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Roma, 19 Settembre. Bastano 1.800 metri per dare un’idea della grandezza di un Rally. A volte sì. Nel caso del Città di Roma Capitale, alla grande. Vanitosa presunzione? No. Pensiamoci un attimo. Quanti eventi motoristici possono vantare la partenza da una Capitale? Quante prove del Campionato del Mondo WRC? Mi pare nessuna. E stiamo parlando di una Prova dell’Italiano. Dice Andreucci, giustamente, che a volte si parte da strade che non hanno neanche un nome, sperdute nella campagna o arroccate sulla montagna, e non puoi sapere dove sei perché non c’è neanche il segnale telefonico per collegarsi a Google.
Invece il Rally progettato e realizzato da Max Rendina parte da una Capitale, dalla capitale per definizione, non solo per noi, dal centro di una storia che è stata il centro del Mondo. E non basta. I concorrenti “sbarcano” al Lido di Ostia, verifiche tecniche, guadagnano l’entroterra e fanno il loro ingresso trionfale nell’Urbe, e in mezzo al mare di folla che mescola appassionati e ignari curiosi mandano in scena lo show del Rally all’ombra, e poi sotto a luce artificiale, del Colosseo Quadrato, monumento realizzato per celebrare la Storia attualizzandone la chiave e la funzione di infrastruttura. Ma è nondimeno il ritorno al passato, solo che agli “spigoli” del Colosseo corrispondono “gladiatori” in ignifuga e “bighe” da 280 cavalli, che dopo la spettacolare prova inaugurale proseguiranno verso Sud Est e raggiungeranno Fiuggi, nuovo centro delle operazioni del Rally.
Gli spettatori sono giudici severi
Sulla tortuosa “gimkana” cittadina, gli spettatori assiepati sulla gradinata artificiale, ma naturale per l’evento, scandiscono tra urla e fischi l’armonia o la “stecca” delle esecuzioni che si susseguono una via l’altra. Ai poveracci che hanno spento il motore o che hanno spostato la balla di paglia tocca la bordata di disapprovazione, ai “maestri” che pennellano di freno a mano e di ripartenza lampo, pelando jersey e tribune con precisione da trattenere il fiato, le ovazioni.
Non è il responso cronometrico che delimita il confine tra perfezione ed errore, ma l’evidenza e la “pulizia” del passaggio, chiaro, inequivocabile. Appassionati e occasionali di passaggio che diventano giudici ed esperti in un momento “storico” del CIR che si incarica di selezionare e mettere in fila 43 partecipanti ad una “giostra” cittadina d’eccezione. Alla festa non partecipa Alessandro Perico, un grave lutto di famiglia lo ha richiamato tristemente a casa. Al Campione bergamasco le nostre più affettuose condoglianze.
Entrano per primi i concorrenti del TNR, e dopo le abbondanti nevicate di fischi, il napoletano Gianfico scatena i primi entusiasmi del pubblico, che dall’applaudito passaggio dell’apripista ospite Lorenzo”Attila” Bertelli stava iniziando a spazientirsi.
Non è il responso cronometrico che delimita il confine tra perfezione ed errore, ma l’evidenza e la “pulizia” del passaggio, chiaro, inequivocabile. Appassionati e occasionali di passaggio che diventano giudici ed esperti in un momento “storico” del CIR
Solo un turno prima, per fortuna, si era cappottato dalle risate quando la precedente Lancer aveva dovuto fare manovra, avanti e indietro come al parcheggio della coop, per avere ragione di una curva proprio lì, sotto la scalinata. Un tempone, Gianfico, e la dimostrazione che si poteva fare “da manuale” anche con una lunga Mitsubishi. Poi entrano le WRC, i mostri del Mondiale. Qualcosa di meglio, sporadicamente, ma è inutile, tra i “birilli” e le balle di paglia quello che conta è il “manico”.
Basso e Scandola davanti a tutti
E quando nell’”arena” fa il suo ingresso la Peugeot 108 T16 dei neo Campioni Italiani Paolo Andreucci e Anna Andreussi, sottolineata dal soffio di fumogeno, dalla scalinata sale un’ovazione. Non hanno ancora fatto un metro, e sono già sospinti dal tifo. Allora vuol dire che sono tutti intenditori, o che hanno capito al volo, perché è chiaro che qui si sta celebrando il nono Titolo Italiano al suo primo bagno di champagne nella Capitale.
Andreucci “sporca” qualche curva, forse l’ebbrezza dello “spumeggiante” sostegno del pubblico, ma ottiene il tempo fino a quel momento migliore, 2’20”9. Il “muro” è fissato nei 2 e venti, e la silenziosa turbina della Fiesta gas di Basso passa come una freccia, evidentemente più efficace. Niente da fare, 2, venti, e uno.
È il momento in cui ci si aspetta che a emettere il verdetto in suo favore sia Scandola, con la nuova R5 Skoda, uno specialista della “materia” cittadina. Perfetto, un filo più aggressivo. Due-venti… e uno. Lo stesso tempo di Basso.
Questo è il Rally di Max Rendina, tanto per capirci. Prima che tutto abbia inizio sul trittico dei tre giri di sabato, Cave “Tito Livio”, Bellegra “Vitellia” e la Monte Livata “Caput Mundi” di 31 chilometri, una scalata di curve e una successiva “picchiata” da capogiro, il Campione del Mondo Produzione ci propone, nel menù di aperitivo del suo Rally, non uno ma due vincitori. E poi il passaggio in Città, sotto scorta perché la carovana a scaglioni passi liscia in mezzo al traffico. Il Monumento della Patria, il Colosseo, quello “tondo” e via, attraverso la storia, e verso un’altra storia dei Rally.
Foto: www.acisport.it/CIR e APPhotosport