WRC 2021. Kenya. Leggenda Safari Rally Vive. Ricordi forti

WRC 2021. Kenya. Leggenda Safari Rally Vive. Ricordi forti
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Tiziano Siviero e Miki Biasion hanno vinto due volte il Safari Rally, in quei due anni in cui hanno conquistato il Mondiale. Oggi a spasso per le stesse strade del Kenya. Tentazione di dibattito infinito è forte, ma resistiamo. Però… raccontaci!
23 giugno 2021

Nairobi, Kenya, 22 Giugno. Già atterrare dal cielo del Kenya fa un certo effetto. Hai volato tutta la notte, ti sei lasciato alle spalle tempeste elettriche furibonde nel buio squarciato dai fulmini, ma prima ancora della temperatura, ora che sei a terra, respiri l’atmosfera.

Dibattito infinito. Ordine del giorno: il Kenya Safari di oggi non è quello di venti, trent’anni fa. Non la smettono più di fare confronti, di chiedersi se il Safari di oggi merita il nome di ieri. Non è materia che ci avvince. Tempo perso. Neanche noi siamo gli stessi di trent’anni fa, ma siamo ancora noi. Neanche la Bellucci è la stessa del secolo scorso, eppure, come dice Paolino, Monica emana lo stesso, potentissimo fascino. Il tempo cambia inesorabilmente un sacco di cose, ce ne accorgiamo camminando, ma non l'anima, la nostra e di quelle cose, che è inossidabile e senza tempo.

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Il Kenya di oggi è allineato ai Rally WRC del momento. Trecento chilometri cronometrati in tre giorni, tutto intorno al Naivasha, pochi preliminari, molto pathos agonistico. Dieci giorni in tutto e se la cavano, e in quei tre giorni fanno vedere comunque e immancabilmente cose straordinarie. Era dieci volte tanto, 3-4-5.000 chilometri dai confini con l’Uganda all’Oceano Indiano di Monbasa, era un colossal sportivo che valeva una stagione, come un'olimpiade, una carriera.

Neanche Miki Biasion e Tiziano Siviero sono gli stessi del 1988 e del 1989, i due anni in cui gli Autori leggendari del fantasmagorico bi-Mondiale hanno vinto anche questa “Coppa Rimet” del WRC. Eppure Miki e Tiziano oggi sono ancora lì, su quelle stesse strade dritte come fusi o contorte dentro e fuori la savana, improvvisamente allucinanti di laterite rossa, sono lì non per ricordare ma per capire cosa sono oggi quelle autostrade di polvere. “Sono la stessa cosa, le stesse strade, stessa “volubilità” e stesse trappole!” – Dice Tiziano Siviero.

Ho una grande, enorme stima per entrambi, ma per Tiziano ho una sensibilità particolare. A volte mi sembra che pensiamo allo stesso modo, che continuiamo a sognare di passione sulla stessa lunghezza d’onda. La differenza è che lui la realizzato una bella serie di sogni straordinari, io… un po’ meno, ma ci rifaremo.

Tiziano era lì ieri ed è lì oggi, la tentazione di farci raccontare è irresistibile.

“Io vedo, intanto, delle analogie. In Kenya è il solito “bordello”, traffico, animali per la strada, in attraversamento improvviso e costante, una vera lotteria. L’atmosfera anche, la solita, affascinante atmosfera. E vorrei aggiungere una cosa, se non certa almeno probabile. Piloti, Navigatori, Manager, forse tutti si aspettavano strade “lavorate”, magari levigate, insomma “attualizzate” e allineate con le usanze del WRC moderno. Invece Miki e io abbiamo constatato che le strade sono “rotte”, “bucate” come 30 anni fa. La domanda sorge spontanea: riusciranno le WRC attuali a superare la prova, a resistere? Una cosa ve la possiamo dire: le “vecchie”, la nostra Delta Integrale compresa, queste strade non avrebbero potute farle a manetta. Vediamo cosa sanno fare le nuove WRC. magari sono dei carrarmati e tengono aperto dall’inizio alla fine. Ma è da vedere!”

Dai, raccontaci l’emozione più forte, o una delle, dei vostri Safari Rally…

“Bisogna ricordare che trent’anni fa vincere un Safari Rally era come vincere la Dakar oggi. C’era chi si preparava tutto l’anno, tecnici che praticamente vivevano in Kenya raccogliendo dati e immaginando, elaborando e provando soluzioni. C’è anche chi è arrivato al WRC solo per il Kenya, vedi Toyota, e solo in un secondo momento, già che c’era, ha esteso la propria partecipazione. In questo contesto da sfida massima molti avevano già azzardato il disegno del nostro destino: “Non vinceranno mai un Safari Rally!” Grazie per la fiducia.”

E invece?

“E invece vincemmo. Io avevo rotto due vertebre in Svezia e quindi saltato il Portogallo. Con Miki era andato Cassina, ma in Kenya volevo esserci. La mia colonna vertebrale era un arco di fico, come si dice da noi, ma al Safari ci tenevo troppo e sono tornato in Macchina con Miki. A un certo punto ci schiantiamo contro una zebra materializzatasi improvvisamente sulla strada. Quella se ne va bel bella e noi lì, inchiodati a guardarci negli occhi colmi di interrogativi. Avevamo paura di aver compromesso la Macchina. La “Deltona” aveva radiatori e tubi dappertutto, tutto il carico possibile in liquidi per tenere bassa la temperatura del mostro. I nostri controlli non potevano essere accurati. Per fortuna passò sopra di noi l’elicottero. Scese e passarono in rassegna tutta la Macchina. Quando ci dettero il via libera erano passati solo un paio di avversari. E vincemmo!”

Insomma, ci sarà pure qualcosa di tremendamente diverso…

“Certo, eccome. Quel che voglio dire è che l’anima del Safari Rally è sempre lì, dietro l’angolo anche di questa versione “light”. Quando si correva il “nostro” Safari c’erano cose particolarissime. Per esempio quei 15-16 libri di note che riempivamo (oggi sono 1 o due al massimo). Spesso una via “A” e una via “B” sullo stesso punto, quella buca poteva benissimo essersi spostata, per effetto del passaggio della circolazione sulla strada alluvionata, da sinistra a destra o viceversa, e magari essere diventata una voragine. Quando pioveva, magari era per poco ma con una violenza inaudita. Leggevi pozzanghera e ti trovavi davanti un guado da scendere e sondare con il bastone. Pare che quest’anno, stando alle previsioni, potrebbe non piovere. Non sanno cosa si perdono! E gli animali. Adesso mi suona strano che non si pensi a fissare dei bull-bar davanti alle macchine. Gli animali ci sono, e arrivano, attraversano, sbucano dalla savana e si fermano lì, davanti al parabrezza! E poi c’è un’altra cosa che non è confronto tra vecchio e nuovo, bensì realtà da scoprire. La polvere la conoscono, anche il nostro Italia Sardegna si può correre passando da una nuvola di polvere all’altra. Ma qui c’è il fesh-fesh. Forse qualche “Dakariano” di passione o competenza, ma gli Equipaggi che corrono i Mondiale oggi non sanno cos’è la maledizione del fesh-fesh!”

E allora ve lo diciamo noi cos’è il fesh-fesh. È quella polvere di terra argillosa sedimentata dalle piogge e “macinata” dal passaggio dei pneumatici, che livella buche e spaccature del terreno rendendolo apparentemente “passabile”, ma esplodendo in nuvole impenetrabili capaci di ingoiare un incrociatore. Quando poi tornano all’origine, è materiale ancora più fine. Dunque, questa volta e per favore, non ricominciamo a piangere l’Ogier apripista!

 

© Immagini -Toyota TGR-DAM - Red Bull Content Pool – Hyundai Motorsport

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