L’appuntamento è per le nove, da Carlino. È il Ristorante-Albergo di Famiglia che è anche il polo di un vasto campo di attrazione tradizionale-gastronomica che irradia ben oltre Castelnuovo Garfagnana, la città dell’Appennino lucchese che è la “Patria” degli Andreucci.
Entro, saluto, chiedo alla mamma e aspetto, mi dispiace di aver svegliato il Campione così presto un giorno di fine settimana. Ma scopro che Paolo Andreucci si alza prestissimo, ed è in piedi già da qualche ora. Dalla cucina arriva un saluto allegro e vivace, e prima ancora di vederlo in faccia m’invita a fare colazione con lui. Che prendi? Va bene, quello che prendi tu. Sento ridacchiare, poi si affaccia.
Buongiorno, sicuro? Certo, benissimo. Benissimo! Ci mettiamo a sedere e dopo cinque minuti arriva la mamma con due piatti di…spaghetti aglio e olio. Paolo mi guarda, divertito, io non faccio una grinza. Mi sistemo e chiedo un po’ di formaggio. Quando esco di lì, un bel po’ dopo, mi dico che anch’io farò colazione con la pasta asciutta! Iniziamo
Sei da tempo ormai immemorabile il più forte Pilota italiano. Iniziamo con una domanda ovvia: un Pilota è più bravo quando va più forte. Lapalissiano. Ma quando è che un Pilota è il più forte, quali qualità deve mettere in campo per esserlo? Talento, coraggio, esperienza?
«Naturalmente è un mix di tutto questo. Ma devo anche dire che nel nostro Sport l’esperienza conta tantissimo. Non solo per riconoscere le strade, ma soprattutto per capire la macchina e la sua messa a punto, per trovare, capire e controllare il proprio limite. Il Rally è pur sempre una prova di durata, si corre in due giorni e devi gestire l’intera complessità della gara. Il fatto di conoscere il proprio limite e di andare forte senza mai superarlo è fondamentale. In pista è diverso, qualche volta puoi superare il limite, trovi il cordolo, lo spazio di fuga e sei “salvo”. In Pista talvolta puoi “osare”. Nei Rally no, perché la volta che superi il limite esci di strada, la gara è finita e metti una X su quel risultato. Il fatto saliente è lì. Noi, Anna e io, questa affidabilità ce l’abbiamo, abbiamo superato le cinquanta gare consecutive senza registrare una sola “X”. Altra cosa importantissima è l’esperienza del Team.
“L'esperienza più importante di tutte è quella nel rapporto con il tuo limite. Se scendi troppo non vai, se vai oltre rovini tutto e perdi un’occasione sempre importante”
In Peugeot l’ambiente è eccezionale. Saper scegliere bene, definire l’auto, il programma, il metodo di lavoro, costruire e mantenere la coesione di un insieme che viaggia sempre al massimo. Per tutto questo il Rally mi piace ancora tanto. T’impegna a livello fisico, mentale, ti stimola nei rapporti con le persone. Un centometrista può anche mandare a quel paese quello e quell’altro. Nel nostro mondo è tutto un costruire, a 360 gradi, con grande attenzione e rispetto. Devi avere un buon rapporto con la tecnica, con le persone del team, con gli sponsor. Tutto questo è esperienza. Ma più importante di tutte è l’esperienza nel rapporto con il tuo limite. Se scendi troppo non vai, e qualcuno che fa meglio di te, se vai fuori rovini tutto e perdi un’occasione sempre importante.»
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Paolo Andreucci, 7 volte Campione Italiano Rally. A quasi cinquant'anni vanta reattività e forma fisica eccellente.
Il limite. Certo importantissimo, e allo stesso tempo debole, fragile. Tu, diciamolo, hai ormai quasi cinquant’anni, e però riesci a mantenere, oltre al talento che lasciamo per un momento da parte, una forma di reattività fisica e mentale eccellente. Come fai?
«È importante, sì. Mantenersi fisicamente è fondamentale. Io mi impegno anche in questo senso, e vorrei dimostrare che, anche a cinquant’anni, se uno è preparato e deciso, può fare uno Sport come questo anche per molto tempo ai massimi livelli. In questo senso si pensa un po’ troppo ai giovani, ma la maggio parte di questi è sempre meno disposta a soffrire come hanno fatto i “giovani” della nostra generazione. Oggi i piaceri della vita sono più immediati, e te li trovi a portata di mano. Noi abbiamo vissuto un’epoca di passione diversa. I motori erano tra le cose più belle, ed era bellissimo se riuscivi a premiare la passione con una prestazione. Questo mi è rimasto, provo le stesse emozioni meravigliose impegnandomi al massimo, e rinnovo le sensazioni che le generavano. Tutto questo l’ho conservato, intatto. Adesso cercherò uno sponsor di prodotti per rimanere giovani e gli dirò: “Guarda che io posso essere un testimonial perfetto del tuo prodotto!”. Mi sento dire: “Ma quando smetti?”. Talvolta inizio a rifletterci anch’io, ma poi mi rispondo che non è il momento, anche solo di starci a pensare. Ho sempre voglia, mi mantengo al massimo e cerco di non negoziare gli obiettivi. Per certe cose forse a vent’anni sei più fresco, reattivo, ma nel nostro Sport, come dicevamo, l’esperienza è talmente importante che, anche se i riflessi calano lentamente, quella resta sempre lassù e, anzi, si accresce continuamente. E si va avanti. Tanto è vero che non conto gli anni indietro, ma guardo ai mesi davanti, agli appuntamenti, ai programmi, alle gare che mi aspettano. Per il momento è così.»
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Andreucci al volante della 208 R2. Nel 2014 guiderà ancora la compatta del Leone ma nella più estrema versione R5
C’è un rapporto, un punto critico tra coraggio e paura nel guidare ai massimi livelli un’auto da Rally, sempre con l’imperativo di stare dentro quei limiti?
«La paura è una cosa che deriva dalla mancanza di controllo. L’esperienza, dunque, ti fa rallentare sempre un po’ prima della paura. Ti fa scegliere di fermarti prima di una cosa che non sai fare. Come guidare un aereo, non saprei come e mi farebbe paura, certamente. In auto, invece, posso fare una curva a duecento all’ora, so quello che faccio e la paura non la sento. Non è incoscienza, è stare nell’ambito del controllo.»
Dunque un “anziano” con un’esperienza eccezionale, preparato e motivato come e forse più di un “giovane”. A queste condizioni per i “giovani” non c’è spazio!
«No. Non è esattamente così. Di giovani bravi ce ne sono. La nostra generazione ha incarnato gli anni d’oro delle Marche italiane, della Lancia, della Fiat, e sprigionato una passione incredibile e trascinante. Oggi purtroppo non è così, e questo per i giovani è un limite, certo, ma restano immutate le condizioni necessarie per riuscire, segnate dai riferimenti di un percorso progressivo e che richiede il suo tempo e la sua diligente applicazione. I giovani oggi hanno forse troppa fretta di arrivare, ma la fretta non è nel percorso giusto. Ma ce ne sono di giovani bravi, l’ho detto molte volte, ce ne sono molti e alcuni hanno già capito quale è la strada giusta per arrivare a destinazione. È solo questione di tempo. Campioni del Mondo a vent’anni, nei Rally non è possibile. Non è la Moto GP o la ginnastica artistica. Lì puoi esserlo a quindici anni, e a venticinque-trenta magari essere finito, da noi non è così. Il nostro Sport è un “investimento” continuo, lento, e anche andando avanti con l’età potrai sempre esprimerti, talvolta ancora meglio.»
“Carlos Sainz continua a correre e va forte. L’importante è avere gli stimoli mentali”
Hai dei Piloti di riferimento per quanto riguarda la longevità agonistica?
«Dario Cerrato ha corso fino a…un bel po’. Seguo volentieri Bertolini in pista, Babbini, Dindo Capello. Mi piace vederli che continuano ad andare avanti e riescono a fare cose egregie. Cunico, Ragnotti, hanno corso fino ad un’età avanzata. Carlos Sainz continua a correre e va forte. L’importante è avere gli stimoli mentali. Il fisico è una cosa, ma quando non hai più voglia allora penso che sia finita. Allora è inutile avere il fisico a posto.»
Ti piacerebbe fare i Rally Raid?
«Sì sì si. Mi piacerebbe molto. Ho provato una volta, è stato interessante e non escludo che si possa fare in futuro.»
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I Rally-Raid sono nel DNA Peugeot e per Andreucci potrebbero rappresentare una nuova sfida in futuro.
Quindi non sarebbe più così fantascientifico, un giorno, vedere Sebastien Loeb e Paolo Andreucci su una Peugeot da Rally?
«Un momento. Loeb può chiedere e fare di tutto, Andreucci sicuramente molto meno. Però nella mia testa l’idea c’è. Ho già fatto qualche esperienza e penso che si potrà fare. È un mondo affascinante.»
Anche lì avresti un riferimento d’età importante, Jean-Louis Schlesser…
«Certo, J-L corre ancora, e continua ad ottenere anche dei risultati superlativi. Insomma, visto che Peugeot è ben intenzionata, vediamo come possono andare le cose.»
Insomma potremmo anche cambiare aria?
«Mah, queste sono cose ancora molto legate alle ipotesi. La mia intenzione seria è ancora quella di continuare per un bel po’ a…»
A rompere le scatole a questi giovani?
«Ssssì, perché mi piace ancora moltissimo. Poi, sai, magari un giorno scopri che non sei più competitivo e a quel punto fine, ma finché ci siamo e, come ora, con tante cose ancora da dire nei Rally che sono la mia vita, ci restiamo cercando di dare sempre il massimo. Non saprei vedermi fuori da questo mondo.»
Ma non ti pesa, non hai il cruccio di non essere riuscito a sfondare, come meritavi, nel Mondiale?
«Certo, ma vedi, a quei tempi dopo sette/otto gare sono stato catapultato nel Mondiale in Portogallo dalla Lancia, che mi aveva preso nello Junior Team, il Jolly Club. Solo due gare, purtroppo poi, finiti i soldi, finita la Lancia, sono arrivati due anni bui, ma davvero bui, di quelli nei quali non riuscivo a trovare niente che mi consentisse di andare avanti. Avessi avuto la disponibilità di oggi avrei potuto correre per farmi vedere, ma sì, ci volevano 50, 60 milioni di lire di allora, e quando non hai una lira in tasca…che fai senza neanche un conto corrente e si è no trecento mila lire in tasca? E quelli sono stati anni così. Mi fa piacere ricordarli, e forse pochi sanno o ricordano. Dopo otto gare appena, pensa, sfido chiunque ad ottenere il diritto di provarsi in una gara di Mondiale come quella in Portogallo, e vincere le prove speciali di Gruppo N.
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Portogallo 1989. Andreucci corre con la Deltra 8v Gruppo N del Jolly Club
Dico, nessuno credo abbia mai fatto tanto. Questa è una grande soddisfazione. Prove speciali vinte nella nebbia. Poi, è chiaro che le cose cambiano e le situazioni anche, ed è arrivato l’Italiano, i Titoli. Anche nelle gare di IRC, io ormai avevo sempre la testa al Campionato Italiano, era un’altra storia. Quelle soddisfazioni le riprovi anche molti anni dopo, come mi è capitato al Sanremo o in Sardegna quest’anno, pur con una macchina non più aggiornatissima. Tutto questo mi fa ripensare a dove avrei potuto stare in quegli anni lì, a 23 anni vincendo senza alcuna esperienza. Il rammarico c’è, certo, ma la vita è così. A quel tempo le cose sono andate così, che ci vuoi fare…»