Targa Florio 100. Un Mito A Prova di Bomba. Non facciamolo esplodere!

Targa Florio 100. Un Mito A Prova di Bomba. Non facciamolo esplodere!
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Tre anni fa ACI Sport, rilevata la gestione del Targa Florio, annuncia una centesima edizione memorabile. Lo è stata, ma per dare una nuova dimensione al futuro della Corsa più Antica del Mondo bisogna capire la Sicilia e i Siciliani, che ne sono l’anima, e pensarla anche per loro
13 maggio 2016

Il decimo successo di Paolo Andreucci, che con la Peugeot 208 T16 è passato come un tornado sulla centesima Targa Florio, non è certo un’apparizione, un “cameo”. È una soltanto delle mille dimostrazioni di attaccamento a una manifestazione che è speciale. Parliamo del Rally, che è oggi l’unico trait d’union possibile tra i miti del passato e la praticabilità di un futuro non meno affascinante. Per capire cos’è, o meglio cos’è stata la Targa Forio nell’anima della Sicilia, basta andare controcorrente per qualche ora, e scorrere in beata e contemplativa solitudine le strade della seconda tappa mentre Equipaggi e Macchine sono impegnati nella prima. Si ha ben presto la sensazione di poter andare anche contro il tempo. Passando per le strade del mito, l’asfalto, i “cordoli” dei marciapiedi, le incipriate tribune di Cerda, i pavé di Collesano o gli “scalini” delle strade verso Scillato sembrano restituire emozioni sensazionali vissute in epoche diverse sulle leggendarie strade del circuito delle Madonie.

Tra le tante, un’emozione meravigliosa: attraversando quei paesi s’incontrano, dissimulati in mezzo alla folla oceanica che segue l’evento di oggi, anche i tifosi di ieri, e dell’altro ieri, seduti sulle seggiole di plastica invece che sulle panchine o sui muretti, meno coraggiosi ma al riparo, e comunque in identico atteggiamento di attesa, ora di gran lunga più paziente, del passaggio dei “bolidi” del Targa

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Tra le tante, un’emozione meravigliosa: attraversando quei paesi s’incontrano, dissimulati in mezzo alla folla oceanica che segue l’evento di oggi, anche i tifosi di ieri, e dell’altro ieri, seduti sulle seggiole di plastica invece che sulle panchine o sui muretti, meno coraggiosi ma al riparo, e comunque in identico atteggiamento di attesa, ora di gran lunga più paziente, del passaggio dei “bolidi” del Targa. Ancora più straordinaria è l’“in-tolleranza zero” che regna, l’inverso esatto di quell’attitudine negativa, dilagante altrove, di chi non sopporta né rombi né stridori di freni e di gomme, di chi ha già da tempo condannato il motorsport e neanche ricorda più perché. Qui è un altro mondo, che meriterebbe la rinascita, ma una rinascita vera, ragionata, ispirata e responsabile, di quel mito che vive da cento dieci anni e cento edizioni. E che appare a prova di bomba.

Il Targa di oggi, progetto un po’ ingordo e ambizioso ma non altrettanto organizzato, alterna lo “charme” dei gesti sportive ed evocativo, cioè delle Auto impegnate nel Rally e nella Regolarità, a stridenti impasse organizzativi, per lo più, perso il controllo del dettaglio, disseminando sul percorso cumuli di ritardi e colpi di cesoie sulle Speciali. E pensare che una “tappa” di oggi è il dieci per cento della “Gara” di ieri. A volte si ha la sensazione che si sia curata molto la copertina del libro, ma non altrettanto i contenuti del romanzo. Proprio come il pieghevole dell’evento, il minimo indispensabile, o il “Media Book”, minimo indispensabile e massimo degli sponsor. Neanche l’ombra, in entrambi i casi, dell’albo d’oro, che da solo avrebbe fatto di pieghevole e book qualcosa da incorniciare in migliaia di case. D’accordo, oggi tutto è più difficile, viene in maniera diversa, e bisogna riconoscere che, oltre ai tempi che sono cambiati, oggi sono spesso in troppi a volere e poter mettere bocca per dire la loro, non necessariamente con la competenza necessaria. Al Targa-Rally, i siciliani si dannano l’anima, sono a centinaia disseminati lungo le strade, e si può immaginare quale moltitudine sia “implicata” nell’intero evento. Ma l’orchestra è diretta da Roma, dove sembrano essere diversamente interessati a quello che la gente, qui, si aspetta. Ma cento sia, con l’augurio che diventi duecento, trecento, e così via. Quale altra Corsa meriterebbe simile longevità? Nessuna, ed è per questo che esiste il mito!

Mentre il “Classic” brinda sulle tavole apparecchiate delle tribune di Cerda, il Targa Florio Rally che si rimbocca le maniche e vive il numero 100 è un affascinante corpo a corpo tra gara e pubblico

Mentre il “Classic” brinda sulle tavole apparecchiate delle tribune di Cerda, il Targa Florio Rally che si rimbocca le maniche e vive il numero 100 è un affascinante corpo a corpo tra gara e pubblico. Entrambi vogliono vincere, come gli Assi della Competizione più antica del Mondo, ma nessuno dei due vuole o può cedere, anche solo di un millimetro. Oggi questo significa andare facilmente in crisi con la sicurezza, colonna vertebrale della sopravvivenza delle Corse. Succede in tutto il Mondo, e si deve fare i conti con il diverso “carattere” dello spettatore. È un problema del WRC, della Dakar, naturalmente dei Rally italiani e, a maggior ragione vista la caratura e unicità dell’Evento, della Targa Florio.

Il problema è tanto più grave quanto più sono “latini”, caldi, viscerali e spontanei gli appassionati. In Svezia o in un altro Pese del Nord, tu scrivi che bisogna stare dietro alla “fettuccia”, lontana a piacimento, e migliaia di spettatori si collocano oltre, senza neanche toccarla, e non si sognano di “fare i furbi” e di passare da un’altra parte. Non c’è bisogno di polizia, il messaggio arriva chiaro, forte, risolutivo. In Argentina, al WRC, là dove non arriva lo spettatore arriva il suo braccio e la protesi telefonica pronta a scattare sul parabrezza della Macchina che sopraggiunge. E la mania dei selfie porterà qualche scriteriato, prima o poi, spudoratamente in mezzo alla strada. Non c’è verso di tenere lontano il Pubblico. In Svezia lo spettatore va dal marshall per chiedere da che parte stare, “altrove” se il marshal si presenta al pubblico, questi gli chiede che cavolo vuole. Alla Dakar sono stati costretti a creare delle aree-spettatori che sono difese come fortezze dalla forza pubblica.

E in Sicilia? Qui il Pubblico è piuttosto disciplinato, le forze dell’ordine e i volontari sono generosi, ma gli spettatori sono tanti, tantissimi, e vanno inesorabilmente ad occupare spazi angusti e non organizzati. Ovunque trovi gente vestita ad alta visibilità che ti dice che non puoi passare, ma nessuno sa dirti dove puoi o devi andare per assistere alla gara del secolo, il cui accesso magari è dietro l’angolo. Le strade sono strette, strettissime, spesso in cattive condizioni, è un via vai caotico di macchine e vespette, e in ogni momento dall’altra parte può arrivare la corriera di linea. Ed è il caos. L’altro problema delle strade strette è che con 272 concorrenti, se uno si gira in mezzo alla strada il ritardo arriva quasi come un danno minore, in ogni caso inevitabile. Poi magari aggiungi il meteo, più incerto rispetto agli anni scorsi, e il Targa diventa, dal punto di vista organizzativo, un vero e proprio rebus.

Dall’altra parte del Targa, oltre “a Cursa”, il sole benedice la parte “Classic” dell’Evento, e tutto funziona con elegante precisione. Senza affanni, senza sbavature. Viene da pensare che il Rally, che da vent’anni ha tenuto “botta” e ha consentito alla Targa Florio di arrivare a cento, sia oggi, in questa occasione speciale, considerato come una Cenerentola.

Poi ti alzi di notte per andare a veder passare il Rally davanti alle tribune di Cerda. Cammini nel buio e a un certo punto ti sembra di sognare. Eccoti lì, in pieno pit stop nel mezzo della statale, in una sovrapposizione onirica che ti trasporta lontano nel mito della Targa Florio. Passano le vetture. È di nuovo “a Cursa”. Chissà se gli equipaggi a bordo immaginano di essere ai comandi della macchina del tempo. Niente paura, se sognano poco più avanti si sveglieranno, perché la Prova Speciale successiva, la Campofelice di Roccella è stata annullata per problemi di allestimento. Qualcun altro dormiva e sognava davvero!

Eccoti lì, in pieno pit stop nel mezzo della statale, in una sovrapposizione onirica che ti trasporta lontano nel mito della Targa Florio. Passano le vetture. È di nuovo “a Cursa”. Chissà se gli equipaggi a bordo immaginano di essere ai comandi della macchina del tempo

Però, però. Cerda risveglia in pieno il mito della Targa Florio, e il podio di Cefalù, in piazza del Duomo, gremito, caotico, straripante di gente e di entusiasmo, lo infiamma. Son i due fuochi che ci fanno riflettere su molte cose. Sul difficile funzionamento delle macchine organizzative, per esempio, ma anche sulle enormi potenzialità che non si devono trascurare. Tra Cerda e Cefalù, ma anche a Sud fino ai vertici di Collesano e Gratteri, sono convinto che si possa imbastire il futuro della Targa Florio ancorandolo più concretamente al suo passato. Chi mai potrebbe opporsi a un progetto di riapertura, serio e articolato in ogni dettaglio, del Circuito delle Madonie, corto, medio o lungo per un giorno? E tra le cose serie ci metterei anche l’imperativo di separare gli eventi in modo che il mondo degli appassionati possa seguirli tutti. Pensa te la grande bellezza, e l’occasione impareggiabile per l’Evento, di assistere al passaggio delle Auto e dei Personaggi della storia, e subito dopo veder sfrecciare Paolo Andreucci e la sua Peugeot 208 T16 proprio lì, su quegli asfalti intrisi di un’epopea rinnovata, leggenda sopra leggenda. Certo, bisognerebbe organizzarsi “a modino”.

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