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Auckland, Nuova Zelanda, 30 Settembre. È tornata la pioggia, son tornati sterrati ben levigati e velocissimi, e di nuovo, come in Kenya, le 5 (o 6) Pirelli Soft di default. È tornato il Rally Nuova Zelanda dopo dieci anni di nostalgia, ed è tornato Lorenzo Bertelli che, una volta l’anno, si concede 3 giorni lontano dalle priorità di Prada. Soprattutto, è tornato il Mostro, Sébastien Ogier, con una delle recidive del programma che sarà pure ridotto ma che resta irriducibile, non negoziabile nella sostanza delle ambizioni. È il Nuova Zelanda delle campagne incontaminate e lussureggianti, delle Speciali pensate per il gusto dei Piloti e degli Appassionati, della grande e quieta Auckland della Coppa America, capitale del Paese del Vento.
1380 chilometri per 280 di Prove Speciali. Speciali. Il venerdì è subito il giorno più lungo, con tre Prove micidiali, le Waanga Coast e Akau South di meno di 29 e oltre 31 chilometri, e la Akau Nord di 18. Moltiplicato per due, i giri, e sommato alla inaugurale Pukekawa Auckland Domain, fanno 160 chilometri, ben oltre metà dell’intero Rally.
È tornato il Mostro. Sébastien Ogier è della partita, e questo basta per agitare le acque. O forse aiuta a distrarre dall’argomento che si dibatte invano da tre Rally. Si tratta del match-point che Kalle Rovanpera non riesce a mettere a segno da tre Rally e che lascia, bontà sua, aperto il Campionato. Ogier fa paura, perché di fatto ridimensiona drasticamente le false ambizioni. Non perché disoneste, quanto piuttosto perché riferite a un mondo di mezzo, quello che, senza quel paio di fuoriclasse, leggi Sébastien Loeb e Sébastien Ogier, gira a regime ridotto. Gli ex nemici alternano le apparizioni, offrendo un cameo qua a uno là. Raramente, di conseguenza, si incontrano di nuovo, e proprio per questo lasciano aperta una porta ai “normali”.
Tanak è in testa, ma fino a una prova dal Riposo al comando si sono alternati variamente. Se Tanak ha vinto tre volte, compresa la inaugurale cortissima Speciale, una volta hanno vinto Greensmith, Rovanpera, Evans e Ogier. In testa Tanak e Ogier, poi ancora Tanak e prima ancora Breen, che poi ha malauguratamente sciupato tutto andando a mettere un altro zero in fondo alla stessa scarpata vent’anni fa fatale a Colin McRae.
Dopo un giorno di gara, sia pure il più ungo, qualcosa è già abbastanza chiaro. Per prima cosa che Ott Tanak corre ormai per conto suo alla ricerca del massimo senza condizioni e condizionali, i giochi di Squadra di Hyundai che se li faccia Hyundai. Dopo aver vinto in Finlandia e Belgio, Tanak non ce l’ha fatta in Grecia per mancato gioco di squadra, e certamente non sarà intenzionato a concedere niente in Nuova Zelanda. Se non per una questione di Campionato, le cui ambizioni si assottigliano ad ogni chilometro che passa dei tre Rally di Campionato che restano, almeno per l’onore della faccia.
In testa e diversamente, fortemente motivati, sono già rimasti in quattro. Tanak per i motivi già elencati, Evans perché all’inseguimento di un successo dall’inizio dell’anno, Rovanpera che si dovrebbe prima di tutto imporre una funzione di controllo in prospettiva Mondiale, Ogier che non è mai sceso in strada con una macchina ufficiale pensando di farsi una passeggiata.
Dietro è un po’ un mortorio. Greensmith è onestamente quinto, alle sue spalle Neuville non trova l’assetto della confidenza con la macchina. Di fatto i due pagano già 45 secondi, mentre Solberg e Katsuta si avviano rapidamente verso i due minuti di ritardo dalla testa della corsa. Un po’ troppo. sono ben pi+ interessanti le posizioni di Hayden Paddon e Lorenzo Bertelli, entrambi nei dieci. Il fortissimo neozelandese è anche primo tra le Rally2, l’italiano è per la prima volta a bordo di una Rally1 dell’era “ibrida”.
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