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Mettiamo a confronto oggi due vetture che erano non solo note, ma per certi versi un riferimento sulle strade europee sino a 25 anni addietro, più o meno. Classiche berline tre volumi, non certo simili a quanto in voga nel 2017, sia per estetica sia per motorizzazione. In quel periodo d’inizio anni Novanta, le vendite nazionali di auto non avevano subito scossoni assoluti, ma cambiava la composizione di mercato con il sorpasso delle straniere sulle italiane, per poco, grazie ad alcuni nuovi modelli di cui parleremo prossimamente. Intanto venivano scontate per il classico italiano medio con famiglia, le oggi iconiche Alfa 75 (versioni ie o TS) ultime di una serie che ripeteva lo schema classico per il Biscione, in quanto a motore, trasmissione e trazione; come anche le tedesche Audi 80, che in quel periodo aggiornavano il proprio modello (da B3 a B4) senza però sconvolgersi nell’immagine e nel nome. Auto europee concepite nella prima metà degli anni Ottanta, oggi forse simili per qualcuno, vedendole come “vecchie berline Euro0”, ma ben diverse per l’automobilista di allora. Pensiamo a due versioni di buon livello, tra le ultime proposte prima di fine produzione, relativamente gratificanti per chi le poteva acquistare anche in prestazione, come: Alfa Romeo 75 2.0 Twin Spark e Audi 80 2.0 E 16V.
75 ****. Stretta parente, poiché erede, della longeva Giulietta nata negli anni Settanta, ma non troppo se vista da fuori, causa quell’onere di debuttare alla grande in occasione del 75-esimo Alfa Romeo. Soprattutto a livello d’immagine la 75 rispecchia le attese, staccando per modernità le progenitrici e guadagnandosi l’apprezzamento degli amatori Alfa anche fuori Europa. È Grintosa, relativamente tagliente, con profili ben più forti della tedesca e addirittura sottolineati, con quei bordi a contrasto della tinta carrozzeria, specie per i modelli di fine serie, maggiormente caratterizzati e spinti rispetto al debutto del 1985. L’italiana, che misura 4,33 metri in lunghezza, è meno “educata” e si fa notare parecchio nella sua versione restyling post-1988, rispetto alla rivale. Più maschile e anche giovanile, oltre che dinamica. Distintivi il taglio del “muso” più netto della Audi 80, come lo sbalzo della parte posteriore, con profilo orizzontale arancione o rosso secondo i casi a tutta larghezza, che si integra con i vistosi gruppi ottici trapezoidali a margine del paraurti, plastico. Plastiche anche le maniglie, come i sottoporta (in alcuni casi ben profilati aerodinamicamente) e terminale di scarico centrale: sono questi altri elementi distintivi che “condiscono” parecchio l’immagine di questa Alfa rispetto alla rivale Audi.
80 ****. Proporzioni similari, in quanto a volumi, ma forme ben più morbide per Audi 80 (B3). La tedesca non mostra spigoli vivi e non si propone come auto per appassionati della guida e dell’immagine sportiva tutta grinta. È più filante, sebbene qualche centimetro più lunga oltre che larga, più armoniosa e discreta potremmo dire oggi, ma anche meno fantasiosa con i suoi tagli smussati ovunque, al posto del tema a trapezio di Alfa Romeo. Maggiore però la disponibilità di finiture in tinta e volendo, di varianti carrozzeria (coupé o familiare, giunte però poco dopo l’uscita di scena della 75) migliore quindi anche la resistenza alla variazione di moda, già in quel periodo. I suoi tratti distintivi nel più freddo e scorrevole alla sguardo frontale, con i quattro anelli esposti e nei gruppi ottici posteriori, molto estesi orizzontalmente, con “targa inclusa” come Alfa 75, ma più razionali e uniformi alle morbide linee della carrozzeria. Similare la misura dei cerchi, 14’’ con qualche variante di stile coerente all’impostazione generale e il retrovisore destro più frequentemente incluso. Altrettanto vivaci alla 75, volendo, i colori carrozzeria.
75 ****. Anni luce verrebbe da dire entrando oggi nella Alfa 75, senza conoscerla e paragonandola magari (sbagliando) alla nuova Giulia. Era un’ottima berlina del periodo pensando a quando nata e, contrariamente a certe credenze, non invidiava troppo a una rivale di pari segmento come la Audi 80. Lo spazio era coerente al tempo, come l’ergonomia: nulla di esageratamente confortevole ma nemmeno sacrificato, pensando alle taglie forti. Come postura guida, da vera Alfa Romeo, ci si poteva sentire più “piloti” ma lievemente meno rilassati che sulla rivale. Tra le sue doti non popolari in precedenza, nuove regolazioni sedile e volante (assiale). Presente poi quel freno di stazionamento “grande” perché rompeva gli schemi del passato passando dalla classica forma allungata da impugnare, a quella tipo maniglia molto larga, con presa orizzontale. Un volante a tre razze, molto semplice come la strumentazione, ampia, squadrata e visibilissima. I comandi leggermente più dispersivi di Audi, con tasti ai lati volante, clima su ampie manopole centrali e autoradio molto in basso, fronte leva cambio. Il tutto è però lievemente più orientato verso il conducente, enfatizzando il ruolo primario di chi guidi. Nel bagagliaio, non praticissimo da gestire, 500 dm3 erano però più che adeguati, per una tre volumi di quelle misure, superiori alla rivale. Altra piccola chicca al debutto, rispetto al passato, il cassettino fronte passeggero “mimetizzato” posto sotto uno spazio aperto, che la rivale non possedeva.
80 ***. Era nata nello stesso periodo (1986) la Audi 80 B3, non possedendo doti premianti rispetto all’italiana, in quanto a vivibilità e spazi, anzi. A parte qualche centimetro posteriore, il volante con quattro piccole razze e la strumentazione sempre analogica ma più razionale nella disposizione spie, il resto non era migliore della rivale Alfa Romeo. Il bagagliaio più piccolo, con 425 dm3 (esistettero due opzioni per la ruota di scorta) e l’impostazione di guida meno aggressiva, lasciano alla Audi 80 pochi vantaggi rispetto alla rivale, se non per la razionalità dei comandi, meno dispersivi che su Alfa 75: una fila di tasti centrali sopra l’autoradio, in posizione più alta e quindi le similari manopole clima, con piccolo spazio in più nel vano centrale. Differenza nella leva cambio, qui molto più minuta e “corta” e nella sensazione di avvolgimento centrato, dato sia dalle linee curve della plancia, sia da alcuni dettagli come il maggior numero di bocchette areazione (verticali, contro le orizzontali Alfa 75). Per aprirla, le maniglie erano a movimento verticale, allungato, contrariamente a quelle 75 da manovrare con un movimento che coinvolgeva maggiormente il pollice.
75 ****. Vale anche per quello che ha sotto il vestito e rappresenta, la 75, almeno per noi italiani e per chi segue il brand milanese. È stata l’ultima a mantenere uno schema tecnico tipico per il Biscione, con motore anteriore longitudinale, trazione e cambio posteriori e quelle sospensioni al retrotreno. Uno schema che nelle sue pur limitate varianti, motoristiche, potrebbe riempire volumi di passione nazionale per la sua gestione e messa a punto. Rimanendo nelle versioni oggi “under30” il mitico primo 2.0 Twin Spark 1962cc iniezione è un motore che più di altri segnò l’abbandono dei carburatori Dellorto 40 alimentazione singola, facendo parlare della doppia candela di accensione per cilindro e delle prestazioni, crescenti. Non è che fosse tanto più raffinata della concorrente invero, usando analoga tecnologia, però più personale e curata nelle soluzioni (su tutta la gamma, contrariamente alla Audi 80) e magari “richiedeva” una certa attenzione al conducente (quasi sempre uomo) che volentieri gliela dava, come a una compagna. La solidità non le mancava, Serbatoio da 49 più otto litri con rifornimento a destra, per una massa solo di poco inferiore alla rivale che gli concede un miglior rapporto peso / potenza (7,57 Vs 8,35).
80 ***. Se la 75 è tutta Alfa, la 80 è già un po’ Volkswagen. Il suo pianale ospita motore e trazione anteriori, in questa generazione che consideriamo ci sono solo piccole porzioni del DNA Audi “evoluto” come lo si veda oggi. Meglio messa in quanto a resistenza contro infiltrazioni e corrosioni, la tedesca, non aveva nulla di esasperato e sarà poi solo con l’aggiornamento B4 (concorrente della 155, più che dalla 75) che segnerà il passo verso sigle note come RS o Quattro. Intanto, nei primissimi anni Novanta, terminava la sua carriera come la Alfa 75 pagando all’italiana in termini di brillantezza, di accelerazione e ripresa, ma non in allungo. Già perché pensando alla 2.0 E 16v, che era un po’ il top per quella generazione Audi 80, con quasi 140 CV la tedesca non era lontana, contrariamente alla maggior parte delle sue altre motorizzazioni. La sua vocazione al viaggio, allora non preoccupante per i costi carburante, si esprime anche nella maggiore capacità serbatoio, 68 litri con bocchettone sempre a destra. L’elettronica del motore, come pochi anni prima l’alimentazione a carburatore, era meno evoluta che per l’Alfa 75, soprattutto per i quattro cilindri di accesso e media gamma (spesso mono-iniezione, di vari step, Jetronic e similari, contro la Motronic multipoint Alfa). Similarmente anche i freni posteriori erano più frequentemente a tamburo. Peso 1170 Kg, qualche decina di chili più della concorrente italiana.
75 ***. Non ci si poteva lamentare, al tempo, della Alfa 75 qualora presa in una delle versioni “giuste”. L’auto aveva persino il Check-control, un piccolo elemento dotato di mini spie, a segnalazione di apertura portiere e allarmi di vario tipo un tempo non presenti. Morbida e ben rivestita, anche più della rivale pensando ai tessuti delle portiere e la tappezzeria genericamente più “calda” per l’italiana, persino nei piccoli vani oggetti. Dentro era meno cattiva che fuori, ma non certo spartana, specie per alcuni dettagli graditi, come la forma dell’accendi sigari. Opzionali però aria condizionata e vetri elettrici posteriori, per citare due elementi importanti anche su un modello base.
80 ****. Poteva avere il servosterzo, genericamente negato all’italiana, salvo alcune versioni evolute a fine carriera e proponeva non tanto assemblaggi quanto materiali di contatto e potenziale usura maggiormente affidabili sul lungo periodo, piuttosto che quando sottoposti a climi difficili. Anche per le dotazioni, la B3 era poco più avanti della rivale, in alcune versioni ma genericamente meno di una Audi come la s’immagina attualmente (senza conoscerne la storia, ndr). Invero in quanto a finiture ed efficienza nel tempo, la qualità non mancava ed è lì che, usandola per molti anni e in ogni condizione, si può scoprire come la tedesca aveva maggiore efficienza per aspetti come visibilità, rumorosità resistenza all'abrasione e soprattutto fruscii, o appannamento.
75 ****. L’aspetto guida era il tipico fattore premiante di Alfa Romeo, allora maggiormente tenuto in conto, oltre che diffuso a pieno e apprezzato, in tutti i suoi modelli. La 75 teneva fede alla grande, superando anche le sorelle maggiori, relativamente a feeling guida. Forte delle sue motorizzazioni prestanti (e non parliamo, per questa volta, dei mitici sei cilindri o del turbo) si sfioravano i 150 CV dati abbastanza in alto per fare uno 0-100 Km/h in poco più di otto secondi e superare i 200 Km/h, con l’allora innovativa Twin Spark. Un’auto che si faceva maltrattare ben resistendo, anche se rispetto alla tedesca qui era più “realizzabile” non solo il classico (e stupido, se non fatto in luoghi consoni) traverso, ma purtroppo anche una sbandata con “culo” che partiva senza volerlo, pur meno di alcune precedenti Alfa. In viaggio altra connotazione tutta Alfa: oltre il rombo meno educato dell’Audi, anche quella quinta marcia “di potenza” per andarci sì al mare, ma “guidandola” in ogni istante e mai facendosi trasportare.
80 ***. La differenza maggiore per la tedesca era qui. Macroscopica, come forse oggi non capita più, per omologazione di scelte tra concorrenti ma soprattutto per le assistenze elettroniche alla guida. Sulla 80 la parola sottosterzo è più adeguata, con le tipiche sensazioni di una trazione anteriore, ma soprattutto anche le altre condizioni critiche di guida sono nel caso più gestibili. Non perché allora si andasse in strada a fare “i numeri” ma perché le reazioni delle vetture dipendevano unicamente dai comandi umani, ovviamente 100% manuali. La meccanica tedesca quindi si tramutava in un’auto meno divertente, ma più neutra e confortevole per viaggiarci, parlando d’impegno (relativo) nel gestirne volante e cambio. Oltretutto non meno veloce in assoluto, superando i 200 Km/h grazie all’allora nuovo 16V 1984cc. Certo, accelerazione e ripresa, come godibilità di guida sportiva, la vedevano indietro. Per certi parcheggi non era facilitata dalle misure, rispetto alla 75 (qualche cm anche in passo ruota) però il servosterzo di serie la avvantaggiava rispetto a parte delle prime versioni Alfa 75.
75 ****. Un listino equivalente oggi in euro di 14.606, per la 75 Twin Spark 2.0 (circa 1.500 in più di una normale 1.8 ie) che costava meno della berlina tedesca. I consumi da tipica vecchia Alfa? Beh, al di là dei valori dichiarati, specie con il piede poco leggero del tipico “alfista anni Ottanta” senza una frequente messa a punto, era difficile che la 75 non patisse maggiori costi carburante, specie in città. La manutenzione poi, gestibilissima ovunque in Italia, aveva una sua onerosità anche parlando della versione iniezione infinitamente meno soggetta a ordinaria cura per l'impianto di alimentazione (quando erano i vecchi carburatori). Il quattro cilindri italiano qualche impegno lo dava sì, ma non superiore di tanto alla rivale anche meccanicamente, anzi, avvantaggiata qualora capitino manutenzioni straordinarie da sistemi più popolari (come la gestione motore Motronic ML4). Si spendeva qualcosa in più spesso per la cura maniacale tipica dei suoi proprietari, per le otto candele al posto delle classiche quattro (Lodge 2/25HL) quando capitava, ma risparmiando parecchio nelle revisioni e in certe messe a punto non sempre all’acqua di rose (come per le partenze a caldo) dei vecchi carburatori. Dal punto di vista telaistico l'Alfa 75 non ha riservato cattive sorprese a lungo termine, per manutenzione straordinaria, salvo forse qualche inferiore tenuta con i materiali di usura o di giunzione ma, contrariamente allo stereotipo creatosi, nel caso specifico erano più piccoli dettagli rumorosità o imperfezioni di funzionamento, che veri guasti, a penalizzare l'italiana. Fronte usato, le quotazioni di molte Alfa 75 nel lungo termine sono divenute buone, rispetto al costo da nuova, grazie al popolo di amatori Alfa Romeo e al suo ruolo, molto più significativo di quello della concorrente.
80 ***. 16.730 euro odierni, rapportati al listino della Audi 80 E 2.0 16v quando uscita. La tedesca costava circa il 15% in più dell’italiana, con dotazione solo lievemente superiore, dovendo aggiungere il clima, al modello base. Favorevoli i consumi, pur se dichiarati molto simili (6 l/100 km nel misto) ma non era troppo importante al tempo, pensando al costo carburante, per questa 2.0 16v (contrariamente alle sorelle minori, avvantaggiate maggiormente) con impianto di iniezione sempre Bosch ma lievemente meno moderno di quello Alfa. Nell’insieme non era più avanzata come vettura e quindi meno soggetta manutenzioni critiche, dell'Alfa 75; però sostanzialmente qualche piccolo vantaggio lo concedeva limitandosi alla manutenzione ordinaria, sebbene qualora capitasse qualche regolazione importante, anche lei non era indenne da costi al tempo "inediti" vincolando per le prime volte alla rete di marca. Mediamente svantaggiata (salvo versioni particolari, in genere B4) in quanto a rivalutazione a lungo termine: oggigiorno infatti sono molto meno popolari e ambite le Audi 80 delle Alfa 75.
75 *****. Era un’Alfa che si trovava anche in pista, nelle versioni sei cilindri e sovralimentate magari, pur se non ha raccolto i successi internazionali che avrebbe potuto ottenere. Soprattutto è stata vettura di molti enti e delle Forze dell’Ordine. Le sue versioni più cattive (3.0 V6 o 1.8 T) rimangono ancora oggi ammirate, specie da chi al tempo era bambino, anche se onestamente, qualche limite di comfort e onere di gestione lo avevano. A livello sociale, pur con i loro limiti, tutte le 75 sono auto che accendono i ricordi per gli italiani, che le abbiano possedute o solo provate, piuttosto che viste. Il suo ruolo è molto più centrale e attivo rispetto alla tedesca. Ricordi magari un po' sbiaditi per chi non abbia una certa età, riferiti spesso all'automobile di famiglia o comunque molto maschile di un uomo che specie quando l'auto era a inizio carriera, veniva additato come automobilista italiano "capace di guidare" quella automobile, che qualche impegno lo richiedeva quando il fondo non era dei migliori e qualche rischio lo lasciava, specie nelle versioni più prestanti. La 75 a volte un po' presa in giro quando andata in pensione, è rimasta apprezzata nel lungo termine, per vivere oggi una diversa giovinezza come icona di un tempo passato. In realtà non era la più raffinata e nemmeno innovativa, rispetto ad altre Alfa prodotte nel secolo scorso, ma con lei tanti adulti di oggi sono andati in vacanza o a passeggio da bambini e hanno sentito il rombo di un quattro cilindri diverso da quello odierno, ascoltando magari anche di qualche piccola difficoltà tecnica, una storia tutta tricolore che univa Nord e Sud, pur se viene prodotta nella parte settentrionale del paese (per andare in tutto il mondo, States inclusi con le note edizioni Milano o America). Tra le promozioni pubblicitarie, i suoi spot cartacei o televisivi puntavano soprattutto alla tecnica Alfa Romeo, inizialmente per sottolineare la qualità di guida, solo infine con accenni all’elettronica. Discorso a parte il mini-film che vi proponiamo, dove la nuova 75 gira nei set cinematografici di cinecittà.
80 **. L'Audi 80 ha avuto un ruolo popolarmente e socialmente meno condiviso di quello di Alfa 75, in Italia. Un’auto meno appariscente, meno diffusa, apprezzata per pulizia d’immagine e riconosciuta di un certo lusso, ma meno iconica del periodo. Un po' più signorile forse nei ricordi, maggiore con le prime versioni familiari (B4) e ruolo più anonimo nel Bel Paese, quello tedesco di quegli anni. Socialmente qualche ricordo di famiglie anche straniere, che venivano in Italia, ma non certo lo spazio nella cinematografia (con ruolo di auto spesso dei "cattivi") della rivale. Le sue campagne promozionali puntavano a distinguerla dalla massa, per classe, in modo più o meno serio, segnalando le effettive qualità tecniche superiori alla media, come zincatura e servosterzo solo a parole e quindi con impatto meno colorito e movimentato di quello Alfa Romeo.
La sommatoria delle valutazioni qui considerate, porta a un vantaggio per la nostrana dal cuore sportivo. Difficile non cederle, da italiani o da amatori oggi: è l’ultima Alfa Romeo di una stirpe, oltre che di una gestione. Dopo averla in uso quale singola auto per qualche settimana però, paragonandola alla meno emotiva tedesca, si può scoprire che anche l’Audi 80 aveva i suoi pregi al tempo, meno esposti ma sensibili. In termini di guida la 75 era una vera Alfa, quindi leggermente più impegnativa, leggermente più rischiosa (su fondi difficili, non da tutti per andarci forte come spesso si voleva pensare associando il Biscione e la grinta di questa macchina a un conducente cui piacevano certe sensazioni, da pedaliera e sterzo). In termini di affaticamento e comfort viaggio, l’italiana paga qualcosa alla tedesca, però la prestazione la vede avvantaggiata. Chi non voleva certi fragori e non ambiva a correre, trovava in Audi 80 una berlina più equilibrata e meno critica, per viaggiarci, più apprezzabile nel medio termine. A questo link, le due schede modello affiancate sullo strumento di Confronto Automoto.it.
Alfa Romeo
Corso Giovani Agnelli, 200
10135 Torino
(TO) - Italia
800 253 200
https://www.alfaromeo.it/
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