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Questa faccenda del virus mortale in via di crescita per alcune zone della Cina, comincia a farsi sentire anche nel settore dell’auto. Nessuno lo avrebbe mai detto fino a poco tempo fa. Vero è che la crescita cinese stava rallentando, ma con questo importante dramma sanitario, gli effetti negativi, per “l’auto che parla cinese” sono diretti e immediati.
Le misure prese in Cina sono totalmente sanitarie e dovute, ma cambiano il modo di vivere sperando nella cura capace di fermare il crescere del pericolo. I blocchi che arrivano sul fronte delle multinazionali coinvolte da fuori invece, diventano pesanti per l’industria tutta, per le attività economiche da tempo in essere, per la redditività, gli invenstimenti e ovviamente per la capitalizzazione finanziaria.
Soprattutto un netto stop su un fronte che era in crescita. Wuhan è anche una delle città “automobilistiche" della Cina, sede di stabilimenti per la filiera fatta di partnership tra locali e globali. Si parla ad esempio di General Motors (con SAIC), Nissan, Renault, Honda e PSA. Tutte queste attività che impattano sul settore dell’auto si trovano in mezzo ai blocchi, più o meno totali, di alcune vie di trasporto e quindi dei flussi lavoro. Il triste paradosso dell’industria che spinge il settore mobilità, ferma ora a causa della mancanza di mobilità. Il motivo è quello serio, inaspettato della crisi sanitaria per colpa del coronavirus.
E se per anni ci siamo sentiti dire, in Europa, la Cina venderà di più, produrrà sempre di più; se per anni gli investimenti sono stati orientati secondo un trend definito, un pozzo inesauribile. Ora cambia un pochino la cosa, soprattutto per la Cina stessa. La minore mobilità causa il virus da controllare, non rallenta solo gli stabilimenti delle Case auto e della filiera, cinese o globale che sia presente in zona. Calano potenzialmente anche i consumi e l’economia stessa del grande Paese.
Per noi “piccoli europei” che gravitano nel mondo del Vecchio Continente, una sola prima evidenza a quattro ruote: la fase fluida, tendente al negativo, dei titoli legati a Case auto ed aziende molto esposte in Cina. Per esempio è scesa Renault, negli ultimi giorni, che pare a Wuhan abbia una capacità produttiva annua di 300.000 veicoli, ora limitata.
Anche PSA ha comunque superato quota 100.000 per volume locale, allertandosi per la sicurezza di tutti i dipendenti; mentre Honda addirittura, a Wuhan ha più stabilimenti che pesano molto nei bilanci globali della Casa. Per tutti i carmaker globali abituati a certi ritmi e modi di lavorare, di programmare e di far viaggiare merci piuttosto che persone, ora arriva un paletto dovuto al virus cinese 2020: rispettare i regolamenti con i blocchi imposti, avere i dipendenti che non possono lavorare in zona e funzionari o tecnici che limitano le trasferte cinesi.
Al dramma umano e sociale della regione, qualora la situazione peggiorasse, si sommerebbero effetti aziendali globali.