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Marmaris, Turchia, 14 Settembre 2018. Si stanno sprecando luoghi comuni ed esagerazioni. Né gli uni né le altre riescono a descrivere il Rally Turchia del ritorno nel Mondiale in maniera corretta. Eppure, il Rally è proprio tremendo ed esagerato, solo che non lo è in maniera clamorosa. Al contrario, la logica spietata del Rally dichiaratamente, “riconosciutamente” durissimo si esprime in un fantastico equilibrio di azione e risultati, con alti e bassi prevedibilmente esaltanti, deludenti ma non “ingiusti”, mai di rapina o a tradimento.
Il risultato alla fine della prima Tappa produce un equilibrio da sogno nel duello di cartellone tra Neuville e Ogier. Tre decimi di secondo a favore dell’Ufficiale Hyundai, ma il primo ad aprire il fuoco è stato il Pilota Ford M-Sport, all’inizio del secondo giro del venerdì. Neuville ha risposto all’attacco immediatamente, e il livello della disputa è salito immediatamente di tono, mortificando gli sfortunati protagonisti della prima ora, Breen e Mikkelsen, che si erano impadroniti delle prime azioni del Rally, il pilota Citroën andando a segno nella più lunga Speciale del Rally, la lunghissima Cetibeli di 38 chilometri, il norvegese di Hyundai proponendo una visione più sobria e controllata della strategia, eppure ancor più redditizia.
Era solo l’inizio della battaglia, schermaglie di fanteria prima dell’ingresso sul terreno dei mezzi pesanti. Si erano sorpresi non tanto dall’inedita incisività del britannico alla corte di Satory, e non troppo dalla redditività del norvegese al servizio del Barone di Alzenau. Abbastanza dalla decisa competitività della C3 WRC e niente affatto dalla confermata regolarità di funzionamento della i20 Coupé.
Decisamente sorpresi, quasi offesi, sì, dall’intollerabile latitanza delle star sul palcoscenico lussuoso del Rally delle Pietre che, come abbiamo già detto, si annunciava come il più bello dell’anno prima ancora di dare prova della propria esistenza. Stai a vedere che diventa il Rally degli outsider, degli inediti, che paghi il biglietto di prima fila per uno spettacolo di secondo livello. L’abbiamo pensato, ma giusto per dare prova di insoddisfazione e di mancanza di affetto per questo inizio.
Non c’era Neuville, non c’era Ogier e, questo sì è davvero strano, non c’era Tanak. Metà della prima Tappa se n’era andata, in testa erano stati Breen e Mikkelsen, Neuville era solo quarto, Ogier tristemente settimo, Tanak addirittura irriconoscibile al nono posto con 30 secondi di ritardo.
Va bene, Neuville era stato svegliato da un allarme incendio e aveva dovuto evacuare l’hotel, poi non aveva gradito la fortuna di aprire la strada su quel biliardo impalpabile di polvere, e nel finale del giro non riusciva a “sentire” la macchina. E bene pure che Ogier avesse preso un bello spavento iniziale per finire in un attacco di claustrofobia rinchiuso nella nube di polvere dell’avversario. Tutte cose che possono capitare, e che possono tipicamente amplificare la latenza della reazione.
Niente affatto bene che mancasse all’appello il miglior Tanak, soprattutto dopo i due spaventosi episodi di cui era stato protagonista in Finlandia e Germania, trincerato dietro a scuse di polvere, inconsistenza di trazione della Macchina sulla terra finissima e alla fine quasi rinunciatario.
La verità è che nessuno dei tre si è sentito di rischiare e di andare all’attacco nel corso del primo giro. Una tattica ragionevole per Neuville e Ogier, che in qualche modo sono obbligati a navigare a vista controllandosi a vicenda come in una regata, un po’ meno per Tanak che dovrebbe approfittare di ogni varco possibile per avanzare e prendere in mano la situazione. Però la Turchia non è la “situazione”, non lo è sul fronte dei rischi che presenta sin dalla vigilia.
Che fosse tutto una mezza sceneggiata lo si è visto subito dopo, all’inizio del secondo giro. Ogier parte a sorpresa e sferra un attacco micidiale. Stacca la muta, una bordata da venti secondi per Neuville e Tanak sulla seconda Cetibeli. Neuville si stizzisce e non fiata, ma risponde alla stessa maniera andando a vincere la successiva Ula, un po’ meno lunga; un po’ meno sorprendente che il belga abbia voluto rispondere per le rime al francese. Di fatto il duello torna d’attualità, Neuville e Ogier si riavvicinano, Breen è divorato dalla sfortuna e solo Mikkelsen resiste ancora, il suo vantaggio tuttavia ridotto a una miseria.
Il giro delle sveglie si completa con l’ultima Speciale del giorno, la Cicekli 2 di dodici chilometri e mezzo, quando anche Tanak si toglie il pigiama e vince la sua prima Prova del Rally.
Il cerchio si chiude, Mikkelsen si fa da parte con le gomme finite, Neuville va in testa e Ogier lo segue con il fiato sul collo, appena tre decimi di secondo tra i due.
Mikkelsen conserva un posto sul podio, davanti a due Toyota, Latvala a tiro. Tanak, che non è riuscito a portare a terra correttamente la potenza della Yaris WRC se non modificando radicalmente il modo di guidare nell’ultima, meno “rude” Speciale, è atteso per sabato, dopo che sarà riuscito a modificare adeguatamente le regolazioni della Macchina. In fondo, con quello che l’estone ha fatto vedere nei due Rally di mezza estate, i trenta secondi da recuperare non possono certo essere considerati un dramma, soprattutto se Neuville e Ogier dovessero trovarsi a fare melina per non cadere nelle trappole del Rally Turchia.
Guarda te cosa è successo nella WRC 2! Verrebbe da dire che le R5 sono macchine deboli, che i piloti siano troppo inesperti e poco accorti, o che vadano allo sbaraglio alla ricerca del gollazzo con pochi jolly nelle loro mani. In realtà le R5 sono belle, veloci e spettacolari, ma corrono sul campo di battaglia disastrato dai panzer, ed è massacro. Guai a non finire per tutti, Kajetanowicz, Tidemand, Heller, Tempestini, Ingram, Kopecky, e alla fine la prima R5 è la Fabia “fuori concorso” di Henning Solberg, decimo assoluto.
Solo l’inizio.
Foto: Manrico Martella, Elisabetta Pretto, Nikos Mitsouras, PURE WRC AGENCY