WRC: il Rally d’Italia Sardegna secondo Tiziano Siviero

WRC: il Rally d’Italia Sardegna secondo Tiziano Siviero
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Uno dei miei idoli preferiti è Tiziano Siviero. Perché è un protagonista della storia del tout terrain. Dal binomio Mondiale con Miki Biasion a un’esperienza che vale il miglior giudizio sul Rally Italia Sardegna| <i>P. Batini</i>
21 giugno 2013

Olbia, 20 Giugno 2013. Navigatore Campione del Mondo nel mito delle imprese di Miki Biasion, questo lo sanno tutti, anche i massi di granito del Rally d’Italia Sardegna. Ma anche protagonista nell’Africa della Dakar in auto e in camion. Pilota e poi organizzatore, la sensibilità del Pilota trasferita intatta, uomo chiave in vent’anni di WRC in Argentina e deus ex machina del Por Las Pampas, il Rally sudamericano sulle cui radici è nata la Dakar odierna. Quindi tracciatore, tecnico ed esperto della sicurezza, le notti chiuso nella carlinga o nei PC Course, nella stanza dei bottoni e dei monitor per sorvegliare la Dakar o il WRC, l’Italia Sardegna, certamente. Un palato fine che sa distinguere un ottimo da un solo eccellente Brunello di Montalcino… no, questo non c’entra ma completa il personaggio. Ditemi voi se Tiziano Siviero non è il mito che tutti noi vorremmo poter emulare!

Rally Italia Sardegna, manche italiana del Mondiale WRC
«Il Rally d’Italia Sardegna ha raccolto l’eredità del Sanremo, e fondamentalmente del Sanremo in Toscana, successivo alla storia nata sugli asfalti sanremesi. A livello sportivo è un Rally eccellente, con alcune particolarità importanti e una posizione di riconosciuto prestigio nell’ambito del Mondiale».

Quali sono i suoi punti di forza dal punto di vista sportivo?
«Credo che uno dei punti di forza dell’Italia Sardegna siano le sue prove speciali. Sono tutte molto esigenti, e nella considerazione dei Piloti tra le più difficili. Necessitano di note del radar molto ben fatte, le piste sono quasi tutte strade forestali e non si vede mai bene dov’è esattamente la staccata. Insomma, per affrontarlo bisogna saper fare bene il lavoro del Pilota».

Quale consideri la Prova Speciale più bella, dal punto di vista “estetico”, e quale la più impegnativa, quella che può produrre la differenza?
«Secondo me la più impegnativa è la Monte Lerno, che i Piloti affrontano per prima. È lunga, 31 chilometri, è molto veloce e bisogna saper tenere un bel ritmo. La più “bella” probabilmente è l’ultima, la Loelle, perché ha delle infilate in mezzo al bosco, e dei salti che sono dei veri e propri voli, che la rendono davvero interessante. Diciamo che è la più emozionante».

Secondo me la Prova Speciale più impegnativa è la Monte Lerno, che i Piloti affrontano per prima. È lunga, 31 chilometri, è molto veloce e bisogna saper tenere un bel ritmo


Il terreno del Sardegna
«Quello che i Piloti trovano in Sardegna è un terreno che in Italia non c’è. Si trova soltanto qui, un misto di sabbia e sassi tipico dei terreni “vecchi”, come si dice della terra antica, che qui è generato dalla frammentazione della roccia granitica. È un fondo molto speciale, non ce ne sono tanti così in giro, forse solo in Portogallo».

Questo significa anche una grande importanza nell’ordine di partenza?
«Non direi che è la caratteristica principale, non per esempio com’è in Toscana a causa della graniglia che si trova sulle piste. La differenza c’è, ma a mio parere non è così elevata».

Per come è configurato il Mondiale, che tipo di previsione ci puoi dare dello sviluppo agonistico di questa edizione?
«Io credo che anche qui l’uomo da battere sia comunque Sebastien Ogier. L’ho visto al qualifying test e ne ho avuto conferma, così come della competitività della Volkswagen. Potrebbero esserci delle sorprese, e mi riferisco principalmente a Evgene Novikov, che rappresenta quella categoria di Piloti che sono bravi e ce la mettono tutta per fare qualcosa di buono».
 

La mancanza di piloti italiani è legata a molti fattori, e il primo è che non c’è più una Casa italiana coinvolta. Se ci fosse è molto più che probabile che le cose andrebbero diversamente

Settima prova del Mondiale. Può essere un Rally chiave?
«Potrebbe esserlo se a vincere fosse un Pilota non-Volkswagen, perché potrebbe invertire la tendenza che, a parte il break di Loeb in Argentina, è abbastanza consolidata».

Perché non ci sono più italiani che si affermano nel Mondiale?
«Credo che ci siano molti fattori da considerare, e il primo è che non c’è più una Casa italiana coinvolta. Se ci fosse è molto più che probabile che le cose andrebbero diversamente. Il secondo è che noi abbiamo una maniera di correre che è molto più estetica che concreta. Da noi, ci piace andare al bar e dire dell’ultimo tipo di gomme o che abbiamo affittato la macchina più veloce. In altri Pesi vanno al bar e raccontano che hanno fatto il 14° assoluto con una 127».

RIS, Aci e una forte presenza delle amministrazioni sarde nell’organizzazione. In che modo questo Rally è importante per la Sardegna?
«Si, lo sponsor principale è la Regione Sardegna. Non sta a me calcolarlo, ma questa manifestazione genera un indotto diretto molto importante. Credo che si possa parlare di 8 milioni di euro. Senza contare che uno che viene qui per seguire il Rally, poi torna con la famiglia per le vacanze. Il Rally è una buona pubblicità».

Ci sono un sacco di Paesi che vorrebbero questa data, sicuramente dovremo continuare a combattere. Non voglio fare il tragico, ma credo che bisognerebbe preoccuparsene e cercare quelle risorse che ci aiutino a fare una gara di livello sempre più alto


Cosa pensi della prova italiana nel calendario Mondiale?
«Che siamo riusciti a tenere dentro il Mondiale il Rally in Sardegna, ma che non sarà facile mantenercelo. Ci sono un sacco di Paesi che vorrebbero questa data, sicuramente dovremo continuare a combattere. Non voglio fare il tragico, ma credo che bisognerebbe preoccuparsene e cercare quelle risorse che ci aiutino a fare una gara di livello sempre più alto. Sportivamente il nostro è un Rally molto bello, bisogna aggiungere nuove idee. Sono stato in Messico, per esempio, e lì sono partiti dal centro città che è una antica miniera, hanno disegnato delle prove speciali dentro un tunnel. Si sono inventati qualcosa di nuovo per attirare la gente. Il Messico ha zero cultura di Rally, ma senza aspettare che la gente lo scopra glielo hanno portato, bloccando intere città e organizzandovi una speciale. Immaginate di mettere l’arrivo di una PS nella piazza della Torre di Pisa. Quest’anno, per la verità, abbiamo inserito un piccolo circuito a Buddusò, ma credo che dovremmo far lavorare la fantasia e inventare ancora di più».

Il Rally è definito “compatto”, perché?
«Sì, è compatto perché è disegnato in due sole zone, Sassari e Olbia, e soprattutto perché il programma è compresso in due giornate. È stata una scelta di tipo economico per contenere i costi, una misura anti crisi. Preferiamo che la gente debba risparmiare una notte di hotel, adesso vedremo alla fine se i conti sono stati fatti bene».
 

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