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Al Rally del Ciocco e della Valle del Serchio, prima tappa valida per il Campionato Italiano Rally andata in scena lo scorso weekend, abbiamo incontrato Cesare Fiorio, fondatore della HF (High Fidelity) ovvero il reparto corso della Lancia e vincitore di 10 titoli mondiali costruttori (7 con Lancia e 3 con Fiat).
Qual è la tua opinione sul Campionato Italiano Rally di oggi e perché sei qui al Ciocco?
«Il Campionato Italiano Rally ha una grande tradizione, che data sin dai tempi in cui con la Lancia avevamo fatto diventare grande la Specialità in Italia. A quel tempo, i Rally avevano da noi una popolarità che oggi, purtroppo, non ha più lo stesso riscontro, anche se adesso mi pare che il trend sia in netta risalita».
«Detto questo, diciamo anche che è un Campionato che vede impegnate molte Marche di costruttori che non sono italiani, e questo è un male per il Campionato. Non per le marche impegnate, certo, ma per il fatto che la presenza del costruttore nazionale è anche sinonimo di maggiore attenzione da parte del Pubblico, dei Media, che naturalmente il costruttore nazionale coinvolgerebbe maggiormente. Senza contare che quando c’era il costrutore nazionale non ce n’era per nessuno, dai tedeschi ai giapponesi, quando correvamo noi erano tutti dispersi. Sarebbe bello che ci fosse ancora, perché questo consentirebbe anche di rilanciare a livello Mondiale i Piloti italiani, senza i quali è evidentemente più difficile coinvolgere il grande pubblico».
“Quando all'interno del CIR c’era il costrutore nazionale non ce n’era per nessuno, dai tedeschi ai giapponesi, quando correvamo noi erano tutti dispersi”
«Questo è il quadro che vedo io. Per contro, la ragione per cui sono qui. Il Team Skoda Italia è un Team giovanissimo, è nato praticamente lo scorso anno per la volontà di Umberto Scandola, che ha coinvolto mio figlio Alessandro, che svolge funzioni varie a livello di direzione sportiva, e quindi anche me. Siccome la passione per questo mondo è qualcosa che uno non riesce mai a togliersi di dosso, ho accettato molto volentieri. Anche perché è un Team giovane, simpatico, le macchine sono performanti, Umberto è un Pilota di primo livello, che meriterebbe anche una chance internazionale che speriamo che la stessa Skoda sia in grado di dargli. E dopodiché eccoci qua».
Non mi pare propriamente automatico essere un buon Pilota italiano e fare di conseguenza il salto. Cosa ci vuole per farlo?
«Innanzitutto ci vuole la possibilità di correre. Quando c’era la Lancia, la Marca metteva in piedi anche dei Campionati promozionali per i giovani, come i Trofei A112, Uno, e ai vincitori di questi Trofei veniva data sempre la possibilità di gareggiare. Perché non è affatto vero che gli stranieri sono più forti di noi, anzi, quando hanno avuto quel tipo di chance gli italiani hanno sempre saputo approfittarne vincendo anche dei Mondiali, vedi Munari e Biasion. Se nessuno li fa correre all’estero, invece, con le poche gare in Italia, e con poche possibilità per provare, è naturalmente tutto più difficile.»
“Non è affatto vero che gli stranieri sono più forti di noi, anzi, quando hanno avuto quel tipo di chance gli italiani hanno sempre saputo approfittarne vincendo anche dei Mondiali, vedi Munari e Biasion”
Diamo per favore un’idea della dimensione del Mito Cesare Fiorio. Vuoi ricordarci tre date, tre momenti indimenticabili?
«Più che i momenti, mi piace ricordare tre parti della mia vita. La prima è quella dei Rally e delle corse in pista con gli Sport Prototipi. Da questa parte di vita e di carriera ho portato a casa diciotto Titoli Mondiali, che è un record abbastanza solido e, diciamo, poco attaccabile. 15 nei Rally e tre in pista. Poi c’è stata l’epoca Ferrari. Sono stato responsabile della Scuderia per 36 Gran Premi, e in quel periodo abbiamo vinto nove volte, salendo ventotto volte sul podio. Abbiamo sfiorato il Titolo Mondiale, perso all’ultimo GP per il famoso incidente tra Senna e Prost, che se non ci fosse stato non so come sarebbe finita, ma probabilmente il Titolo lo avremmo vinto noi. Sono molto contento di quel periodo, perché una vittoria ogni quattro gare, e ventotto podi su 36, tenuto conto che nei dieci anni precedenti la Ferrari aveva vinto, mi pare, solo sei gare, è qualcosa da ricordare. Una bellissima esperienza!»
«Dopo c’è stata la parentesi di Destriero, con il record della traversata dell’Atlantico, tutt’ora imbattuto, e quindi sono tornato in Formula 1 con la Minardi e infine con Ligier. Con quella “Squadretta”, sulla carta da ultima fila, abbiamo ottenuto dieci podi e vinto il Gran Premio di Montecarlo che, insomma, è pur sempre il GP più importante. Tutto questo con una Squadra che aveva 70 persone di organico, quando i top team potevano contarne 400, e budget in proporzione. Anche quello è stato un periodo felice della mia carriera».
«Adesso sono qui con Skoda e cerco di aiutare questo giovane Team a crescere. E mi sembra che siano stati fatti passi da gigante, sia per la qualità del prodotto che per la bravura del Pilota, degli ingegneri, dei tecnici. Ai quali io cerco di dare un po’ di supporto, perché mi sembra che l’esperienza non mi manca!»