CIR 2013 in soggettiva. Paolo Andreucci ci guida sul percorso del Rally 1000 Miglia

CIR 2013 in soggettiva. Paolo Andreucci ci guida sul percorso del Rally 1000 Miglia
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7 Titoli italiani sono il bagaglio antologico dell’esperienza di Paolo Andreucci: Il toscano è la nostra guida ideale delle Prove del CIR. Al 1000 Miglia il Pilota ufficiale Peugeot Sport Italia si è affermato cinque volte | <i>P. Batini</i>
12 aprile 2013

Paolo, per favore, il 1000 Miglia in una “scheda”.
«Il Rally 1000 Miglia è una gara molto difficile, perché si sviluppa nell’ambito di un’area geografica con molte valli, cioè in condizioni meteo che possono essere anche molto diverse. Le strade sono da molto veloci a molto guidate e “sporche”. Il ritmo di gara è fondamentale. Il Pilota deve essere versatile, adottare una guida “camaleontica”. Per intendersi deve saper sfruttare bene gli “appoggi” laterali e le frenate, nel veloce, e la trazione nel lento e sui “tagli” dell’asfalto. Deve riuscire a mettere a punto la macchina in modo che sia veloce e precisa, ma d’altro canto non troppo nervosa perché altrimenti nel lento e sullo “sporco” la guida può diventare problematica. Questa è una delle caratteristiche fondamentali del 1000 Miglia».

«Poi, il meteo. Quest’anno le previsioni sono buone, e questo ci facilita molto per quanto riguarda la scelta delle gomme, perché la gara si sviluppa su tre prove per 60 chilometri in luoghi diversi, senza la possibilità di cambiare le gomme. La scelta fatta al Parco Assistenza diventa fondamentale».

Una “Classica”, perché?
«Il Rally 1000 Miglia esiste dal 1977, ed è sempre stata una gara importante del Campionato Italiano, e prima era valida anche per il Campionato Europeo».

L’”identikit” delle Prove Speciali…
«“Irma”, la prima. Parte con un tratto guidato, poi si distende sul veloce, molto veloce, per finire con un “pezzo” molto stretto e “sporco”. Ecco che entra in scena l’importanza dei cambi di ritmo. “Pertiche”, la seconda. È la più lunga e mette in sofferenza i freni. Tantissime curve, una dietro l’altra. “Moerne”, la terza. C’è una discesa con un forte dislivello nei primi sette chilometri. Impressionante! Giù in un “toboga” di curve destra-sinistra. Anche in questo caso, grande importanza ai freni e alla precisione della macchina. Il tratto finale dice meno, perché è in salita e non presenta difficoltà particolari. In totale, come dicevamo, molti chilometri e molte variazioni di ritmo».

Il Rally 1000 Miglia è una gara molto difficile, perché si sviluppa nell’ambito di un’area geografica con molte valli, cioè in condizioni meteo che possono essere anche molto diverse. Le strade sono da molto veloci a molto guidate e “sporche”. Il ritmo di gara è fondamentale


Il “Cavallino”, la prova di domenica. Perché è considerata pericolosa?
«Perché è una strada molto stretta. In certi punti tocchi gli specchi retrovisori sia a destra che a sinistra. E poi perché è piena di tagli, e “sporca”, poiché è una strada che viene aperta solo in questo periodo, e se ho ben capito d’inverno rimane quasi sempre chiusa. Il suo asfalto è molto “rotto”, insidioso, e nella storia del 1000 Miglia ha dato vita a molti colpi di scena».

L’angolo di storia. Un aneddoto della tua esperienza al 1000 Miglia.
«Due episodi in particolare. Anno 2000. La battaglia con Andrea Dallavilla. Tutti e due con una Subaru WRC. Abbiamo lottato per la vittoria per tutta la gara, dalla prima prova all’ultima, tenendo un ritmo altissimo. Anno 1998, con la Megane, 7 secondi di limitatore inserito a 226 chilometri all’ora nel tratto velocissimo. Mauro Nocentini, rileggendo la telemetria, mi diceva che ero matto, ed io gli rispondevo che non ero io, era la macchina che poteva raggiungere quella velocità!».

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