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Una pista d’altri tempi in Belgio, Zolder, tante belle Mercedes corsaiole classiche, vincenti nelle rispettive categorie a ruote coperte del passato e poi lei, una mitica 190 Evo II del 1990. Berlina ancora per poco under-30 dal nome globalmente noto ma rara, nello specifico la numero 387 delle 502 prodotte che, restaurata e messa a punto direttamente dalla divisione ufficiale della Casa che se ne prende cura, abbiamo potuto non solo rivedere con piacere ma soprattutto saggiare, in pista, insieme a un pilota di quelli che con Mercedes in quegli anni ha corso e anche vinto: Roland Asch.
Per chi non lo sapesse, questa particolare serie di 190 era non solo al tempo più raffinata tecnicamente e prestante, pur derivata dalla nota berlina, ma anche molto apprezzata oggi tra le classiche, con un esemplare simile a quello del nostro test battuto di recente a un’asta su cifra vicina ai 320mila euro. Nel suo nome (190E 2.5-16) la caratteristica distintiva: sotto il cofano vanta un potente quattro cilindri benzina 2,5 litri 16 valvole con distribuzione a catena e iniezione elettro-meccanica, sulla cui origine e preparazione iniziale (nelle versioni non omologate, di uso gara) al tempo si alimentarono varie discussioni in merito a porzioni di DNA non 100% tedesco. La storia ci consegna però una vera Mercedes da uso in pista e che Mercedes: la capostipite. In quest’auto è maggiore la cubatura rispetto al precedente motore 2.3 in uso fino al 1988, ma inferiore la corsa, per farlo “girare” bene agli alti regimi. 235 i cavalli disponibili che danno una velocità massima di 250 Km/h e accelerazione 0-100 in 7,1 secondi. Lo schema classico per la Casa vedeva motore davanti e trazione dietro, qui con differenziale autobloccante (fino al 75%) e poca elettronica, magari combinata all’idraulica, comunque utile per la sicurezza quando in strada. I dischi anteriori salgono a 380 mm con pinze dedicate, dovendo girare spesso in circuito anche gli ammortizzatori (KW) e relative molle sono specifici per la Evo II. Il serbatoio ha capacità maggiore delle normali 190 e anche lo sterzo ha un differente rapporto, più diretto. La 190 Evo II della nostra prova è stata l’ultima di questa famiglia di 190 corsaiole, vicine al mondo delle gare come il DTM (di cui si aggiudicò il titolo) e iniziata con la prima 2.3 16v da 185 CV.
È lei, la nota e squadrata berlina serie W201 messa in commercio la prima volta nel 1982, ma molto diversa e arricchita di grinta rispetto alle versioni più ordinarie delle altre Mercedes 190. La 190 Evo II esibisce profili aerodinamici come si usavano al tempo, efficaci in quanto a penetrazione e carico, ma di taglio netto e parecchio appariscente alle estremità (talvolta fissati con ampia viteria in evidenza) carreggiate allargate e cerchi 18’’. Soprattutto il grande spoiler posteriore, regolabile. Era la più forte esteticamente quando passava per le strade, la più “tamarra” per qualcuno ma parlando di berlina Mercedes, il termine non può essere quello, soprattutto oggi che in chiave classic gode di rango ancor superiore, rispetto al fine di carriera dove certo il suo look non svettava su concorrenti più giovani.
Struttura, materiali e finiture della 190 standard del periodo, ma come da serio tuning (in questo caso ufficiale): alleggerimento dove possibile, con eliminazione di parti superflue e selleria da corsa, con volante e comandi utili a girare in pista, quali il pulsante di avvio motore e la leva del cambio, manuale a cinque rapporti (di tipo racing, con prima marcia in basso). Anche alcuni indicatori, analogici, sono aggiunti nella zona centrale per controllare i valori motoristici fondamentali in corsa. Il fondo scala dei giri è a quota 9000, il comfort in senso generale delle 190 normali, perso a fini corsaioli.
Entrare in circuito, con a fianco uno tra i più esperti piloti di quest’auto, di quelli che la hanno anche sviluppata nei test, è certo un aiuto ma non basta. La distanza tra questa 190 Evo II e alcune moderne vetture a declinazione pistaiola assistite elettronicamente è meno estesa di quanto non sia per le sorelle stradali, lontane un abisso, ma si sente tanto nel motore quanto nel telaio, spingendo forte. In primis il cambio, da gestire con alcune malizie per sincronizzare gli innesti usando rapidamente i piedi, non solo per la frizione. In gradito supporto, quasi sorprendente, l’agilità di questa berlina lunga oltre quattro metri e mezzo ma che pesa relativamente poco, 1085 chilogrammi. Il motore 2.5 16v, contrariamente ai fratelli stradali 8v del tempo, rende bene sopra i seimila con cambiate “comode” a 7500 giri. L’impostazione classica e datata, di un concept che in produzione serie mirava a tutt’altro, non nega certo a questa versione rimaneggiata appoggi o meglio salti sui cordoli, grazie alle sospensioni indipendenti. Controlli relativamente facili sapendoci fare e quella sicurezza di frenata data dall’impianto corretto in meglio. Zolder è pista non velocissima in assoluto per come evoluta in sicurezza nel corso degli anni ma impegnativa, che permette di saggiare le migliori doti di questa 190 Evo II con i suoi 235 CV, incluse anche le proprie necessità di guida “fisica” ma sempre sincera nelle reazioni e quindi divertente per un appassionato.
Ricordi del passato ma sensazioni vive e vivibili oggi, grazie alla divisione Classic di Mercedes-Benz che dona a questa 190 Evo II diversa dalle berline stradali, una grande godibilità pistaiola. Non a caso vinse in DTM e si cimenta anche in gare di endurance attualmente e non a caso è stata base, progenitrice, di molti modelli seguenti di successo per Mercedes, sviluppati secondo certe esperienze poi divenute impronta del marchio. Icona ben sfruttata dalla Casa, durante eventi dedicati, amabile per chi apprezzi quel periodo e le gare turismo dei tempi (ancora) d'oro. Non alla portata di tutti per il grande valore attribuito nel mondo heritage, più simbolico che tecnico invero.
Mercedes-Benz
Via Giulio Vincenzo Bona, 110
Roma
(RM) - Italia
800 77 44 11
https://www.mercedes-benz.it
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