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La casa di Göteborg sta sfruttando le più avanzate tecnologie provenienti dal mondo dei videogames per implementare la sicurezza delle proprie vetture. I giochi, insomma, sono diventati una cosa seria: basta dare un’occhiata al livello di profondità e realismo raggiunti dalle ultime produzioni dell’industria videoludica per rendersi conto dell’immenso lavoro portato avanti dai team di sviluppo.
Volvo è riuscita a capire questa cosa prima di altri ed il risultato, manco a dirlo, è spettacolare sotto diversi punti di vista. Immaginate di entrare in una sorta di Matrix - un mondo digitale dalle infinite possibilità - dentro al quale è possibile lavorare alla sicurezza di un’auto: le simulazioni diventano centinaia, dalle più frequenti alle meno convenzionali e la velocità di esecuzione viene accelerata dalle 200 alle 300 volte rispetto ad un normale test su strada.
Le possibilità del team di sviluppo Volvo sono quindi moltissime: i software impiegati permettono, ad esempio, di ricreare la caduta di un materasso dal tettuccio del veicolo che ci precede, oppure simulare l’attraversamento di un alce in una calle di Venezia. Ma, soprattutto, i feedback sul comportamento della vettura, le reazioni del pilota e dei passeggeri diventano semplici da catalogare e quindi da prevedere. Algoritmi estremamente complessi si traducono quindi in infinite possibilità di salvare potenzialmente la vita di chi si trova in auto.
Abbiamo avuto la possibilità di assistere ad alcune simulazioni avvenute nel centro di ricerca e sviluppo di Göteborg, quartier generale Volvo, in cui un team specializzato lavora sfruttando queste nuove tecnologie per migliorare la sicurezza. L’hardware di base è composto da due attrezzature, una già ampiamente sul mercato e l’altra riservata al futuro dell’industria videoludica. Nello specifico Volvo impiega un visore in realtà mista Varjo (un XR-1 Developer Edition) per immergere chi lo indossa in un mondo digitale e, attraverso l’eye tracking, riconoscere le emozioni e gli stati d’animo suscitati dalle diverse esperienze.
La seconda componente, di gran lunga più avveniristica, è la tuta indossabile Teslasuit con sensori applicati su tutto il corpo. Questo significa che qualsiasi movimento compiuto da chi la indossa viene registrato e sviluppato in digitale, con una tecnica simile a quella impiegata nelle produzioni hollywoodiane per la CGI. Solo che la cosa non si ferma qui, anzi. I motori integrati nella tuta, controllabili da remoto, permettono a chi agisce sul computer di muovere il soggetto che indossa questo strumento anche contro il proprio volere. Un click ed alzi il braccio, un altro click e fai un passo in avanti.
Combinando il visore e la tuta con una scansione approfondita dell’ambiente circostante ed il software di simulazione Unity, è possibile trasportare il tester in una realtà completamente virtuale. In questo modo si inserisce il guidatore in situazioni di stress, pericolo e altre situazioni che potrebbero verificarsi durante la guida senza però correre rischi reali. Quando abbiamo scritto Matrix non stavamo esagerando.
All’atto pratico ci sono diverse maniere con cui Volvo combina queste tecnologie. Al momento della presentazione ci è stato dimostrato come tuta e visore possano essere d’aiuto nel momento in cui l’auto a guida autonoma richiede al pilota di riprendere il controllo della vettura: in situazioni d’emergenza afferrare il volante senza sterzare improvvisamente può essere essenziale per la vita di chi guida. Ed è un passaggio obbligato per chi, come Volvo, punta a vetture capaci di offrire quella che è stata battezzata unsupervised driving, una guida autonoma in cui il costruttore si assume la responsabilità di eventuali errori da parte del software.
Un altro stadio dello sviluppo viene invece effettuato su di un tracciato chiuso al traffico in cui il tester si trova ad affrontare situazioni d’emergenza simulate dal computer. Tu guidi normalmente, ma tutto ciò che accade all’auto o alla strada è frutto di una simulazione. Un vantaggio enorme se pensiamo a tutte le casistiche che possono essere simulate dai tecnici: un veicolo davanti a noi che frena bruscamente, l’attraversamento di un animale, un cedimento del manto stradale e tanto altro. L’eye tracking misura i tempi di reazione dal momento in cui il guidatore vede il pericolo, mentre la tuta riesce a registrare le reazioni fisiche del guidatore e a replicarle su passeggeri digitali. Anche la vettura impiegata per la prova può essere simulata a seconda delle esigenze, passando dalla berlina al SUV in uno schiocco di dita: in questo modo i test possono essere svolti anche su auto ben lontane dalla produzione, cosa che permette di valutarne i punti critici ancora prima del collaudo dei prototipi.
Questa trasposizione delle tecnologie virtuali nel mondo reale è un’esclusiva Volvo che, al momento, è l’unica azienda automobilistica a combinare in questo modo il reale con il virtuale.
Il 2021 sarà un anno importante per Volvo che, al debutto con la nuova piattaforma SPA2, dovrebbe presentare la nuova generazione di XC90. Va da sé che parte della tecnologia sviluppata con questo nuovo sistema verrà impiegata per migliorare la guida assistita sul nuovo SUV svedese, mentre grazie al VR sarà possibile rivoluzionare l’esperienza utente dall’acquisto di una nuova vettura arrivando a migliorare l’assistenza post-vendita.
Sarà infatti possibile configurare la propria auto attraverso lo smartphone e vederla comparire in realtà aumentata davanti ai propri occhi, così da valutarne le dimensioni, gli spazi interni e la dotazione… direttamente da casa.
Per avere a fianco un copilota in CGI invece, ci è stato chiesto di portare ancora un po’ di pazienza.
Cosimo Curatola