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Alla 24 Ore di Le Mans – quest’anno vinta dalla Ferrari – così come nel resto del Mondiale Endurance, le gomme rivestono un ruolo cruciale. Per capire meglio quali sono i segreti degli pneumatici impiegati dalle Hypercar ci siamo avvalsi dell’aiuto di Matthieu Bonardel, responsabile motorsport di Michelin, fornitore di gomme non solo della classe regina, ma anche della LMGTE Am. Per la stagione 2023 delle Hypercar, Michelin ha sviluppato tre mescole per le slick da asciutto e uno pneumatico da bagnato, con degli obiettivi ben chiari in mente.
“In Michelin abbiamo una passione per l’innovazione, e non ci accontentiamo mai – ci ha spiegato Bonardel al Circuit de la Sarthe -. Lo scorso anno abbiamo vinto a Le Mans, ma ci siamo imposti l’obiettivo di migliorare ancora la longevità delle gomme. Questo era il nostro primo scopo interno. Il secondo era prendere quello che abbiamo imparato per quanto riguarda l’introduzione di materiali ecosostenibili per i nostri pneumatici per le vetture fuel cell e per la Taycan elettrica”.
“Con la fuel cell e la Taycan abbiamo dimostrato che possiamo raggiungere il 63% di materiale riciclabile negli pneumatici, in aumento rispetto allo scorso anno e in allineamento con l’obiettivo dell’azienda di raggiungere quota 100% entro il 2050”. E questa spinta verso l’ecosostenibilità si vede anche nel motorsport, visto che le slick per il WEC vantano il 30% di materiale riciclato, mentre le gomme da bagnato il 45%.
“Pensiamo che nell’ambito del motorsport possiamo procedere molto più velocemente – osserva - perché ci servono meno gomme. Il motorsport per noi è un laboratorio, e abbiamo come obiettivo quello di aiutare l’azienda a raggiungere gli obiettivi di ecosostenibilità che si è prefissata. Vogliamo che quello che viene fatto per le gomme dei prototipi abbia una ricaduta sulle altre gomme”. E per gli pneumatici delle Hypercar del mondiale Endurance c’è una novità, l’eliminazione delle termocoperte.
A Le Mans sono state usate una tantum, ma nel resto del campionato non saranno impiegate. E Bonardel concorda con la scelta di ACO e FIA. “Siamo convinti della decisione di rimuovere le termocoperte. Il WEC è una delle poche categorie in cui sono ancora utilizzate. Questo perché in certe circostanze si corre in condizioni fredde, come ad esempio di notte. Naturalmente dal punto di vista della sicurezza partire con le gomme calde dà un grip immediato. Però per la FIA non ha senso mantenere questa procedura, che è un retaggio del passato. Abbiamo la tecnologia per non usarle più”.
“Non dirò che l’assenza delle termocoperte non faccia alcuna differenza – puntualizza - ma è un gesto simbolico. Ma la cosa più importante dal mio punto di vista è che partire con le gomme fredde ha un impatto sulla performance generale delle auto nei primi giri. A prescindere da quello che facciamo, la gomma non garantirà il miglior grip nei primi 10 km. Il pilota può adattare il suo stile di guida per cercare di scaldare prima la gomma, ma l’aspetto più utile per farlo è cambiare il setup della macchina. Troveranno un modo per ovviare al problema”.
Diverso è il discorso per le gomme delle LMGTE Am, che, come spiega Bonardel, necessitano ancora delle termocoperte. “Le gomme per le GT sono state concepite tre anni fa e devono ancora essere scaldate; quindi, è un bene che lo siano. Per le hypercar la situazione è differente”. Tornando al divieto per le Hypercar al di là della questione dell’ecosostenibilità, Bonardel crede che l’eliminazione delle termocoperte sia giusta per un altro motivo. “Nei primi cinque km dopo il cambio gomme si perdono circa 10 secondi rispetto a una gomma scaldata, e questo è fantastico, perché c’è un prezzo da pagare se si cambiano gli pneumatici, il tempo sul giro. Le gomme si cambiano dopo il rifornimento da regolamento, e così si perde del tempo”.
“Però – riflette - i meccanici sono diventati talmente efficaci da cambiare le gomme con estrema velocità. Una volta ci mettevano 30 secondi, adesso circa 16. Non è sufficiente come penalità, va aumentata. Non interverrei sul numero dei meccanici e sulle modalità della sosta e nemmeno con penalità. Ma se succede in pista, perché il pilota non ha grip, allora è organico. Chiunque voglia cambiare le gomme, deve avere un buon motivo per farlo”.
“Lo spirito dell’Endurance è non cambiare parti, il motore, il cambio. Credo ci debba essere una ricompensa per chi non cambia una parte. Togliere le termocoperte è un modo d’impatto per incoraggiare – e non obbligare – per non cambiare le gomme. Dico incentivare e non costringere perché a volte ci sono motivi giusti per cambiare le gomme, come quando si fora o lo pneumatico è danneggiato”.
Ma come ha lavorato Michellin per avere gomme performanti anche senza riscaldarle? “Togliere le termocoperte è stata una grande sfida anche per noi. La cosa più banale sarebbe stata rendere le gomme più morbide, ma sarebbe aumentato il degrado alla fine dello stint. Per svilupparle al meglio abbiamo usato il nostro simulatore, su cui possiamo testare diversi tipi di gomme in diverse condizioni della pista. La correlazione è molto buona, e ci aiuta a definire i vari compound”.
Michelin ha concentrato i suoi sforzi anche sull’unica gomma wet della gamma, che deve funzionare nelle diverse condizioni di bagnato della pista. “Abbiamo lavorato per aumentare la polivalenza della nostra gomma da pioggia – spiega Bonardel -. Usare un solo tipo di pneumatico wet su una pista su cui può piovere in alcuni punti ed essere asciutto in altri è molto difficile. Il simulatore ad oggi non è in grado di riprodurre situazioni come quella che abbiamo vissuto in serata. La fisica del bagnato è molto più complessa di quella sull’asciutto, e quindi dobbiamo procedere alla vecchia maniera, provando in pista”.
“La gomma wet doveva passare il test di Le Mans, e credo che l’abbia superato, non solo in termini di performance, ma anche di tenuta sia in condizioni di bagnato che di pista umida. Le uniche auto che hanno avuto testacoda sono quelle che avevano scelto di restare sulle slick per paura che la gomma da bagnato si degradasse sull’asciutto. Ma chi ha montato le wet è riuscito a usarle fino al momento in cui si poteva passare alle slick”. “Le gomme da bagnato – aggiunge - hanno dimostrato di funzionare anche in condizioni di pista umida. I tempi erano buoni, così come la tenuta, e anche i team erano soddisfatti”.
A dire il vero, anche una gomma slick ha avuto un’inaspettata efficacia in condizioni miste: si tratta della mescola più morbida della gamma. “La nostra soft era pensata per la notte, ma ci siamo resi conto a Spa che si comportava molto bene anche su pista umida. Credo che Toyota sia partita con le soft perché pensavano potesse venire a piovere e di poterle usare come se fossero delle intermedie, evitando una sosta. Questo è il beneficio di aver concepito uno pneumatico che non deve essere scaldato”.
Ma come gestiscono le gomme i piloti? “In generale – osserva Bonardel - spingono senza pensarci troppo nei primi due stint, e poi nel terzo solitamente sentono una perdita di performance su uno dei due assali, e devono cercare di mantenere la stessa performance, ma con meno aggressività. Se spingono troppo quando la gomma è ancora fredda, finiscono per surriscaldarla, con un impatto sulla performance verso la fine dello stint”.
“Devono essere accorti nel modo in cui usano la gomma a inizio stint, devono spingere ma non troppo. Se sono gentili con la gomma all’inizio, lei lo sarà più avanti”. E i team, aggiunge, “devono fare bene i loro calcoli, perché ad un certo punto la gomma degrada, e la macchina diventa sovrasterzante o sottosterzante. La struttura rimane intatta, ma diminuisce il grip meccanico, e alla fine dello stint si possono perdere quei secondi che si pensava di risparmiare non facendo una sosta”. Variabili importanti, in una categoria dai tanti spunti tecnici e sportivi.