doveva solo implementare selettivamente le primordiali attitudini della belva, magari un po’ rozza ma spietata. Quello che non avevamo previsto è che i due chip interagissero autonomamente, sviluppando una unità inscindibile che è oggi la matrice di tutti quei successi a catena. Risultati evidenti, formidabili, il passo avanti, epocale e non previsto che sposta di un quanto più avanti il mondo dei Rally. Anche il passo avanti che ci rende unici, per questo richiestissimi e per questo depositari di una grande responsabilità: la continuità.”

Il Basso è in estasi: “Sto per ereditare la direzione operativa di un sogno clandestino. Cosa dobbiamo fare adesso? Cosa migliorare?”

“Il problema è in un vecchio equilibrio: qualità e tempi di consegna. Ci avevano chiesto di aggiornare il software di Meeke con il nuovo C.C.I. ibridato S.S.I., ma siamo arrivati tardi, hai visto che putiferio! Ci hanno chiesto anche un aggiornamento per Lefebvre, niente da fare, non ce l’abbiamo fatta prima del Sardegna. Disastro. Adesso abbiamo le ore contate, come tutte le sussidiarie. Appena in tempo per l’aggiornamento Ostberg a una versione Beta, ma ufficiale. Ora Citroen ci chiede di realizzare un Equipaggio Artificiale, da far debuttare con la C3 R5 in Italia, per andare sul sicuro. È una novità assoluta, tutto il meglio di Ucci e Ussi, ormai lo chiamiamo così anche noi, in una perfetta, doppia Macchina. È una corsa contro il tempo. Il test con i prototipi definitivi ha funzionato. Abbiamo provato con la C3 R5 sul Monte Lerno. Dobbiamo solo caricare la versione definitiva del software nei moduli e “impacchettare”. Ogni modulo occupa lo spazio di mezzo cervello. Si dice che i Piloti ne hanno solo mezzo, per cui nell’ovetto Kinder ce ne stanno due. Da una parte il modulo UCCI, dall’altra il Modulo USSI, tra le due l’interfaccia I.I.I. Intellect-Instinct Interface. Ci resta solo da filtrare l’applicativo UcciCoDrive, il formidabile navigatore/racing derivato dall’interazione dei due chip con la centralina della Macchina. Fa parte, ormai, del sistema invincibile e potrebbe rimanere lì, ma abbiamo paura di dare vita alla Vettura che corre, e vince, da sola, quel cavolo di Guida Autonoma che sarebbe la fine del nostro Prodotto di punta!”

Il Basso è sconvolto: “Ho capito, matrice Ucci-Ussi con Peugeot e derivata Ucci-Ussi con Citroen quanto prima. Ma ce la facciamo a rimontare tutto in tempo per il San Marino?”

Voi non ci crederete… ma io sono ancora scosso.

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