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«Non siamo un marchio né un gruppo criminale, non lo siamo mai stati. Abbiamo commesso una mancanza enorme, ma non c'era nessuna intenzione contro i nostri clienti e le autorità». Così Matthias Mueller, ad di Volkswagen, ha nuovamente recitato il mea culpa parlando di Dieselgate, stavolta nel primo viaggio negli Stati Uniti da quando è scoppiato lo scandalo dei motori TDI dalle emissioni “truccate”.
Si tratta di un momento cruciale per Volkswagen, il più importante forse da quando, nello scorso settembre, è deflagrato lo scandalo che ha portato ad un crollo di fiducia, nonché di capitalizzazione e volumi dopo la scoperta da parte dell'EPA del software che mascherava le emissioni di NOx di alcuni dei suoi motori Diesel.
Da una parte c'è infatti il NAIAS 2016, il Salone più importante d'America, dove la parola “Diesel” è quasi bandita per il costruttore di Wolfsburg, che presenterà infatti una versione plug-in della Tiguan e il Budd-e, in pratica un Bulli elettrico. Dall'altra l'incontro con l'agenzia federale per l'ambiente che ha rifiutato sinora le proposte del costruttore per correggere le discrepanze tra valori reali e valori misurati al banco di circa 600.000 vetture commercializzate oltreoceano.
Mueller incontrerà mercoledì i vertici dell'EPA, che ha depositato allo U.S. Department of Justice, la corte federale, una denuncia per violazione delle leggi ambientali. «Finora, le discussioni sui richiami con l'azienda non hanno prodotto una strategia accettabile. Queste negoziazioni continueranno in parallelo all'azione della corte federale», ha precisato ufficialmente Cynthia Gilles, la responsabile dell'EPA che segue il caso. In questo procedimento, Volkswagen rischia una multa fino a 48 miliardi di dollari.