Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Roma, 22 Luglio. Chi sperava in un confronto aperto e definitivo tra i Campionati Europeo e Italiano probabilmente rimarrà deluso, oppure dovrà accontentarsi di giudicare interpretando il “campione senza valore” del magnifico duello che stanno mandando in scena Alexey Luklanuk e Giandomenico Basso. Basso, infatti, non è iscritto all’Italiano, e lo rappresenta solo in virtù dei successi recenti che ha ottenuto, ovviamente “evocativi” ma non “aggiornati” all’evoluzione delle ultime due stagioni, e… dei punti che eventualmente toglie sopravanzando gli “italiani”.
La “colpa” del mancato confronto, tuttavia, non è dell’Europeo, bensì della “Seleçao” dell’Italiano, che nella quasi totalità non ha risposto all’appello della continuità necessaria per dare corpo al risultato. Ne resta uno solo in evidenza. Paolo Andreucci. Non troppo in evidenza, per la verità, anzi lievemente staccato, defilato, deliberatamente fuori dal confronto diretto. Tutti gli altri sono andati al tappeto in una incredibile, incomprensibile e per certi versi difficile da digerire, girandola di ritiri, che ha portato sulle pagine del libro nero, uno dopo l’altro, tutti gli Assi del Campionato.
Ora, è chiaro che la sfortuna gioca sempre la sua parte, ma è come se i più fossero andati a cercarsela. Le ragioni? Il percorso. Asfalto, sì, ma difficile e con molti tagli “sporchi”, di quelli che sono la chiave di volta di scelte difficili in una sequenza interminabile. Basta sbagliarne una, e il gioco, anzi la frittata, è fatta. All’attacco? Dunque troppo vicini, dentro lo “sporco”, contro la terra e soprattutto i sassi portati sulla carreggiata dai più “coraggiosi” al limite. In difesa? Niente altro da fare che stare in mezzo, con un occhio a evitare invece che centrare i “bersagli”. È una strategia altrettanto logorante, perché richiede la massima concentrazione pur non essendo supportata dall’adrenalina della battaglia. Se poi non va a pallino, se una sola volta non funziona, ecco, è mortificante.
Uno dopo l’altro. Si inizia con Panzani, Gilardoni, Testa, Scattolon, Michelini. Soprattutto forature, non fatali per tutti ma per alcuni è già KO al secondo round. Si prosegue con una falcidie impietosa. Ancora forature per Pollara e Crugnola, ancora seconda Speciale e si ritira Andrea Nucita, il protagonista del Targa, per un inconveniente meccanico. Si entra nel vivo quando, nella terza Speciale, Umberto Scandola, che già era stato protagonista di un incidente nelle prime fasi dell’Evento ma che si era riscattato vincendo il prologo e portandosi nel plotone di testa, è costretto al ritiro per un guasto a un differenziale. Non è anno Scandola, questo è certo, il suo Campionato resta ora appeso al filo sottilissimo della matematica.
Quando finisce il primo giro di Speciali, il Roma ha già fatto la sua strage. Alexey Lukyanuk si è già sostituito a Nikolay Gryazin in testa all’Europeo, e alle spalle del Russo si assiste a uno “strano” duello tra Simone Campedelli e Giandomenico Basso. Lo strano è che, sebbene si abbia l’impressione che Basso “ne abbia di più”, Campedelli parte furiosamente all’attacco, “o tutto o niente!” e, non pago di stare davanti all’avversario diretto dell’Italiano, Andreucci, sembra aver deciso per gli assalti sia al titolo nominale di miglior italiano, sia all’assoluta del Rally. L’obiettivo è decisamente ambizioso, complesso, e probabilmente non strategicamente coerente con gli obiettivi a lungo termine nel Campionato. O forse, semplicemente, Campedelli si fa prendere la mano e nessuno, dai “box”, gli lancia un coerente messaggio tattico.
Perfettamente al contrario, Paolo Andreucci, per l’occasione in compagnia di David Castiglioni sulla Peugeot 208 T16 Campione d’Italia, ha sin dall’inizio rinunciato alla bagarre. Mai un acuto, mai una scarica di adrenalina sugli asfalti romani, appena il segnale forte del terzo posto sulla seconda Pico-Greci e solo una serie di positive “cartelle cliniche” da mezza classifica, check-up di un buono stato di salute, di un buon ritmo. Paolo Andreucci sta bene, insomma, fisicamente ma soprattutto di… testa.
E si arriva così al momento cruciale della prima Tappa del Rally di Roma Capitale. Siamo alla sesta Prova Speciale, il secondo passaggio sulla Roccasecca vinto da Basso che registra così il primo dei due successi in suo favore alla fine della giornata. Simone Campedelli fora e riesce a chiudere la Speciale, ma a quasi quaranta secondi dal “collega” italiano. Scivola indietro nella generale, soprattutto a oltre venti secondi da Andreucci. Purtroppo non è finita. Campedelli aveva forato anche nella quarta speciale, la prima Santopadre-Arpino, anche quella finita, ma sul cerchio. Adesso il problema è un altro. Campedelli non ha più ruote di scorta. È il ritiro.
È così che Paolo Andreucci, sale al quinto posto assoluto del Rally, cinquanta secondi dalla Ford di Lukyanuk e trenta dalla Skoda di Basso che incalza con intelligenza tenendo il russo nel mirino e aspettando che commetta un errore. In mezzo anche le Fabia di Kreim e Grzyb. Poco male e poco importa, il fatto saliente è che Paolo Andreucci è il primo degli Italiani in corsa per il Titolo. O meglio, è secondo all’ombra di Basso che gli toglie i punti del primo, ma in una condizione di ozio indisturbato, visto che alle sue spalle non ci sono né Scandola né Campedelli. Assenze giustificate o no che, accompagnate dalla non avvincente redditività di Crugnola, la dicono lunga sulla proiezione che il Roma potrebbe avere sul Campionato.
Andiamo avanti, Rally difficile e stressante.