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Paolo Martin espone da maggio a luglio 2022 più di 150 disegni e alcuni modelli a Venezia, a Ca' Balbi Valier, in affaccio sul Canal Grande. Un'esposizione privata, su invito, illustra tavole in cui si pone a fianco al primo bozzetto di progetto la foto del prodotto finito, raccontando visivamente la coerenza progettuale dell'autore, sempre legato all'idea primigenia. Nel percorso creativo di Martin infatti il progetto non subisce "evoluzioni", modifiche o ripensamenti, ma nasce da una visione istantanea e immodificabile, fotografia tridimensionale di un idea.
Due mesi fa una sua telefonata: "senti, ho stampato quasi tutti i miei bozzetti e ne ho fatto una raccolta su forex, in tante cartelline ordinate: ti fai venire qualche idea?". L'idea non ha bisogno di una seconda telefonata: per pura fortuna era ancora libero per qualche tempo uno spazio grandissimo a Venezia, in disuso, ma perfetto per esporre e fotografare i lavori di Martin.
"Li appendiamo tutti e ce li guardiamo in un colpo solo, li fotografiamo in un catalogo e poi smontiamo tutto". Una cosa forse senza senso ma unica: l'occasione rara di un salone a Cà Balbi Valier sul Canal Grande, in cui vedere allineati insieme quasi tutti i progetti di Martin, cosa mai avvenuta anche per l'autore stesso.
La casa fu residenza della pittrice Ida Barbarigo Cadorin, che aveva attrezzato tutti gli spazi per appendere i quadri suoi, del padre Guido Cadorin e dello zio, del marito Zoran Music ed altro: si poteva procedere ad appendere le opere di Martin su strutture già parzialmente presenti.
Quando Ida se ne andò a 97 anni, la casa rimase completamente spoglia, traumatizzata dal tempo e dalla scomparsa del '900, dissoltosi nel silenzio e nella luce unica di Venezia. Abitarono qui Isadora Duncan, i pittori citati prima, era frequente ospite il presidente Mitterand e furono tracciati qui i primi bozzetti del primo Mas, con il celeberrimo cantiere Camuffo. D'Annunzio ci venne a nuoto per corteggiare la bella "Balbina", che lo respinse con la sua simpatia "piuttosto un carabinier!", scherzando sull'esile corporatura del Vate.
L'ultimo Balbi Valier fu geniale figura creativa tardo ottocentesca, brillantissimo imprenditore, fondatore di scuole ed ospedali, fino a giungere a selezionare il Prosecco di varietà pregiatissima "Balbi Valier", nonchè ad inventare aratri performanti che necessitassero di meno buoi da traino, affinché i contadini meno abbienti incrementassero la produttività dei loro raccolti. Insomma, un buon posto per ospitare la creatività di Martin.
I primi disegni appesi per prova son stati la 130 Coupé, la Dino 206 Berlinetta, l'Otam '80 e da lì la decisione: bisogna farne una mostra, per forza privata per i limiti del posto, e poi magari farla proseguire altrove.
Presto detto, arrivano anche i modelli, le pentole Sambonet, il telaio automobilistico a sospensioni magnetiche, il modello del mitologico "Record '80", fino a girare un'ora e mezza di intervista, rilasciata in un fiato, rispondendo a pochissime domande, un rarissimo monologo dell'autore.
In poco tempo si allestisce tutto e Martin arriva a realizzare addirittura gli ancoraggi delle tavole, reallizzati uno ad uno in pelle Connolly. Martin gradisce l'idea di adoperare, per illustrare il preziosissimo ciclo di disegni di Piero Stroppa dedicati alla genesi della Modulo, "Diab Silver Fir Pavilion", progetto eseguito dagli studenti della facoltà di Ingegneria ed Architettura di Padova, coordinati dall'architetto Laezza, integralmente monomaterico e realizzato in economia circolare su impulso del sottoscritto. Il padiglione è stato realizzato a controllo numerico e messo a disposizione da DIAB.
La genesi della Ferrari Modulo, una delle 10 tavole di Piero Stroppa, impeccabile documento dell'epoca d'oro di Pininfarina: ritrae Martin al lavoro sul blocco di polistirolo fatto approntare da Martinengo su esplicita richiesta del designer. Da questo blocco nacque la Modulo, "scolpita per togliere" nel solo mese di agosto del 1969.
I disegni di Stroppa documentano con precisione estrema e verosimile tutti gli strumenti, i metodi di disegno e gli ambienti lavorativi della Pininfarina dell'epoca di Martin: preziosissimo ed unico.
DIAB Silver Fir Pavilion: L'architettura, riciclata, riciclabile e già nella sua "second life" ospita la genesi di Modulo e il progetto della scarpa "Modulos", di Martin e "Atelier Mina". Gestire l'intero ciclo espositivo in economia circolare è stato di grande soddisfazione, senza produrre praticamente residui indifferenziati. Si testa il senso di un esposizione carbon free, pressochè priva di illuminazione, affidandosi alla brillantezza delle tavole.
Il lavorare di Martin è unico: il suo progetto deriva da una visione tridimensionale "ispirata", tipica dell'artista, che viene poi realizzata integralmente a mano in ogni sua parte funzionale, con la perizia tipica del progettista tecnico. Martin non ha eguali per queste sue doti, e "Vision in Design" ne documenta la sostanza.
Non vi è infatti un tema principe, specialistico: se la Ferrari "Modulo" appare un capisaldo della storia del car design all'appassionato di auto, la bicicletta Martin's Bike del 1983 è un capolavoro di portata analoga per l'appassionato di bici. Chi ama le barche non può che rimanere estasiato dalle collaborazioni di Martin: esordio per Sonny Levi, proseguo con Magnum, Cigarette, Otam, fino a Fabio Buzzi. Trent'anni fa aveva già progettato i motori fuoribordo celati nello scafo, attualissimi. Solo mezzi? No, la macchina tessile di metri 20 x 6 realizzata per Bianco, ebbe un grande successo. Sono presenti anche le pentole inox a manici smontabili e la glacette, disegnata conica per aumentare la coibentazione nella parte più ampia della bottiglia, entrambi per Sambonet.
La lunga intervista ha affascinato i pochi che l'hanno potuta vedere, ascoltando pensieri, aneddoti e opinioni. Ci sarebbe piaciuto divulgarla ma è arrivata la netta censura di Paolo, cordialissimo ma secco: "non mi ci rispecchio, è stato un momento di stanchezza: le interviste le faccio solo disegnando, non voglio parole o spiegazioni quando vado ad una mostra. Quello che vedo se mi piace per quello che è bene, sennò, se me lo devi spiegare, vuol dire che non ha senso".
Ne riportiamo comunque almeno il finale, per rendere un' idea in merito alla tagliente vita di creativo di Paolo Martin: "è stato bello potermi dire che cosa dovevo fare e non dovermelo far dire dagli altri".
Vi lasciamo con le immagini di compendio alla raccolta illustrata.
Alessandro Sammartini, info.taistudio@mynet.it