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Monte Carlo, 23 Gennaio. I tifosi di Sébastien Ogier e di Volkswagen sono accontentati. I loro idoli sono protagonisti di una prestazione e di un confronto ad altissimi livelli. Ma i fans di Kris Meeke e di Citroen potevano anch’essi essere al settimo cielo, perché Pilota e Macchina erano su quel livello riservato a pochi, pochissimi. Anzi, nella fattispecie limitato soltanto ai due Fuoriclasse in questione.
Poi arriva la seconda St Léger Les Mélèzes – La Batie Neuve, 17 infernali, maledetti chilometri per la 12 e penultima Prova della giornata, e gran parte del Rally, o la sua parte migliore, il duello andato in scena sino a quel momento va a… Monte
Poi arriva la seconda St Léger Les Mélèzes – La Batie Neuve, 17 infernali, maledetti chilometri per la 12 e penultima Prova della giornata, e gran parte del Rally, o la sua parte migliore, il duello andato in scena sino a quel momento va a… Monte. Prova spartiacque sinistra, dentro e fuori. Prima Latvala finisce in un fosso, danneggia una ruota, tocca uno spettatore e si blocca aspettando di essere sicuro che tutto va bene, quindi riesce a finire e a riparare alla meglio ma è costretto al ritiro perché in ritardo al CO. Peccato, il buon finlandese in questa occasione non era stato un mostro di regolarità e di precisione, ma aveva fatto vedere belle cose e sembrava ormai aver trovato un ritmo decente, in grado cioè di proiettarlo almeno verso un nuovo assalto al podio lasciato, invece, a Neuville. Più “drammatico”, parliamo di tensione agonistica, è il ritiro di Kris Meeke, uscito dal tracciato cronometrato in scia a Ogier, entrambi attardati dalla formula roulette del percorso, ma ancora in splendida configurazione uno-due in testa al Rally. Pochi metri dopo il finish, però, la verifica visiva conferma la defaillance tecnica, trasmissione e impianto di raffreddamento, imputabile peraltro a una violenta toccata del fondo della DS3 in prova speciale. Il cambio della DS3 è danneggiato e, nulla da fare visto che non c’è service alla fine della tappa, grande, triste finale sul carro attrezzi.
Almeno dal punto di vista del grande duello tra Ogier e Meeke, il Monte-Carlo 2016 della terza e penultima tappa, la più lunga, impegnativa e “isterica” a causa delle incostanti caratteristiche di terreno, si fissa al termine dell’undicesima prova speciale, il secondo passaggio sulla maratona di 51 chilometri della Lardier et Valenca – Faye. È il frangente in cui il Pilota Citroen restituisce al collega Volkswagen il “risultatone” del primo passaggio, resta in coda, ma ancora in contatto, al Campione del Mondo e mantiene il Monte-Carlo su un elevatissimo tenore di confronto. Meeke è stato il grande avversario di Ogier in questo Monte-Carlo, ed è giusto riconoscerne il valore “lucidando” accuratamente la sezione del Rally che lo ha visto in lotta franca e aperta contro Ogier.
Il “Monte” vive così, sull’estrema incertezza creata a causa delle troppe, estreme variabili in gioco
Il “Monte” vive così, sull’estrema incertezza creata a causa delle troppe, estreme variabili in gioco. I cambi repentini e improvvisi di grip, le “toppe di ghiaccio” o, peggio, quelle malefiche “macchie di ghiaccio nero”, sinistramente irriconoscibili nei tratti più sporchi della strada ghiacciata. E poi il fatto di salire sulla strada asciutta, o appena umida, avvicinarsi al passo e ritrovarsi in Finlandia, in mezzo alla neve delle piste da sci, ma su una neve non così compatta e “rassicurante” come quella della pista, bensì, al solito, chiazze che tengono e tratti dove anche il Pilota diventa passeggero impotente. Infine, e non è secondario, c’è il fatto di essere alla prima gara dell’anno, quella col maggiore potere scaramantico, nella quale è obbligatorio dichiararsi per la stagione o verificare d’urgenza prima che sia troppo tardi.
È chiaro che in un Monte-Carlo così “pazzerello” scelte delicate possono diventare soluzioni chiave. Una di queste è la condotta di gara da tenere, ma come dice lo stesso Meeke: “Se si vuole vincere a Monte Carlo bisogna avere il ritmo del Campione del Mondo!” e dunque qualche rischio diventa obbligatorio. Non meno delicata e opinabile è la scelta della gommatura, da farsi su base globale più che contingente vista la variabilità dei fondi e delle condizioni. Un esempio per tutti è quello di Mikkelsen che, scegliendo i più “invernali” dei pneumatici, artigli d’acciaio per ghiaccio e neve, ha lasciato oltre 30 secondi nella prima “marathon” di 51 km, ma si è rifatto con gli interessi vincendo la successiva PS sulle piste da sci delle Ancelle e iniziando da lì l’attacco al podio.
Frutto del grande margine di miglioramento che vuole sottintendere un grande potenziale è il gran finale Hyundai, che “firma” con Thierry Neuville la prima vittoria parziale della i20 di nuova generazione, sostenuta dalla tripletta nella penultima Speciale, Neuville, Paddon e Sordo, e dalla doppietta, Neuville e Paddon, nell’ultima prima che Macchine e Equipaggi vadano al riposo.
È il momento in cui, andando a vedere i conti, si “scopre” che Sébastien Ogier è largamente, “vergognosamente” in testa al Monte-Carlo con la Vokswagen Campione del Mondo.
Vero, Meeke e Latvala sono ritirati e, verosimilmente, non parteciperanno nemmeno alla finalissima riservata ai 60 di domenica, vero che Neuville conquista così il terzo gradino del podio provvisorio, e vero anche che Mikkelsen sale addirittura al posto d’onore. Sì, ma quale onore, se da lì al Leader ci sono ben due minuti di vuoto? Lo stesso onore di chi è ancora più indietro, ma ci ha comunque provato con esiti ispirati, come Ostberg, che tiene a galla le sorti delle Ford, o come Evans, che “denuncia” una più che probabile grande competitività della nuova Fiesta R5.
Foto: Manrico Martella - Fabien Dufour - Frank Finnish - Jakub Pojmiz