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Leon, 10 Marzo 2018. “Nun ce se crede!” Poi corregge leggermente il tiro: “Te posso di’? Io nun ce credevo proprio! Eppure so’ venuto apposta!”. Sì, l’appassionato della Capitale, lo chiamano “Er Console”, è volato in Messico per non perdersi il rientro ufficiale di Sébastien Loeb. Come molti altri, essere lì, a lato delle strade della Storia e con la possibilità di rivivere la Leggenda in diretta, dopo sei anni, è molto più di un viaggio della passione, è l’appuntamento, vicenda chiave e punto d’incontro di quella passione con l’eterna giovinezza.
C’è un ordine di partenza favorevole, d’accordo, e ci sono le sei vittorie ottenute proprio su quelle strade durante l’epopea di un decennio di inarrivabile dominio. Ma sulle spalle di Loeb c’è anche l’inevitabile “ruggine”, quell’ossido che si stende sui riflessi per la mancanza di continuità nella pratica. Ci sono soprattutto quelle settimane, quei mesi, quegli anni in cui il tempo non si è fermato e ha fatto andare avanti la Storia. Una Storia di altri Piloti, di altre Macchine, di quell’evoluzione che si determina solo vivendo “dentro” e che altrimenti si subisce lasciando entrare la “vecchiaia”. Sì, i più categorici avevano detto: “È vecchio. Va bene il talento, ma anche Loeb è un uomo e diventa vecchio!”. Proviamo a riconoscerlo. In effetti, Sébastien Loeb non può essere considerato un “anziano”, neanche per il Motorsport, mondo dove gli esempi di longevità non mancano e dove l’età è sinonimo di esperienza. Cito i Fenomeni che mi stanno più a cuore, Jean-Louis Schlesser, Stephane Peterhansel e Paolo Andreucci.
Certo, bisogna stare addosso agli anni che passano e conservare intatto, oltre al talento, anche un certo non so che che sta nella testa. Insomma Loeb non è un “vecchio”, ma neanche un pischello. Senza tirare in ballo gli ex minorenni Bulacia e Rovanpera, classe 2000 e ventitré anni meno di Loeb, la nuova generazione dei Piloti WRC di belle speranze o già consolidata fama sta in un range di età distante tra i quasi dieci e i vent’anni dai 44 di Loeb. Nessuno è arrivato al WRC per caso, scoprendosi la vocazione o per essere riusciti a seminare i vigili, e tutti devono lavorare moltissimo per allinearsi, e poi mettersi in mostra in una disciplina che è estremamente esigente e molto specializzata, ormai sotto tutti gli aspetti vicina a qualsiasi sport olimpico o professionistico di altissimo livello. Più che per la ruggine, io credo che c’era da preoccuparsi, in buona sostanza, per l’avanzamento della Concorrenza, disciplinato da regole ferree e traducibile in un divario che poteva essere impietoso. E così è stato il risultato della prova spettacolo di Guanajuato, vernissage inaugurale del Messico 2018. Loeb decimo, solo il non troppo fortunato Suninen alle sue spalle. Tutti a nanna e sonni agitati, ma il romano continua a sognare il principe dei critici che si è sbagliato. Gli uomini, sì, diventano vecchi, ma non i… marziani!
La vicenda. Si inizia. Arriva la prima Duarte-Derramadero, 26 km tanto per cominciare sul duro, Loeb è terzo alle spalle di Meeke e Sordo. Le Citroen vanno bene, quindi, così come le Hyundai, e magari qualcuno non si è ancora svegliato. Poi la prima El Chocolate, e la sveglia suona per tutti. Vince Sordo davanti a Evans, entrambi favoriti dall’ordine di partenza, Loeb è quarto, Sordo passa in testa e le due Citroen sono tutte lì, in piena bagarre con autorità. Anche la Macchina va bene, allora, il divario, il “gap” come si dice, almeno in questa circostanza segnata dalla Storica vittoria di Meeke lo scorso anno, è colmato.
Sordo vince ancora, la prima Ortega di 17 chilometri, Loeb è secondo, Suninen si impone sul chilometrino della urbana Leon, Loeb terzo non molla, e si va al riposo del primo giro. Sordo, poi Meeke e Loeb, l’attesa Hyundai ma in testa con il Pilota inatteso, due Citroen sul podio virtuale, ma reale e realistico, Neuville, che non ha trovato l’equilibrio nelle prime Speciali pagando pesantemente il ruolo di apripista, perde definitivamente il contatto, problemi di benzina.
Sì, bisogna indovinare anche le gomme. O meglio, sceglierle giuste. Anche questa è un’operazione chiave, e a Loeb non manca l’esperienza. Il secondo giro inizia con il bis di Meeke e il ritiro di Evans. Loeb va lungo a un incrocio, finisce sesto e scende al quarto posto scavalcato da Tanak che diventa il suo riferimento. Si va alla seconda El Chocolate, o della “rivelazione”. Un non perfetto (sigh!) Loeb si sbarazza del velo di “ruggine” che lo infastidiva nei movimenti, esplode nella prima vittoria, sette Speciali dall’inizio, e si impone su Sordo e Tanak ridicolizzando due generazioni di Piloti e sei anni di implacabile, ma non per lui, carica di orologio. Loeb vince ancora sulla seconda Ortega, secondo ex-aequo con il “riferimento” Tanak, “timbra” con un terzo la seconda opera cittadina di Leon e chiude la Tappa del grande rientro con lo straordinario, da qualsiasi parte lo si guardi, piazzamento ad appena sette secondi dall’eccellente Dani Sordo. Peccato che sulla stupenda gara di Sordo gravi l’inevitabile ombra della Leggenda. Ordine di partenza o no, lo spagnolo è bravissimo, troppo spesso sottostimato e soprattutto molto costante, preciso. La sua competitività, condivisa in maniera eccellente con la i20 Coupé, vale comunque l’ambizione di un podio che sarebbe un grande successo.
Loeb secondo, dunque, Tanak terzo e in tutto non sono neanche una dozzina di secondi, Meeke, Ogier e Mikkelsen, e si arriva ai trenta secondi di distacco dalla vetta del Messico al termine della prima Tappa. Meeke si è girato un paio di volte, Ogier è la seconda “vittima” dell’ordine di partenza, Mikkelsen deve stare attento alle traiettorie con un assetto non ottimale. Poi è un po’ vuoto, in effetti. Tanto è vero che dopo i due minuti di Neuville arrivano le R5 di Tidemand, Greensmith, Heller e di “Marquito” Bulacia. Per Neuville, così come per Latvala, Lappi, Suninen, e anche per Rovanpera visto che abbiamo detto del coetaneo Bulacia, è giornata no.
Ed è solo la prima Tappa, il Console scende dalla montagna, era lì, al Chocolate, la bandiera della Roma insieme a uno striscione francese, con la voce rotta: “Che ve lo dico a fa’, un Marziano!”.
Foto Credits:
Manrico Martella
Jacub Pojmicz
Gerardo Isoard
Marcin Raybak
Agency: PURE WRC