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Alghero, 14 Giugno. Chi ritiene che Sebastien Ogier sia pilota imbattibile porterà d’ora in avanti il Rally Italia Sardegna come prova e testimonianza a sostegno della sua tesi. E probabilmente il Campione del Mondo un giorno dirà: quell’edizione durissima e bellissima del Rally italiano, anzi sardo, l’ho vinta io, così…” e giù il racconto di una performance leggendaria che oggi è solo uno step di carriera, seppure significativo.
Allora, aspettando che il “vecchio” Ogier ricami sulla vittoria italiana, intanto ve la raccontiamo noi. Come dicevamo, la dodicesima edizione del Italia Sardegna, o meglio ancora Sardegna Italia, è da dividere in tre capitoli: thriller, resistenza e perfezione, lieto fine con autografo.
Paddon prende il largo nella prima giornata
Si dirà anche che Paddon era favorito dall’ordine di partenza, che la i20, ormai a sviluppo fermo in attesa della nuova macchina, ha trovato nell’affinamento di un pacchetto ormai collaudato un atout, e che il pilota ha trovato in Sardegna lo stimolo per una rapida maturazione. Come se tutto arrivasse per caso, ma in un rally così è difficile che qualcosa di così importante possa cadere dal cielo.
Paddon ha semplicemente, come lui stesso dice, cercato di fare del suo meglio, ha corso con estrema attenzione e, vista la possibilità di sfruttare il vantaggio, ci ha provato. Andare in testa al Rally, tuttavia, è solo una parte della storia di Paddon. Il meglio di sé il pilota Hyundai l’ha poi dato nel resto della corsa, soprattutto nella critica parte centrale quando è riuscito non solo a scrollarsi di dosso un buon numero di avversari, ma addirittura a tenere testa all’asso degli assi, Sebastien Ogier.
Ogier prende il largo
La svolta del Rally “data” del finale di tappa, diciassettesima Speciale. Paddon commette un piccolo errore e va in testa coda, e per parte sua la macchina accusa un malfunzionamento al cambio. Nel giro di due speciali il neozelandese passa dal paradiso al… purgatorio, Ogier se ne va e, una volta passata la burrasca VW, Paddon non può far altro che passare in modalità di protezione del secondo posto, peraltro già sufficientemente al sicuro.
Questo è il capolavoro di resistenza di Paddon, che alla fine della corsa riavvolgerà il nastro e, molto onestamente, riconoscerà la superiorità dell’avversario, ammettendo anche, però, di essere stato bravo, sinché tutto è andato bene, a tenere sua maestà a una pur piccola, ma costante distanza. Ogier, invece, passerà alla storia del Rally per il capolavoro di perfezione della sua corsa.
Un "Blade Runner" chirurgico
Sebastien “Blade Runner” Ogier è già maestro in tanti settori del suo “mestiere”, ma sinceramente così chirurgico nell’amministrare le sue risorse non lo si era mai visto. Col senno di poi verrà da dire che a Ogier sarebbe bastato spingere sull’acceleratore in un qualsiasi momento per costringere Paddon a farsi da parte. E invece, in questa occasione, il Bi-Campeon ha dato la priorità all’affidabilità, della macchina e della sua corsa, e subordinato la velocità agli imperativi di circostanza.
E mentre gli avversari si facevano da parte, uno dopo l’altro e inesorabilmente perché non in grado di controllare i propri parametri, Ogier ha trovato il passo ideale, ad una spanna dal rischio, e costruito la propria vittoria basandola su una regolarità terrificante. Il terzo capitolo del Rally è il Power Stage, la finalissima andata in scena sullo stupendo, e velocissimo tracciato di Cala Flumini.
Mikkelsen alla riscossa nel Power Stage
Ci voleva un segno che sintetizzasse non solo la superiorità di Ogier, ma anche della macchina che aveva vinto 14 delle 23 prove speciali in programma. Visto che l’ultima giornata di gara non aveva sin lì espresso niente di nuovo o di particolare, restava il Power Stage, con i suoi sei punti a disposizione del podio dell’ultima Speciale.
È stato lì che Mikkelsen, con il terzo posto ha corretto, seppure in minima parte, una due giorni di disgrazie, che Latvala, vincitore di metà delle 14 prove marcate VW, ha voluto ricordare che c’era stato anche lui, e che Ohgier, vincendo, ha autografato il poster di tre Volkswagen ancora una volta sul podio.
Sì, con il terzo posto conquistato nelle due giornate finali anche Neuville ha rilanciato, almeno in parte, le quotazioni in ribasso degli ultimi Rally mondiali, ed Evans e Ostberg, con il quarto e quinto posto rispettivamente al traguardo di Alghero, fanno almeno atto di dignitosa presenza. Stiamo già parlando, tuttavia, del gruppone di equipaggi che si bilanciano in una classifica a parte, accomunati dal fatto di aver commesso almeno un errore e, chi più e chi meno, di avere il loro “peccatuccio” sulla coscienza.
La favola di Ucci e Ussi
Capitolo a parte, molto bello, è quello della corsa di Paolo Andreucci e Anna Andreussi, arrivati in Sardegna con la loro 208 T16 ancora impacchettata nella confezione regalo di Peugeot Sport Italia. La partecipazione al Rally faceva parte, infatti, del programma delle manifestazioni per il festeggiamento del mezzo centenario del Toscano più veloce di tutti i tempi. Regalato il Mondiale al proprio Pupillo, Peugeot Sport è andata in apnea per sessanta ore.
Non più in attesa che la 208 T16 e il suo Equipaggio riuscissero a finire il Rally, questo era l’obiettivo, ma per il fatto che per un soffio il rally non lo hanno vinto. Parliamo del WRC2, al quale “Ucci” e “Ussi” partecipavano con la loro “umile” R5 protagonista del Campionato Italiano, una macchina fatta per un altro genere di gare e che mai aveva dovuto “subire” il test massacrante di un Rally come il Mondiale in Sardegna.
Si sa, l’appetito viene mangiando, e quando alla fine del primo giorno la 208 T16 era prima nella classifica assoluta del WRC2, e quando il secondo giorno, grazie a un portellone aperto, ad Andreucci mancavano solo sette secondi per il bis, è chiaro che il terzo e ultimo giorno gli imperativi della prima ora erano andati nel limbo del dimenticatoio, e si era tutti lì a tifare Andreucci e a gufare Protasov.
Ma l’ucraino correva con una RRC, una di quelle WRC “mascherate”, e forse è più giusto, o lo sarebbe ad essere sportivi, che a vincere sia stato lo straniero. Ad Andreucci, Andreussi e alla 208 T16 resta l’onore impagabile dell’ottavo posto assoluto. È un risultato davvero strepitoso, altro che finire la gara, altro che top ten. Ma, a pensarci bene, c’è un risvolto “sinistro”. Date una world rally car al “nonnetto” e nel WRC è suicidio di massa!
Piero Batini