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Karlstad, 15 Febbraio. L’ultima giornata del Rally si riduce a una corta mattinata. Anzi, ad una Prova Speciale soltanto, sulla quale finisce per gravare il peso di tre giorni di incertezze e di tensioni. E quando tutto può finalmente andare in archivio, quando anche il telecronista spenge il microfono e si accende una sigaretta, ecco che si consuma il piccolo “dramma” di Paddon che, secondo cronometricamente al traguardo del Power Stage, si ferma con la i20 nascosta in una nuvola di bianca. Il radiatore è bucato, effetti di una doppia toccata sui paletti a lato delle strade innevate, e il vapore in pressione fa un grande effetto, ancora più vistoso nell’aria ghiacciata. Ma il neozelandese non si scompone, avverte che avrà da fare un po’ e chiede di essere lasciato in pace, per favore. In qualche modo ripara - una volta si faceva anche con i fondi del caffè, chissà - e poi confida nell’aiuto della temperatura non certo elevata per coprire gli ultimi ottantacinque chilometri di trasferimento, senza incorrere in major problems. No problem, ce la fa, naturalmente, e ufficializza il secondo posto maturato al termine di tre concitate e interessantissime giornate di gara, secondo podio e miglior risultato personale. Paddon è anche il primo non europeo a salire sul podio del Rally di Svezia, e tanta gloria arriva con pieno merito anche grazie alla Hyundai ufficiale “New Generation”, transizione 2016 dalla “vecchia” alla nuova vettura configurazione 2017 che dovrà arrivare in tempo, e competitiva come si dimostra l’”intermedia”, per la prossima stagione.
Al solito, le vittorie di Ogier, e di Ingrassia che silenzioso è parte altrettanto vitale dell’Equipaggio Campione del Mondo, sembrano una passeggiata. In testa dall’inizio alla fine del Rally, Ogier ha sottoscritto una cambiale in bianco sabato, quando ha rischiato molto per tenere alto il ritmo nonostante il favore che stava facendo agli avversari, “spalare” via la neve con la Polo R numero 1 e ripulire le strade, ma allo stesso tempo ha firmato quel giorno il suo capolavoro. Uscito indenne dalla lunga “intraversata” sulla seconda Vargasen, la “mitica” PS che dedica il salto record a Colin McRae, proprio in una situazione che più difficile è… difficile immaginare, ha tirato fuori l’asso dalla manica e ristabilito la distanza del rispetto tra sé e Paddon, che appfittando della situazione favorevole, era arrivato a vedere gli stop della Volkswagen, meno di otto secondi dal Lider Maximo. A quel punto Ingrassia si è rilassato e ha tirato fuori il pallottoliere portandosi avanti con il lavoro. Intanto è la 34ma vittoria. I tre punti del Power Stage finale, poi, inutili se andiamo a ben vedere nel dilagare dello splendido dominio Ogier-Volkswagen, sono la ormai consueta affermazione del piacere di vincere, o dell’inaccettabile dispiacere di non farlo.
Di fatto, nel gran finale televisivo, inquadrano e mettono a fuoco una realtà “agghiacciante”. Due volte fuori Latvala, indietro Mikkelsen che non si è risparmiato un paio di peccati veniali, fuori anche Meeke incolpevole ma recidivo, e ancora indietro Neuville e Sordo, sia pure per somma di grattacapi e di circostanze. Insomma, che doveva fare Ogier? Fermarsi a lato della strada e aspettare il riordino degli avversari? No, doveva continuare così, stare attento a non commettere l’errore che lo avrebbe mescolato con la gente “comune” e vincere, scrivendo così il suo nome per la terza volta su un albo d’oro non facile. Anche il Dio del WRC, Sébastien Loeb, ha vinto in Svezia solo una volta, nell’incredibile 2004 anno della sua consacrazione. E da Gronholm in poi il Rally svedese sia andato spesso a Piloti, come Hirvonen o lo stesso Latvala, che poi non hanno vinto il Mondiale. Sono fatti che diventano una chiave di lettura “atipica”, ma di luccicante eccellenza, anche delle vittorie svedesi di Ogier e della Volkswagen. Tre volte ha vinto Ogier, ma la Volkswagen aggiunge al record del suo triplo Campione del Mondo anche il successo di Latvala del 2014. Morale: non ce n’è per nessuno, al di fuori delle mura di Wolfsburg. Grandissimo Ogier, grande Paddon, ma vorremmo passare sotto l’ingranditore anche il terzo posto di Mads Ostberg, ottenuto con una Fiesta, che più tradizionalmente aderente alle regole dell’albo d’oro, sale meritatamente per la quinta volta sul podio del suo Rally.
Sinceramente non viene in mente nessun altro da premiare, a parte Elfyn Evans che ha vinto per la seconda volta consecutiva il WRC2, rivalutando le proprie credenziali e quelle della nuova Ford R5, a parte Ott Tanak, silenzioso e poco appariscente, ma concretissimo quinto alle spalle di Mikkelsen, e a parte Henning Solberg, settimo, cui si sta pensando, per il ventennale che cade quest’anno, di assegnare uno speciale Oscar alla carriera. Un premio speciale, da attore non protagonista, invece, sarebbe da consegnare a Craig Breen che, salito sulla DS3 ufficiale quest’anno, è già in grado di sostenere con una certa disinvoltura il peso del vessillo Citroen.
Tre volte ha vinto Ogier, ma la Volkswagen aggiunge al record del suo triplo Campione del Mondo anche il successo di Latvala del 2014. Morale: non ce n’è per nessuno, al di fuori delle mura di Wolfsburg
Il resto, per la verità, è solo grande “vociare”, più da Sanremo canoro che da San Valentino degli innamorati del Motorsport. Ora che il 64° Rally di Svezia è finito, e che nonostante i colpi di bisturi a nove delle 21 Speciali in programma è archiviato come un bel Rally, potremmo dire che i cori di dissenso di inizio settimana erano almeno ridondanti. Questioni giuste, per carità, ma chimate tutte insieme, a catena. Dal meteo alla sicurezza, dalle ricognizioni sulla terra vanificate dal ritorno della neve ai chiodi delle gomme, invece, inutili e sacrificati sulla terra. Dalla perseveranza degli organizzatori, decisi a salvare il Rally a tutti i costi, alla frustrazione degli Equipaggi tenuti fuori dall’uscio invece che coinvolti nelle difficili decisioni della vigilia. Questo, a un certo punto e con un ragionevole sospetto di pretestuosità, è sembrato il nocciolo della questione, quello che avrebbe spinto Lorenzo Bertelli a tornarsene addirittura a casa.
Probabilmente, adesso, qualcuno cercherà di far valere la sin qui teorizzata necessità di una rappresentanza degli Equipaggi all’interno della sala di regia, ma intanto gli organizzatori, i cocciuti e perseveranti Organizzatori svedesi, hanno avuto ragione, tanto da far sembrare semplicemente logica la decisione di assegnare loro il Mondiale anche per i prossimi tre anni.
Intanto, però, mentre ci prepariamo a imbarcare per il Messico, e poi per l’Argentina, nessuno si decide a svelare chi guiderà le Toyota ufficiali il prossimo anno! Questo sì è un problema, con il quale gli abitanti del WRC devono convivere.