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Villa Carlos Paz, 24 Aprile. Dopo Montecarlo, Svezia e Messico, è la volta del Rally Argentina, una quarta prova che attraversa ancora l’Oceano per andare incontro ad un altro capitolo importante della sua storia. Lo spettacolo del Rally trova in Sud America la festa della passione, e la Corsa assurge ad uno di quei rari momenti di atmosfera che avvolgono competizione, scenario e protagonisti, dentro l’abitacolo e ai lati delle piste, nell’entusiasmo che definisce il contesto magico del grande evento.
Tiziano Siviero: «Sì, quello del Rally Argentina è un ambiente eccezionale, evidentemente un’atmosfera unica. La Corsa è sentita come una festa, come accade un po’ in tutti i Paesi dell’America Latina, e il Rally argentino è quello che esprime più di tutti il calore di questa atmosfera. Oggi, in Argentina lo si vive come accadeva da noi tanti anni fa. Ragazzi e ragazze che vanno via il giorno prima, cercano il posto dove assistere al passaggio del Rally, e passano la notte fuori. È la festa della vigilia, con il fuoco, l’asado ad arrostire, le tende e la musica. Questa è l’Argentina bella ancora oggi, il Rally bello».
Il Rally è anche una corsa molto dura. È buono per indicare il valore di un Equipaggio? Chi vedi tra i favoriti?
TS. «Il Rally è molto duro, difficile, le speciali sono lunghe e le “strade” possono cambiare moltissimo per il tipo di terreno, da sabbioso a roccioso, o molto anche tra un passaggio e l’altro, o essere dissestate. In origine il Rally era stato incentrato su Tucuman, poi gran parte delle edizioni si sono svolte nella provincia di Cordoba e sulle montagne. Paesaggi bellissimi, ma geografia e terreni anche tosti, “rudi”, montagne quasi mitiche come la Traslasierra. Lì ci sono strade non più mantenute e oggi praticamente abbandonate, che collegavano una valle all’altra, e che verranno utilizzate solo per il Rally. Ci sono prove antologiche come la Agua de Oro, cinquanta chilometri, o la mitica El Condor Copina. Direi che sarà ancora un’edizione certamente difficile e direi che sicuramente, non per fare l’elogio alla nostra Storia, chi vince in Argentina è un Campione. Dire Ogier, oggi, è un po’ parlare di un argomento scontato, ma Ogier in Argentina non ha mai vinto, ed è comunque un Campione. Sarà senz’altro bello vederlo all’opera alla ricerca del successo che gli manca, o seguirlo nella “rivincita” con Latvala che ha vinto lo scorso anno».
Atmosfera, diecine di migliaia di spettatori lungo le strade. Tu che sei un esperto in materia, è difficile lavorare sulla sicurezza al Rally Argentina?
TS. «Certo, c’è sempre tantissima gente in giro, e il problema esiste ed è degno della massima attenzione. Ma devo dire che gli organizzatori hanno moltissima esperienza, sanno lavorare sui criteri di sicurezza con molta competenza, e danno il massimo in questo senso. In particolare, Carlos Borrione, una persona con un’enorme esperienza che sa il fatto suo».
Hai sentito della storia del forfait di Kubica? Che pensi di lui?
TS. «Sinceramente non ho seguito la storia del suo ritiro, non saprei se e quali problemi può aver avuto nel caso specifico. Di Kubica penso che è un Pilota forte, ma sono propenso a ritenere che sia andato un po’ in confusione. Pensava forse di arrivare al WRC e di vincere a mani basse, ma evidentemente non è così. Sono arrivati più che altro dei grandi incidenti. Probabilmente ha sottovalutato anche l’importanza del navigatore. Li ha cambiati come se fossero la mescola delle gomme, e questo ha le sue conseguenze. Il navigatore è importante anche per la gestione del Pilota, della sua tranquillità e della sua sicurezza.
Cambiare navigatore ogni volta vuol dire cambiare anche la prospettiva del risultato
Cambiare navigatore ogni volta vuol dire cambiare anche la prospettiva del risultato, perdere il controllo della situazione e non riuscire ad ottenere quello che si pensa di poter fare. Forse Kubica dovrebbe ritrovare la sua strada, scegliere un navigatore e tenere sempre quello, costruire un buon rapporto. Non è un caso che i grandi Piloti siano sempre stati restii a cambiare navigatore. Ogier e Ingrassia, Loeb e Elena. Anche quando tutti dicevano che Elena non era all’altezza Loeb lo ha voluto accanto a se. Qualcosa hanno vinto, poi. Ma questo discorso è valso per Miki e me, per Sainz e Moya. Non è un caso che si creino delle simbiosi che fanno funzionare tutto alla perfezione».
Il Rally, oltre all’Argentina, è importante per la tua Storia…
TS. «Per la nostra Storia, direi. Ricordiamoci che la prima edizione del Rally l’ha vinta la Fiat, e che Lancia ha fatto il vuoto per molti anni. Per dieci anni sono andato a correre in Argentina come Copilota. Con Miki l’abbiamo vinto tre volte. È stata la prima vittoria di Miki Biasion nel Mondiale. Era il 1986, Miki ed io vi partecipammo con la Delta S4 Gruppo B, e fu un successo indimenticabile. Eravamo al debutto su quelle strade, eppure andammo in testa sin dall’inizio del Rally, e ci restammo fino alla fine. Il Rally non finiva mai, l’alternanza di terreni e di situazioni, i guadi, a volte lunghissimi, era micidiale. Alle nostre spalle spingevano come matti, e noi di più per scrollarci di dosso gli avversari in agguato.
Tutto questo in un’atmosfera magica. Bisogna ricordare che in Argentina ci sono più italiani che… argentini, e i nostri connazionali aspettavano da sempre che un Equipaggio italiano vincesse il Rally. Fino ad allora avevano vinto tedeschi, francesi, svedesi, finlandesi, e finalmente vincemmo noi, e l’anno successivo di nuovo, e quello dopo ancora, per poco on vincevamo per la terza volta consecutiva. Ci fermarono un problema tecnico e un ordine di scuderia, e vinse l’indimenticabile Jorge Recalde».