Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Mentre sulle strade di Parigi impazza la protesta degli studenti che passerà alla storia come il “Maggio francese”, c'è un capitano d'industria di nobili origini che ha in testa ben altro: si chiama Roland Paulze d'Ivoy de La Poype, è stato uno dei migliori piloti di guerra dell'aviazione durante la Seconda Guerra Mondiale e, terminata la carriera militare, ha fatto fortuna nel promettente settore delle materie plastiche, che negli anni '60 ha già rivoluzionato l'industria.
Roland de La Poype è anche un amante del mare, tanto che fonda il parco Marineland ad Antibes, sulla Costa Azzurra, dove dagli anni '50 iniziano a circolare sulle “promenade” che corrono lungo le spiagge del Sud della Francia le cosiddette “spiaggine”, vetturette utilitarie trasformate da abili carrozzieri in automobili per il tempo libero, spesso prive di portiere e con il tetto formato da un tendalino alla maniera delle imbarcazioni da diporto.
Ma il conte de La Poype è anche un magnate della plastica che in quegli anni ha scoperto le potenzialità enormi dell'ABS, un polimero termoplastico che ha una facilità di lavorazione, una resistenza a urti e corrosione e una modellabilità impensabili poco prima. E' titolare della SEAB, a cui vorrebbe far produrre una “spiaggina”, ma ha bisogno di un partner.
Lo trova in Citroen, di cui è già fornitore, che ha bella e pronta la base meccanica più adatta che ci possa essere: quella della Dyane, che viene lanciata proprio nel 1968, che poi altro non sarebbe che una versione leggermente rivisitata di telaio e motore della 2CV nata venti anni prima proprio come vettura dedicata all'impiego rurale. Inizialmente pensa anche alla Renault 4, ma l'utilitaria della Régie ha un raffreddamento a liquido che complica le cose. La scelta cade dunque sulla collaudata meccanica della 2CV.
Il primo prototipo nasce su un telaio messo a nudo di una 2CV furgonetta: i pannelli in plastica della carrozzeria sono ancora lisci, ma ben presto assumono le tipiche nervature che permettono di irrigidire la struttura semplicemente rivettata e imbullonata al telaio.
L'impiego dell'ABS regala molti vantaggi: esposta al sole e alla salsedine, una vernice tradizionale si sarebbe sbiadita e scrostata. Non in questo caso, perché la colorazione è ottenuta attraverso dei pigmenti affogati nella massa del materiale. L'ABS, impiegato anche per gli interni, ha inoltre ottime proprietà antiurto ed un'ottima lavabilità, quindi basta una sciacquata per far tornare una Méhari come nuova dopo una giornata di divertimento o di lavoro.
Inoltre il peso è inferiore a qualsiasi altro materiale adatto allo scopo, tanto che sull'ago della bilancia la Citroen Méhari fa segnare appena 525 kg. Il che vuol dire prestazioni dignitose, visto che il motore bicilindrico da 600 cc ha appena 29 CV (velocità massima di appena 95 km/h con la capote montata, 110 km/h in configurazione scoperta) e consumi contenutissimi, circa 16 km/l.
Non a caso la Méhari prende il nome dalla razza di un cammello allevato dai Touareg, noto per la sua resistenza e adattabilità. La vettura viene approvata dai piani alti di Citroen nel 1967, presentata alla stampa nel 1968 sul campo da golf di Deauville e riscuote applausi in ottobre quando viene presentata al pubblico al Salone di Parigi.
La Méhari diventa subito una delle vetture simbolo dell'anticonformismo di fine anni '60: costa poco, ma è anche spensierata e “pop”. Fa subito breccia, con 12.624 esemplari prodotti nel 1969 sui circa 145.000 che totalizzerà a fine carriera, nel 1987.
La piccola Citroen nata quasi per gioco viene via via aggiornata: poco a poco arrivano le portiere in alternativa alla catenelle che chiudono l'abitacolo, arriva la configurazione a due sedili con panchetta posteriore ribaltabile (la portata è di ben 400 kg), si affinano lo stile con gruppi ottici e qualche altro dettaglio che variano leggermente a seconda dell'anno di produzione.
La Méhari rimane però sostanzialmente fedele ad un progetto nato già riuscito: 11.500 esemplari sono anche commissionati dall'Esercito e della Polizia francese e, per dimostrare che anche una frivola “spiaggina” può fare sul serio, viene impiegata in lunghi e faticosissimi rally-raid, come la Raid Liegi-Dakar-Liegi del 1969, la Parigi-Kabul-Parigi nel 1970 e la Parigi–Persepoli Parigi del 1971.
Nel 1980 è anche la vettura impiegata dallo staff medico al seguito della massacrante Parigi-Dakar nella versione 4x4 che sarà prodotta in appena 1.213 esemplari, riconoscibili per la ruota di scorta montata sul cofano come le Jeep e le griglie a protezione dei gruppi ottici. La Méhari 4x4 viene dotata di marce ridotte e differenziale bloccabile e può superare pendenze fino al 60%.
La Citroen Méhari è stata un'auto fuori dagli schemi come poche, tanto che solo in due occasioni la Casa del Double Chevron ha pensato a una serie speciale di quelle che si realizzano di tanto in tanto per ricatturare l'attenzione: si tratta della Méhari Azur del 1983 commercializzata anche in Italia, distinta da carrozzeria bianca e blu con rivestimenti in tessuto in spugna a righe e della coeva Méhari Plage destinata solo al mercato spagnolo, caratterizzata da una livrea in giallo integrale.
Nonostante non sia più prodotta da oltre venti anni, l'eredità della Méhari è ancora viva: da poco Citroen ha lanciato le E-Méhari, l'erede a propulsione elettrica dell'“auto di plastica” nata nel 1968. I tempi cambiano, la Méhari resta.
Citroen
Via Gattamelata, 41
Milano
(MI) - Italia
800 80 40 80
https://www.citroen.it/
Citroen
Via Gattamelata, 41
Milano
(MI) - Italia
800 80 40 80
https://www.citroen.it/