WRC18. Colin McRae 50

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Il 5 agosto Colin McRae avrebbe compiuto 50 anni. Questa è una sorta di tributo, tentando di stare fuori dalla retorica, trappola infernale in queste occasioni. L’astratto fascino di chi non c’è più (se se l’è meritato)
4 agosto 2018

Il Paradiso degli Assi, 5 Agosto 2018. Oggi, il 5 agosto, è il compleanno di Colin McRae e questo è l'anno dei suoi 50 che non festeggerà con noi. Era nato il 5 Agosto 1968. A Lanark, Scozia. In realtà, tra di noi Colin non ha compiuto neanche i 40, è volato verso il Paradiso degli Assi, alla velocità della luce, poco dopo aver compiuto i suoi 39. Brutto 15 Settembre 2007. Precipitato con l’elicottero vicino alla sua casa, in compagnia del figlioletto John, dell’amico Graeme Duncan e di Ben Porcelli, il ragazzino vicino di casa. Una tragedia devastante per sua natura, che ha lascito strascichi penosi e che ci ha colpito a tradimento, lasciandoci a lungo increduli e senza fiato. In verità siamo ancora oggi titubanti e pensierosi, emotivamente incompiuti, indecisi se metterci una pietra sopra e accettare, o continuare a coltivare il lato più irrazionale della presenza impossibile. Come tutte le vite esagerate, quando a venir meno improvvisamente è proprio la vita, il vuoto che lascia è sempre lì, enorme. Sì, volevo dire incolmabile. Una leggenda in vita, figuriamoci quando non c’è più, quando la fantasia può correre libera e all’infinito.

Gli Assi del Motorsport vivono sul filo del rasoio. Fanno cose che non riusciamo che a sognare. Ci fanno sognare. Viaggiano in quello che per noi è un terreno impraticabile oltre il limite. Per questo andiamo a vedere gli dei del volante, e quando abbiamo fatto il pieno di passione e meraviglia, ci sentiamo goffi anche a tirar fuori la macchina dal parcheggio.

Quando l’Asso vola giù dal burrone ed esce dalla macchina è come un dio che risorge, non poteva succedergli niente. Quando non ce la fa a uscire pensiamo che, purtroppo, è la parte perversa del gioco meraviglioso della vita. Colin McRae non è morto al volante di una Subaru, di una Citroen o di una Ford, insomma guidando una delle Macchine che ha reso celebri. È volato giù dal cielo, per tornare definitivamente più su. Questo ci sembra ancora più strano, inspiegabile. Per questo è più difficile accettare, e per questo non ci pensiamo nemmeno a colmare quel vuoto che lascia e che riempiamo della sua leggenda.

Colin McRae è una leggenda. Lo sarà sempre. Anche se e quando il rombo dei motori sarà cosa di altri tempi. Ma lo era già prima di andarsene, perché comunque è uno di quegli uomini che hanno interpretato la vita colorandola ogni giorno di quella tonalità esagerata. Staccando tutti e correndo in avanti, e anche al di sopra. Vi immaginate cos’è successo quando, nel 1995, Colin ha vinto il suo primo e unico Titolo di Campione del Mondo WRC? Era il primo inglese, il più giovane di tutti i tempi, era la prima volta tante volte. Da lì a diventare una leggenda è un attimo, un attimo infinito nel quale il delirio non cala, non si spegne, ma anzi si rinnova sulla strada dell’eternità. La vita ha fatto un salto in avanti. Colin McRae gliel’ha fatto fare. Ce l’ha fatto fare, a tutti noi. Troppo avanti! Anche la Regina d’Inghilterra è in ritardo, e non può fare altro che affrettarsi, un anno dopo, a nominare quello scozzese più veloce di tutti membro dell’Ordine dell’Impero Britannico.

Binomio vincente e noto anche a chi i rally non li seguiva: McRae e la Subaru
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Colin McRae era molto più che tifo. Era, e per questo è ancora, affezione. Perché questo accada l’Asso e la Leggenda devono meritare quell’affetto. Può succedere solo a uno “vero”, l’uomo e il pilota autentici e coincidenti nella stessa persona. Deve essere uno di noi. Nessuna farsa, nessun gioco delle parti.

Di Colin mi raccontano gli amici. Uno in particolare, nel senso di amico, che conoscete bene anche voi. Lo considerava un eterno “bimbo”, uno a cui piaceva esagerare, sempre e in qualsiasi situazione. Anche quella volta che lo aveva ospitato in Argentina e che gli aveva prestato una moto da fuoristrada. La sentiva urlare in lontananza, era come vederlo, Colin, che si divertiva come un matto. Non era molto loquace, il suo linguaggio era quella dote naturale, saper guidare meglio di tutti. Si divertiva a “parlare” con il Pubblico usando quel linguaggio, raccontando di sé e di quella straordinaria avventura. Impazziva nel far divertire i suoi tifosi, gli spettatori. In quella sua voce nasale si percepiva una sincerità disarmante, mai una traccia di “retropensiero”. On-off, nessuna via di mezzo.

Due Dakar. Finita quella del 2004 con due tappe vinte, ritirato neanche a metà in quella del 2005, dopo aver vinto due delle prime tre tappe. In quella occasione Colin correva con Tina Thorner e aveva per compagni di Squadra, Team Nissan, Ari Vatanen e Tiziano Siviero. Come sempre McRae parte a manetta e “stacca” dei tempi impossibili per gli altri. Durante una pausa al bivacco gli suggeriscono di partire con più calma e di aspettare il momento opportuno per attaccare. Lui, questa volta, sì, calmo, scuote la testa e, sorridendo, garantisce che è quello che sta facendo. Sta andando piano, più piano di così non potrebbe. Ancora quella voce nasale, riflesso introspettivo dell’autenticità dell’uomo che delegava alle sfumature della voce il compito di manifestare le emozioni. Come quella volta, grave, quando al San Remo il Team chiede a Piero Liatti e Fabrizia Pons, meritatamente primi, di lasciargli la vittoria. Quale disonore, nella voce e nel cuore di Colin, vincere a tavolino!

Che poi tutti consideravano Colin McRae un gran campione, ma non tutti sono d’accordo che fosse un fuoriclasse. Se è vero che un fuoriclasse è uno che riesce a gestire un vantaggio di 20 secondi perdendone 2 nelle nove PS che restano alla fine del rally, Colin non avrebbe mai potuto esserlo, poiché era anche un… fuoriclasse nel dilapidare vantaggi enormi. No, Colin non era proprio capace d’andar piano, e probabilmente se David Richards non gli avesse permesso di disintegrare un numero infinito di scocche, gratificato da tempi, intertempi e vittorie iperbolici, probabilmente non sarebbe arrivato troppo lontano.

A proposito di Piloti “impietosi” con le loro Macchine. Vengono a galla riferimenti recenti. Mi ha colpito Kris Meeke, uno dei miei preferiti, quando ha vinto il suo primo WRC in Argentina. Era il 2015. Era la prima volta di Meeke, anche lui uno esagerato, uno che non rallenta solo perché non vede quello che c’è dietro alla curva. Kris era commosso fino alle lacrime mentre dedicava quella Vittoria a Colin, suo mentore e ispiratore.

Leggenda e affezione. Oggi Colin McRae è e resta qui, con noi e dentro di noi in quella sorta di affascinante astrazione che è la persistenza della sua leggenda. Non conta più niente che Colin sia figlio di Jimmy, a sua volta Campione britannico, o fratello di Alister, bravo anche lui, non contano neanche troppo quei 25 successi con una WRC, i 42 podi o le 477 Speciali vinte in quasi trent’anni di carriera. Non contano quanto, almeno, la sua esagerata propensione per l’azione perfetta e in perfetta scelta di tempo per il delirio degli appassionati.

Agli X-Games del 2006 il Colin showman incrocia un’altra leggenda vivente, Travis Pastrana. Colin è subito davanti, e così a ogni intertempo finché non tocca un trampolino con una ruota, un filo troppo veloce, un pelo troppo irruente, o così sembra agli umani che vedono poco più che uno sfioramento. La sua Subaru vola in tonneau, si gira in aria, atterra sulle ruote in un gran polverone e continua la sua corsa. Una delle corse di Colin McRae. Il traguardo dice Pastrana, il “miracolo” dice McRae. Colin l’ha sempre detto “If in doubt … flat out!”. Travis dice “Quello è un dio!”.

Un "Altro amico" lo ricorda così, per questa ricorrenza:“Colin era un gran talento e anche una persona molto buona. E' stato un onore lavorare con lui e diventare anche suo amico“.

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