WRC18 Monte-Carlo. È subito Ogier (Ford M-Sport)… ma col brivido

WRC18 Monte-Carlo. È subito Ogier (Ford M-Sport)… ma col brivido
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L’inizio del Mondiale 2018 porta già la firma del Fuoriclasse del nostro tempo. Sebastien Ogier e Julien Ingrassia partono “a fuoco” e mettono subito strada, e ghiaccio, e neve, tra la Fiesta M-Spot e gli Avversari
26 gennaio 2018

Gap, 26 Gennaio 2018. Una doppietta. La doppietta di Sébastien Ogier e Julien Ingrassia, penta-Campioni del Mondo targati e ri-targati M-Sport, nel dettaglio Ford Fiesta WRC+. Si inizia la stagione 2018 partendo dal sigillo posto a fine 2017 da quell’accoppiata, Ogier-Wilson, imbattibile e da capogiro, sensazionale forma evidente di un’annata dei record e della Storia.

La doppietta arriva sulle prime due Speciali del Monte-Carlo 2018, 86° della serie storica, sui 62 chilometri della prima Tappa in notturna che, improvvisamente e senza alcuna indulgenza, consente al Mondiale 2018 di irrompere in una realtà dal quotidiano difficile, durissimo. Sono la Thoard-Sisteron di 36 chilometri in “reverse mode”, e la Bayons-Brezières, di 25. Tutto di notte, tutto d’un fiato e con il cuore in gola. Asfalto che tiene, ma anche neve, ghiaccio, le tradizionali insidie del “Monte” che si presentano nella loro forma più… agghiacciante a Piloti, Team e Macchine. In verità, vittime dell’impazienza generale di inizio anno, tutti preferirebbero una maggiore progressione d’ingresso, per poter, magari, provare con pazienza, e verificare. Ma il Monte-Carlo è così, da sempre meraviglioso incubo di inizio stagione. Implacabile, affascinante, confidenziale ma impietoso “Monte”.

Ogier doppio, e per contro già i primi, inevitabili colpi di scena. Neuville piantato in un banco di neve, Latvala due volte in testa-coda e due volte “stallato”, Meeke e Breen bloccati dal fosso e dalla neve, Evans e la foratura lenta. Ce n’è già per fare una bella, prima scrematura, dalla quale inizialmente si salvano, oltre al Fuoriclasse, le due Hyundai di Mikkelsen e Sordo, e le tre Toyota di Lappi, Tanak e, più indietro, Latvala.

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È solo l’inizio del Campionato, segnato a priori e in particolare dalla conferma di Ogier & Co. presso la “Fazenda Invernale” di M-Sport, dal Passaggio di Ott Tanak dalla Factory di Wilson a quella di Makinen, dal cambio di direzione artistica di Citroen, da Yves Matton che passa ai galloni della Federazione a Pierre Budar cui tocca il compito, prima di tutto, di far rimboccare le maniche all’intero Team, poi di trovargli un obiettivo immediato allineabile con la Storia, indipendentemente dal fatto che arrivi sua Maestà Loeb a dare una mano. Mikkelsen e Hyundai erano venuti prima, d’anticipo giusto e intelligente. Segnato dall’affinamento della formula, il WRC+ alla sua seconda stagione è animato dal successo della Formula e dal crescente desiderio di spettacolo e di spessore tecnico. Il management, molto abile e correttamente visionario, è sempre di guardia e non lesina miglioramenti, idee, contenuti.

L’inverno, inteso come pausa di ricarica e riflessione, ma soprattutto di revisione tra i due Mondiali 2017 e 2018, è volato, quasi non è esistito. Ufficializzata e archiviata una stagione, ecco che arriva immediatamente la lista dei partenti della prima Prova di quella successiva. In mezzo il thriller Ogier, naturalmente, come tutti gli anni da un paio a questa parte, come se fosse parte del protocollo, collaudato cerimoniale di definizione dell’assetto del Campionato e delle sue prospettive.

Un’altra vittoria, un piazzamento e un quarto, e Sébastien va al primo riposo della seconda Tappa, primo giro del venerdì, con 40 secondi di vantaggio su Tanak, Sordo e Lappi nel minuto. Intanto è sparito Mikkelsen, un problema serio, l’alternatore che non si può riparare senza portare la Macchina a casa. Al servizio di mezza giornata nessuno appare davvero contento, scaramanzia o paura, ma solo Ogier può dire di non esserlo perché… non è stato perfetto. Piccolo peccato di presunzione? È comunque la musica di sempre, la cantilena dell’ultimo lustro: si cerca un indizio per cambiare orientamento, ma la bussola punta sempre là, in direzione di Dovenby Hall.

Presunzione che si paga. Come aveva detto Carriero, il Designer della Macchina di Ogier (la più venduta, il best seller), il “Monte” non è di chi ha la macchina migliore o più veloce, o di chi è il più rapido. Il Monte-Carlo lo vince chi interpreta meglio la messe di dati che intervengono, di condizioni meteo, di gomme, di alternanza di situazioni e di tensioni. E se poi i Piloti sono contenti delle loro Macchine? Allora è l’entusiasmo, e quindi diventa ancora più difficile interpretare correttamente il Rally. Ma poi non è detto, anzi è meglio non dire nulla. Perché se davvero basta un nonnulla per invalidare il miglior lavoro sul migliore Rally, al Monte-Carlo, per rovinare tutto, a partire dalla festa, basta ancora meno. Sotto questo aspetto il Rally del mito, il più classico dei classici, è il meno oggettivo, il meno piacevole e significativo. È, al contrario, il più facile da odiare.

Insomma sbaglia anche Oger, alla settima Speciale, la penultima. Lungo, dritto, nel fosso anche lui. Non gli va male, gli spettatori da queste parti sono quasi tutti suoi tifosi, e in un batter d’occhio la macchina è di nuovo in pista. Se prima, tuttavia, Ogier poteva considerare di amministrare un vantaggio dell’ordine del minuto, quindi rassicurante, ora di quel minuto non resta che un quartino, e quel che più conta è che la tendenza guarda ora con sempre maggiore interesse alla Corsa di Tanak. Insomma è duello. Bello, molto bello perché carico di presupposti e di motivi, tutti buoni e interessanti.

Uomini e Macchine, come era prevedibile, hanno alzato il livello del Mondiale WRC+, e dato forma a uno strato piuttosto omogeneo di competitività. Restano al momento al di sotto della “fascia alta” le Citroen, per vari motivi indietro alla fine della stagione scorsa e non tutti da imputare alla macchina. Meglio, comunque, non “fidarsi” dei responsi del Montecarlo, perché il Rally di Gap e dintorni fa troppo caso a parte per poter essere considerato un termometro della situazione. Comunque, Ford, Hyundai e Toyota sembrano aver passato l’esame dell’inverno e il voto prende forma al Monte. Vediamo come.

Seb Ogier. Ford. Acoppiata vincente, non ci sarebbe altro da aggiungere perché i fatti, evidenti, danno ragione al Pilota e alla M-Marca. Quell’errore durante la settima, penultima Prova Speciale della seconda Tappa, “umanizza” di molto il Marziano. D’altra parte nessun errore, piccolo o grande che sia, può essere considerato veniale coma quello che si commette al Monte-Carlo. Ci sta, è la lotteria del Monte. Può andare bene o malissimo senza una ragione apparente, solo questione, si è portati a dire, di purissima fortuna (o sfortuna).

Ott Tanak. Toyota. Felice di guidare una Yaris ufficiale. Si vede. I tempi vengono facili, e alla fine della seconda Tappa l’estone avvicina il leader. Tanak non è il più veloce in assoluto, ma uno dei più puliti, senz’altro, quello che ha commesso meno errori. Solo uno, piccolissimo, nella prima Speciale del Rally. Il migliore parziale alla fine della seconda Tappa è suo, e se c’è un Avversario che Ogier oggi deve temere è proprio l’ex compagno di Squadra.

Thierry Neuville. Hyundai. Amarcord e scongiuri. Lo scorso anno aveva praticamente vinto il Rally. Poi, all’ultima Bayons-Brezières, lo aveva regalato a Ogier che era lì, in agguato, ma che non avrebbe potuto fare niente se il belga non avesse sbagliato. Quest’anno il belga ha sbagliato subito, ma si è già, almeno in parte, riscattato. Dopo l’infilata della prima tappa, solo Tanak ha fatto meglio del belga nella seconda. Una vittoria e cinque podi, Neuville è nono. Peccato. E peccato anche per Mikkelsen, che era secondo quando si è ritirato per colpa della Macchina. Per merito della stessa, tuttavia, c’è quel tale Dani Sordo che, “asfaltista” purosangue, al momento è sul podio al tappeto verde del Monte-Carlo.

Poi si vedrà, e certo se ne vedranno delle belle.

Foto: Manrico Martella, Marco Paolieri, Simone Calvelli, Aurel Petitnicolas e Marcin Ryback

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