Rally, CIR 2014. Vita di P… 208T16

Rally, CIR 2014. Vita di P… 208T16
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“Sembra” una 208, ma la nuova Peugeot R5 è una autentica macchina da corsa, una realtà aumentata con già una storia alle spalle. Bruno Famin, Laurent Guyot e Michele Fabbri ai nostri… microfoni | <i>P. Batini</i>
12 marzo 2014

Visita molto istruttiva, quella a Peugeot Sport a Parigi. Vedere nascere la vettura che apre una serie sportiva offre una visione completa dell’impegno progettuale che la precede, dell’investimento tecnologico e dell’attenzione con cui è realizzato il “prodotto” che ne sintetizza l’intero processo.

Siamo accolti da Cecile Estenave, figlia d’arte e Responsabile della Comunicazione e del Marketing di Peugeot Sport. È la sola donna tra 130 uomini, un insolito filo conduttore, ammirata e rispettata, seguita. Anche il “capo”, Bruno Famin, il Direttore di Peugeot Sport, si adegua alle sue procedure quando si tratta di seguire una visita che è gioco forza sintetica ma che ha il compito di fotografare l’intero potenziale operativo della “base” Peugeot.

A proposito, blocchiamo subito il Signor Famin e lo interroghiamo sull’argomento caldo del momento, Peugeot che torna alla Dakar. All’ingresso della “fortezza” ho intravisto un pacchetto proveniente da un fornitore di attrezzature per i Rally e sono ripartito all’attacco. Famin se la cava meglio del collega Laurent Guyot, che abbiamo “interrogato” a Milano, e la sua “bugia” di rito è più interessante.

Signor Famin: Peugeot e Dakar
«Peugeot e Dakar? È una lunga storia, abbiamo vinto quattro volte la Dakar tra il 1987 e il 1990. Logicamente riflettiamo sui programmi futuri, e tra le eventualità possibili c’è la Dakar, non ce lo nascondiamo. Adesso aspettiamo la decisione del Top Management prima di poter… comunicare».

Peugeot Sport 208T16 0066a
In una vettura da Rally della macchina di serie non resta praticamente nulla

 

Comunicare?
«Sì, perché prima di dire, OK, ci ingaggiamo alla Dakar, bisogna avere l’autorizzazione del “Big Boss” per dire, OK, ci andiamo. Non è l’autorizzazione di “comunicare”, è l’autorizzazione di fare il progetto, e dopo lo comunicheremo».

È andata male anche stavolta. Sembrava partito bene… Laurent Guyot, il Direttore Commerciale che conosciamo già, passa e ridacchia. Gli chiediamo un’informazione preliminare importante, quanto costa l’”oggetto” della nostra visita, la Peugeot 208 T16 che sta per mettersi in moto per la prima volta? No, non quella davanti a noi, che sappiamo essere quella di Peugeot Sport Italia e di Paolo Andreucci, “una” 208 T16 R5, in generale.

Laurent Guyot. Il prezzo è imposto dal nuovo regolamento FIA R5, ed è fissato in 180.000 Euro. “Su strada”, anzi “pronto gara in assetto per asfalto”. Il prezzo finale sale però a oltre 200.000, poiché al prezzo “base” devono essere aggiunti alcuni “accessori”, e le personalizzazioni, tipo la verniciatura, i sedili che nella versione standard sono veramente poveri, i documenti vari per l’immatricolazione, i componenti per i diversi assetti. Caruccia, o no?

«La “vecchia” Super 2000 costava molto di più, indicativamente il 50% in più, e il nuovo regolamento va nella direzione di una riduzione dei costi anche per quanto riguarda la manutenzione e il costo chilometrico in gara. L’affidabilità e una maggiore longevità sono garantite. Io ritengo che si sia fatto un grosso passo in avanti, realizzando una tipologia di autovetture molto interessante».


Non sono briciole, ma parliamo di altri livelli di budget e di altri parametri, a prima vista difficili da capire. A prima vista “sembra” una macchina quasi normale. Poi si inizia a capire. C’è un angolo dell’atelier dove arrivano gli chassis, rigorosamente prelevati dalla serie. Poco più avanti il reparto dove i telai vengono ultimati. La lattoneria. Una volta tutte le carrozzerie avevano i loro lattonieri, capaci di riprodurre un pezzo di carrozzeria con le mani e un martellino. Ora vien quasi da andare a vedere sul vocabolario. Cominci a capire qualcosa di più. La “carcassa” è completamente traforata e attraversata dai tubi del rollbar, in parte saldati e in parte fissati per mezzo di bulloneria allo chassis. È un lavoro di fino, che trasforma un pezzo stampato in un’opera d’arte. Un’opera rigidissima e iper sicura. Necessaria. Guyot è sempre lì in giro.Un bel lavoro, no? Ci vogliono quasi trecento ore per preparare e completare un telaio per la 208 T16.

Sì, capisco. E tutte la parti in composito, parafanghi, appendici, protezioni, cruscotti, anche queste parti sono realizzate internamente nell’atelier di Peugeot Sport, come dite voi dalla A alla Zeta?
«Qui a Peugeot Sport siamo in grado di realizzare tutto, il 100% della vettura. La nostra è per lo più un’opera di prototipaggio, di sviluppo e di controllo. Una volta che il prototipo è funzionale e definitivo, il pezzo lo facciamo fare a dei fornitori specializzati. Poi torna da noi per i controlli di qualità».

«Ha funzionato così anche per la 208 Pikes Peak, 875 cavalli per 875 chilogrammi, la Peugeot con cui Sebastien Loeb ha disintegrato i record della leggendaria corsa in salta americana, e così è anche per le parti della 208 T16, e per le “plastiche”. Abbiamo studiato, realizzato le maquettes, modificato e approntato il modello definitivo qui da noi, con l’aiuto dei nostri laboratori e di specialisti. Poi la piccola serie destinata al magazzino ricambi verrà realizzata fuori. La macchina di Andreucci è la prima».

A Peugeot Sport siamo in grado di realizzare tutto, il 100% della vettura. La nostra è per lo più un’opera di prototipaggio, di sviluppo e di controllo. Una volta che il prototipo è funzionale e definitivo, il pezzo lo facciamo fare a dei fornitori specializzati. Poi torna da noi per i controlli di qualità


Continuo a far lavorare la testa come un registratore di cassa. È il metodo dell’atelier, un pezzo alla volta, realizzato in maniera certosina. L’impressione epidermica è che qui dentro regni una sorta di calma, olimpica, all’antica. Ci si prende tutto il tempo che serve per fare le cose bene. Anzi, per farle perfettamente, con l’entusiasmo di obiettivi eccitanti. Tutte cose costose, certo.

La macchina di Paolo Andreucci è quasi pronta. È già virtualmente sui “blocchi” di partenza. Si adattano gli ultimi particolari, la mascherina frontale con una precisione da orologiai. Il silenziatore supplementare posticcio, una specie di stufa che serve solo per effettuare le prime prove in un regime di decibel tollerabile per l’ambito della Capitale francese, è l’utimo pezzo.

Le operazioni sono supervisionate e guidate da Michele Fabbri, Racing Lions, che con i suoi tecnici “vive” a Parigi da quando sono iniziate le operazioni di assemblaggio della vettura “italiana” che parteciperà al CIR.

Da quanto tempo lavorate con Peugeot Italia sulle auto dell’attività agonistica?
«Basti pensare che io ho iniziato a lavorare in Racing Lions nel 2002. Da allora il rapporto di collaborazione con Peugeot Italia è continuo. Con loro si discute e si decide tutto, dagli ammortizzatori alle rampe dei differenziali, su tutte le modifiche e gli aggiustamenti. Per la 208 T16 è come è stato per la 207 Super 2000, essendo la prima macchina che esce dall’atelier. Ha richiesto e richiede un lavoro di strettissima collaborazione tra noi, Peugeot Italia e Peugeot Sport».

Da sempre siete il braccio forte di Peugeot nei Rally…
«Sì, sì. Per fortuna sì, è sempre andata molto bene. L’80 per cento della nostra attività è legato a Peugeot Sport. Abbiamo anche della macchine nostre che affittiamo, ma bisogna dire che negli ultimi anni questa frazione si è ulteriormente assottigliata, perché siamo sempre più coinvolti con Peugeot, il mercato è più sofferente e, anche, la concorrenza è molto agguerrita».

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A Peugeot Sport ci si prende tutto il tempo per fare il lavoro come si deve. E' una sorta di vero e proprio atelier delle corse

 

Ma insomma, cosa resta della macchina di serie in questa 208 T16? Da quello che vedo io solo la leva delle frecce…
«Praticamente niente, perché anche la leva delle frecce penso che sia invece di una 306. Resta il parabrezza e il lunotto posteriore, e i vetri laterali più piccoli. Già quelli delle portiere sono in lexan. Nelle R5, come nelle WRC, della serie non resta proprio più niente».


Le misure della scocca, invece, restano quelle, o ci si lavora anche lì?
«Le lamiere devono essere per forza di serie, per realizzare la T16 viene prelevata una scocca dalla linea di stampaggio. Tutto quello che viene aggiunto è realizzato specificamente. Rinforzi, fazzoletti, rollbar. In questo modo la rigidità della macchina aumenta in maniera esponenziale. Le misure restano le stesse della serie. La carreggiata è fissata dal regolamento, 1.820mm, mentre il passo può essere alterato di un 1%, che noi sfruttiamo a seconda delle gare per l’assetto».

Voi avete partecipato allo sviluppo di questa macchina, non è che l’avete ricevuta in gestione a via. In che modo?
«Innanzitutto Paolo Andreucci ha effettuato numerosi test di sviluppo con gli step della vettura, adattandola al suo stile di guida e, in cambio, offrendo allo sviluppo dell’auto i dati della sua esperienza. Paolo ha tutta l’esperienza, e la sensibilità, per poter dare un contributo fondamentale. Noi abbiamo iniziato a lavorare sulla macchina dai primi test effettuati sulla terra in Sardegna. All’inizio da zero, dall’imparare a sapere quali chiavi si dovevano usare. Poi sempre di più in base alla nostra esperienza specifica. Dalla sensibilità dell’acceleratore all’erogazione del motore, dalle molle degli ammortizzatori ai rapporti dei differenziali. C’erano molte cose da affinare e altre da sviluppare da zero, abbiamo usato l’esperienza di Paolo interpretata dalla nostra».

Paolo Andreucci ha effettuato numerosi test di sviluppo con gli step della vettura, adattandola al suo stile di guida e, in cambio, offrendo allo sviluppo dell’auto i dati della sua esperienza. Paolo ha tutta l’esperienza, e la sensibilità, per poter dare un contributo fondamentale


Un contributo essenziale, credo. E adesso che la macchina è pronta, fissata nella sua forma definitiva, è tutto finito?
«Adesso inizia il gande lavoro. La macchina è pronta, e d’ora in avanti si lavorerà sulle regolazioni, su tutte quelle piccole modifiche che riterremo necessarie man mano che la macchina avanza nella sua carriera».

Proviamo un altro confronto improbabile. La 208 T16 ha le geometrie della macchina di serie, e a quanto pare finisce lì. Quali elementi funzionali cambiano in maniera radicale, per esempio, a parte logicamente il motore che è la pima cosa a cui si pensa quando si parla di sviluppo corse?
«Per esempio le sospensioni, che rispetto alla macchina di serie cambiano forse totalmente. Nella T16 abbiamo un telaietto anteriore McPherson che ricorda molto la serie, ma lo abbiamo montato anche al posteriore della 208, a quettro ruote motrici, che diventa quindi completamente diverso. Un’altra differenza fondamentale è nella possibilità di effettuare tutte le variazioni di geometria richieste dall’utilizzo in corsa. l’escursione delle sospensioni, per esempio, è praticamente  doppia rispetto a quella della macchina di serie già nell’assetto da asfalto. Un altro esempio evidente è nell’impianto frenante, logicamente neanche paragonabile a quello della serie per la diversa, ovvia, richiesta di prestazioni».

Si parte dalle gomme o si arriva alle gomme?
«Questo è un fatto importante. Gli pneumatici li conosciamo già, la macchina no. Sappiamo come usarle in tutte le condizioni di grip e di asfalto. Partiamo quindi adattando la macchina alle gomme, poi riprenderemo il camino inverso, partendo dalla macchina e lavorando sulle gomme. Le Pirelli sono già state sviluppate nell’ultimo anno con questa tipologia di vetture Turbo, quindi direi che siamo già almeno un passo avanti».

Pochi giorni al via, la macchina appena messa in moto. è un fatto che vi mette ansia?
«Non esageriamo! La macchina è già andata in moto. Beh, di sicuro la prima gara sarà un patema d’animo, perché è tutto, tutto nuovo. Già considererei il primo anno come un “momento” delicato e ansioso, figuriamoci il primo giorno e la prima gara!».

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