Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Alessandro Perico ha trionfato nella seconda tappa del Campionato Italiano Rally 2013, ovvero il Rally 1000 Miglia, una manche rocambolesca e piena di emozioni. Ne abbiamo parlato con il vincitore.
Parlaci della gara di sabato.
«Gara difficile, insidiosa. Ho avuto un po’ di sfortuna, con quella penalità. Dicono che sono partito con due centesimi di anticipo. Mah. Per il resto è tutto a posto. Mi sono sentito bene, forte, soprattutto di testa».
La gara di domenica è stata tirata e bellissima. Ma cosa è successo, nel mattino, al Passo del Cavallino?
«Ho avuto paura. Sì, paura di sbagliare. Strano, perché nel 2011 ho vinto la prova con un tempone. Non c’erano le stesse condizioni, ma mi ricordavo dei punti nei quali passavo molto più forte, anche con una marcia in più, anche nello stretto. Sono andato in crisi anche con le informazioni sulla gara di Scandola, che non arrivavano in modo corretto. Sta di fatto che ho avuto paura».
«Per questo devo ringraziare Fabrizio, il mio navigatore, che mi aiutato psicologicamente a tirare fuori il mio carattere, la grinta, a ricordarmi che sono uno che non molla mai. Mi ha spinto a concentrarmi sull’intera gara e non sul momento difficile. Ho sofferto la “Cavallino”, soprattutto per le condizioni in cui era la strada. Viscido, la neve ai lati, un chilometro di fango e poi tutta la discesa con le gomme sporche. L’ultimo chilometro a salire, prima dell’inversione, era davvero insidioso».
“Ho avuto paura. Sì, paura di sbagliare. Strano, perché nel 2011 ho vinto la prova con un tempone. Non c’erano le stesse condizioni, ma mi ricordavo dei punti nei quali passavo molto più forte, anche con una marcia in più, anche nello stretto”
E quando ti sei trovato con soli dieci secondi di vantaggio?
«Lì è stata veramente difficile. Penso di non riuscire a spiegare lo stato d’animo di quelle due ore tra una prova e l’altra, prima dell’ultima. C’è stato un momento che mi sembrava quasi di star male, di essere balordo e di non riuscire più a connettere. Non mi ricordo un momento così difficile, di tensione così grande».
E ora, che programmi abbiamo?
«Provare, provare ad andare avanti nell’Italiano. Fermarsi qui sarebbe da pazzi. Provare, e vedere, e poter dire almeno “ci abbiamo provato”. Questo conoscendo anche il nostro handicap sulla terra. Per ridurre il gap con gli specialisti dovremmo fare parecchi test, in modo tale da avvicinarci. Per essere veloci come loro, bisogna essere realisti, ci vuole esperienza. Io non ce l’ho e non si può imparare in tre giorni o una settimana di test. Ci vogliono anni e anni di gare. Quindi, poiché non siamo stupidi, dobbiamo riuscire e non prendere un secondo e mezzo al chilometro. Vedremo di fare tutto il possibile per questo Campionato Italiano».
“Ho creato una struttura ben organizzata. C’è un direttore sportivo, un capo meccanico, c’è un’officina con tanti ragazzi bravi. È una struttura che costa, logisticamente e amministrativamente, però facciamo anche parecchio lavoro di noleggio, e forse grazie ai miei risultati riusciamo a lavorare bene, ci considerano una Squadra affidabile”
Un Team tuo, perché?
«È una scelta. Ho raccolto sempre poco correndo con gli altri Team, anche in situazioni in cui ero molto vicino al podio o alla vittoria. Ricordo il 2008, l’anno peggiore nel quale ho buttato un podio quasi a tutte le gare, sempre per un problema o una rottura di ordine meccanico. Così nel 2009 ho creato la PA Racing, Perico Alessandro, il mio Team. Da quel momento non ci siamo più fermati una sola volta, giriamo come un orologio svizzero».
Pilota e Team Manager. Difficile?
«Ho creato una struttura ben organizzata. C’è un direttore sportivo, un capo meccanico, c’è un’officina con tanti ragazzi bravi. È una struttura che costa, logisticamente e amministrativamente, però facciamo anche parecchio lavoro di noleggio, e forse grazie ai miei risultati riusciamo a lavorare bene, ci considerano una Squadra affidabile. L’anno scorso abbiamo partecipato a tante gare e, praticamente, zero ritiri. Questo è importante. È un lavoro che m’impegna, ma non moltissimo. Mio cognato è anche socio del Team, è molto bravo e dedica moltissimo tempo alla Squadra nonostante “nella vita” faccia un altro mestiere. Si occupa di molte cose, soprattutto riesce a fare in modo che io abbia la giusta tranquillità per correre, e questo mi favorisce moltissimo».