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Fiuggi, vigilia della battaglia. Un grande sospiro di sollievo o trattenere ancora il respiro? Proviamo a lasciarci andare. L’aria è delle più strane, da respirare attraverso le mascherine obbligatorie. Quella che incombe sul Rally di Roma Capitale. Ci si arriva dopo aver sotterrato l’ascia di guerra per oltre metà dell’anno, con grande circospezione prima di lanciare il doppio attacco al CIR e al Campionato Europeo. L’attesa è stata lunga, sfinente, e vederla evaporare è di per sé un evento. È anche un po’ di storia ed evocazione di puntigliosa, romana determinazione. La stagione, l’intera stagione a cominciare dal Mondiale WRC ha seguito le imposizioni dell’unica regola, insopportabile e indiscutibile, di quell’impestato inizio di anno bisestile: fermi tutti! Rinvii, cancellazioni, indecisioni e decisioni antipatiche, sofferenti ottimismi e sogni stroncati come infarti. Da un certo punto in poi è stata la ruspa della storia a spianare l’orizzonte. L’effetto è stato devastante, ben più della metafora. La macchina implacabile è passata sopra, ha sgombrato, spinto avanti all’infinito e sull’orlo del precipizio tutto quello che c’era sulla strada dello sport e della vita. Ha talvolta rallentato, più spesso accelerato, spesso travolgendo e sempre spegnendo o rimandando desideri e passioni.
Fintanto che non è apparsa all’orizzonte la linea di sagoma delle mura di Roma. Tornando più precisamente a noi, le mura del Rally di Roma Capitale. Il Rally di Max Rendina non è mai apparso in discussione, neanche quando sembrava sacrilegio solo parlarne, parlare di organizzare un evento, far disputare una corsa. C’è forse una ragione spoletta e una forza primordiale in tutto questo. Il Rally era sin dall’inizio piantato nel terzo week end di luglio, e da lì nessuno è riuscito a spostarlo. Soprattutto nessuno ha immaginato di poterlo fare. Prima perché c’era tempo per pensare se era il caso, poi perché la posta in gioco era una sommatoria molto alta, Europeo, Italiano, le WRC Stars e il Rally di Pico, infine perché all’improvviso era troppo tardi per infilare un bastone tra le ruote: la macchina organizzativa e la carica morale aveva già fatto quanto bastava per rinforzare il baluardo inattaccabile delle mura di Roma.
L’ultimo segnale a Roma era stato lanciato dall’Etruria, con quel riuscito Casentino che con un pieno di equipaggi e entusiasmo aveva rotto gli indugi. Oggi è storia, e il presente è la ripartenza di due Campionati di riferimento, con le rispettive, infinite ramificazioni di sotto categorie, da Roma.
E si badi bene che non è ancora aria di certezze. Basta guardare a quello che succede ancora al calendario del Mondiale, con il Turchia che continua a tentennare costringendo l’Ypres al doppio lavoro di investimenti e speranze. Con il Giappone inesorabilmente sempre troppo lontano per essere vero, e con l’incubo che la tendenza generale inverta il senso dell’ottimismo e dei frutti dell’attenzione al Coronavirus, per ora appesi a un filo estivo di buonumore. Basta guardare ai protocolli di contenimento e guardia al contagio, complessi, elaborati, non sempre chiarissimi e mai perfettamente coerenti. Anzi. Da un certo punto di vista è una sceneggiata bella e buona. NO PUBBLICO. Come il Calcio, porte chiuse. Ma lo stadio ha cancelli e posti a sedere, le antiche vie del Rally né l’uno né gli altri. Quindi chiuso l’accesso al parco Assistenza, contingentato anche agli operatori, chiuso il numero degli inviti alle sale operative, stampa compresa, chiuso il Rally agli spettatori, nel senso che non sono previsti punti di riferimento per il pubblico. Va da sé che poi ci si dovrà chiedere che dire alla gente che va e ha il diritto di andare dove vuole, quindi anche ai bordi delle strade dove si corre. Si dirà loro, come quando gli appassionati erano troppo vicini, che la corsa non passa se prima non ci si leva di mezzo? Vedremo. In ogni caso tra il Rally e il Pubblico è ufficialmente rottura.
Il 2020 è ben strano, quindi non c’è da meravigliarsi, e non vale la pena pensare e guardare troppo più avanti del naso. Si deve vivere alla giornata, e il week end del Roma Capitale è finalmente pane per nostri denti.
C’è un parco chiuso che fa paura, due parchi assistenza, Fiuggi rinata alla vita, campioni e appassionati che ritrovano il senso delle cose. Bello ritrovare l’Italiano insieme all’Europeo, l’upgrade è nelle corde delle ambizioni smisurate di Rendina, e lo sviluppo della formula offre la percezione di un ulteriore, consistente passo avanti. Bello che due mondi quasi distaccati per una volta aderiscano al confronto diretto, che gli “europei” tornino con i piedi per terra davanti ai campioni di casa nostra, che vengano a imparare, eventualmente, e solo alla fine a insegnare, se ne avranno i mezzi. Quasi novanta vetture, quasi la metà sono R5, o per meglio dire oggi Rally2. Poi il Pico.
L’anno scorso fu un tuffo al cuore. Crugnola vinse tredici delle 16 Speciali ma “perse” alla grande la quarta, finendo per questo non solo alle spalle dell’impeccabile Basso, poi vincitore, ma anche dietro a Campedelli. Storia italiana che non si ripete, non allo stesso modo. Basso c’è, con una Polo, Crugnola c’è, con una Citroen, ma non c’è Campedelli che già si era offeso alla fine della stagione scorsa e che avendo ancora qualcosa in sospeso ha mantenuto la parola. Fa lo sviluppatore di rivoluzionarie idee-rally. Però non c’è, e questo è un altro discorso. Con un’altra Citroen c’è Lukyanuk, quarto lo scorso anno e implementato in ambizioni e esperienza, torna Breen con una Hyundai. Vedremo al lavoro il giovane Solberg, Polo, e ancora più interessante sarebbe stato vederlo insieme all’altro ragazzo prodigio, e vedremo in corsa la nuova Peugeot 208 R4, non nelle mani di Andreucci e consorte, come sarebbe stato logico, ma in quelle di Rachele Somaschini. Non se la prendono, Andreucci & Andreussi, li vedremo al Ciocco e intanto inaugurano la loro nuova “azienda” di famiglia. Dal Carlino all’hospitality-catering Cooking Around il passo non era troppo lungo, in fondo.
Notizia freschissima, non vedremo al lavoro Brazzoli e De Tommaso, fuori tutti e due durante la qualifying (formula per smistare un po’ il mescolone Europeo-Italiano dando la possibilità ai primi 15 di scegliere la propria posizione di partenza). Organizzatore e FIA hanno fatto sicuramente un bel lavoro, non c’è da dubitare dei frutti.
Non tutti partecipano al confronto italo-continentale, vedi Scandola che è “fuori” dall’Europeo, ma le scelte sono varie e tutte giustificate, soprattutto quando ambizioni e budget si incrociano…
Un po’ d’ansia c’è sempre, in fondo si parte dopo una lunga pausa, e le strade del Roma non sono facili, non sono certamente ovvie. Tutti dicono Pico-Greci pensando all’uomo nero, ma ogni curva dei 190 chilometri delle 16 prove speciali è un po’ un terno al lotto. Leggi sassi, leggi sporco, leggi stretto e dissestato. Le affascinanti ma povere strade italiane, così poco o punto mantenute, per due giorni diventano l’università dell’asfalto.
Dopo Roma si andrà al Ciocco, il 22 Agosto, e quindi in rapida successione al Targa Florio, al Sanremo, al 2Valli e al Tuscan Rewind. Tutto in quattro mesi.
Castel Sant’Angelo. Passerella attraverso Roma, sul selciato della Storia. Si riparte, il dado è tratto!
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