Vigili a Milano, La storia dei ghisa nasce prima del traffico e dell’Italia

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Sono parte della tradizione milanese da prima che sorgesse l’Italia, i membri della moderna Polizia locale. Ecco la loro storia, i simboli e il perché dei vari soprannomi
24 gennaio 2019

Ogni utente della strada conosce i vigili urbani, specie quelli della propria città. Sono quelli che sì, danno delle multe ad automobilisti o motociclisti indisciplinati, ma sono anche quelli che aiutano la gestione e la vita dei cittadini in molti frangenti, non prettamente legati alla mobilità. Tra i più noti d’Italia, con quasi 160 anni di storia alle spalle, ci sono quelli di Milano, detti “ghisa”. Non è questione solo d’immagine, sempre curata, di abbigliamento, nato singolare già al tempo, di numerosità elevata o partecipazione a scene popolarmente note, persino del cinema (una su tutte: Totò e Peppino in piazza a Milano, chiedendo informazioni stradali al ghisa). Il vigile, il ghisa, a Milano è stato sempre rispettato e anche apprezzato, passando da momenti duri e tristi, prima di arrivare a gestire il traffico o meglio, come giusto dire oggi, la mobilità.

GHISA NON DI GHISA. Lontano il credere che quel copricapo possa mai esser stato di ghisa (è di sughero) e nemmeno possibile un’origine per diceria denigratoria, ovvero che dentro vi fosse una testa dura, come quel materiale. Sono forse due le ipotesi serie per cui a Milano, i vigili, sono soprannominati ghisa. La principale è quella del vestiario alle origini, con quel cappello vistoso, somigliante a un tubo di stufa e il colore stesso dell’abito, simile anch'esso a quello delle stufe, di ghisa appunto. Altra, secondaria, quella di richiamo al periodo in cui i vigili servivano un assessorato comandato da Ghisalberti.

Il cappello, in sughero, della Polizia locale milanese
Il cappello, in sughero, della Polizia locale milanese
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1860

Quella metropoli connessa e varia, globale, in costante fermento e purtroppo anche in coda, automobilistica, che oggi è Milano, poco ha a che fare con quella in cui nacque il corpo dei Sorveglianti. Perché così furono definiti al tempo, i vigili urbani. Milano diversa specie nel tessuto sociale, ma anche nella geografia e nelle strade: il paese viveva in sostanza dentro l’Area C, quella oggi off-limits per molte auto, nella cerchia dei Bastioni. Abitanti? Poco sopra i 190mila, quando nacque il corpo che oggi, dopo 158 anni, è presente in grandi forze: oltre 2800 unità. Erano cinquanta i primi arruolati, oggi dieci volte tanti sono solo quelli che lavorano in strada, per la Polizia Municipale a Milano.

Nel momento in cui il sindaco Beretta aprì il concorso per quelle decine di nuovi sorveglianti, Milano era una città libera, dagli austriaci, ma senza forze dell’ordine e senza nemmeno la “presenza” del regno d’Italia, che doveva ancora strutturarsi. Una città che si autogestisce, ma cui non bastano certi metodi informali, per l’autorità che veniva nella sostanza esercitata attraverso la forza e senza un coordinamento istituzionale. Pensare al traffico come inteso oggi? Nemmeno l’ultimo dei problemi di un sorvegliante dei primi anni. Assenti i veicoli a motore, semmai c’era da domare qualche cavallo, o placare animi rissosi.

L'origine del nome ghisa è nel vestiario dei primi anni
L'origine del nome ghisa è nel vestiario dei primi anni

Canón de stüa

Ci vollero molte sedute di consiglio, per decidere di far cominciare la storia dei vigili urbani a Milano. Per definirne le giuste caratteristiche e la dovuta dotazione, inclusa una a lungo inutilizzata pistola. Over25, di costituzione robusta, in servizio dall'alba alle 22, con tre ore di pausa. Mica poche, direbbe un milanese lavoratore di oggi, ma da un non certo leggero servizio, pensando alle condizioni del tempo. Paga mensile? 90 lire. Era l’ottobre 1960 quando si videro in strada le prime divise, pesanti e quel cilindro molto grande, di feltro con pelle nera. Nacque il detto “canón de stüa” primo soprannome dialettale per i vigili di Milano riferito a quel copricapo un po’ esagerato. Usavano anche un cappotto, abbottonato e un mantello, blu. Impatto molto serio quindi, ma con i loro servizi utili e a volte inediti, nel rispetto di ordinanze comunali, entrano in breve nel gradimento della cittadinanza; per gli aiuti e la sicurezza, imposta talvolta con uso di bastone, per gli arresti.

Simbolica immagine di Milano: ghisa su pedana dirige traffico in piazza Duomo
Simbolica immagine di Milano: ghisa su pedana dirige traffico in piazza Duomo

Amici del cittadino

Nel 1890 nasce quel casco che è rimasto quasi uguale sino a oggi, di sughero rivestito e nel 1895, ecco una prima gara per cambio uniforme. Ci s’ispira anche agli inglesi, dove a Londra le forze urbane sono avvezze anche loro al clima umido e nebbioso, a domare risse e tenere a bada cavalli. La nuova giunta rivoluzionerà tutto in breve: più informali, tagli corti per il vestiario e non più impatto serioso. Soprattutto, quel nuovo “capel de campee” facente sembrare il ghisa più un contadino, che un militare sorvegliante. Con il nuovo secolo che arriva, il corpo dei vigili si militarizza, ma diventando autonomo si rifiuta, nonostante certi ordini reali, di andare contro i cittadini quando arriva a Milano il generale Beccaris, per sedare una seria rivolta. È questo uno dei casi che identifica i vigili milanesi come veri amici della cittadinanza. Con l’Expo 1906, ancora una nuova divisa e ritorna, insieme al tono serio, il mitico cappello da ghisa.

I ghisa e la moto: un legame da sempre solido
I ghisa e la moto: un legame da sempre solido

Lotta&Semafori

Minuti di bicicletta come tanti altri, i ghisa, ma tra i pochi, forse primi se non nel mondo in Italia, ad allenarsi con discipline di lotta, giapponese soprattutto: per esprimere autorità senza armi. Ancora una volta Milano si guarda intorno, ispirandosi alla polizia di Parigi e di Londra, per fare difesa personale usando il controllo e non la brutalità. In effetti, buona parte del lavoro sulla strada per i vigili era anche dirimere o gestire delle risse. Un quotidiano del 1913, racconta con dettagli quasi comici del come un vigile, poco distante da piazza Duomo, riuscì solo grazie alle arti marziali acquisite nel compito di placare una tremenda lotta, tra pregiudicati che minacciavano e avevano la meglio anche su soldati e altre guardie. Intanto Milano si motorizza, con automobili che mettono ruote in strada sempre più spesso. Incredibilmente, pensando a oggi, quando nel 1925 viene inaugurato il primo semaforo in piazza Duomo, vicino al “carosello” dei tram... Gli abbienti del tempo presero l’auto e si misero in coda apposta, per provare il semaforo! Ovviamente i semafori, per lungo tempo, furono appesi con catenella e comandati a mano, dai ghisa.

Befana del vigile
Befana del vigile

Guerre

Durante i conflitti che hanno coinvolto l’Italia, circa un quarto dei ghisa finisce in guerra e, pur preparati meglio della media, come tutti subiscono ferite e decessi. Ma è soprattutto nella loro città che lavorano, per le moltissime attività di assistenza dovute in tempo di guerra che nessun altro poteva fare, alcune anche di sussistenza. In una città che ancora non conosce i grandi problemi del traffico odierno, pur espandendosi, i vigili aumentano di numero, passano a 600, poi addirittura 900. Durante il ventennio fascista, il vigile urbano esegue le ordinanze anche se a più riprese venne provato lo scioglimento del corpo locale. I bagni di folla di quei tempi erano gestiti non certo dalla security privata o “dell’organizzazione” ma dai ghisa, nel rispetto delle norme.

Divisa estiva, bianca e servizio traffico anche al buio, per i ghisa
Divisa estiva, bianca e servizio traffico anche al buio, per i ghisa

Moto, Forestieri e Traffico

Negli anni Trenta, ecco le prime Gilera, moto per i ghisa e il primo controllo strutturato dei veicoli in strada, sulla pedana, quello notissimo e popolare fino a qualche anno addietro. Tipiche le manichette bianche, lunghe 22 cm, da usare su giacca invernale (scura) per farsi notare dirigendo il traffico. Il ghisa mantiene sempre scarpe e manichette a posto, pulitissime, ma già ai tempi doveva relazionarsi con il pubblico e quindi, pronta in tasca ha anche la guida di Milano, per dare le informazioni giuste.

Ancor prima della seconda guerra mondiale però, a Milano si concentravano sempre più carri, auto, tram, convogli, che svolgevano attività commerciali e produttive in crescita. Il dato negli archivi parla chiaro, stava nascendo il noto traffico milanese già prima della seconda guerra mondiale: allora erano oltre diecimila le auto che transitavano in un giorno in piazza Duomo. Così come per la lotta, dovuta per la società degli inizi, anche per traffico e incidenti automobilistici, i ghisa non si limitano, prendendo idee e spunti anche dagli altri Paesi.

Curiosità

Parlando con un ex-ghisa come il cavalier Gianfranco Peletti, dell’Associazione Polizia Locale Milano, si ha modo di ascoltare decine, forse anche centinaia di storie curiose inerenti al corpo dei vigili milanesi. Ve ne elenchiamo qui a seguire alcune:

- Il ghisa che fa servizio in strada ha un gesso in tasca: per “tenere” bianchi vestiti e scarpe (specie in caso di un controllo)

- Il ghisa in periodo di guerra: aveva documenti riconoscimento doppi, tessera in tedesco e inglese, per i militari

- Il sidecar con sirena a manovella dei ghisa: serviva per dare allarme bombardamento in tempo di guerra (erano in servizio h24)

- Milano&Business: già negli anni ‘40 le pedane dei vigili nel traffico potevano essere sponsorizzate

- Anni ‘50 uguale Moto Guzzi: Falcone 500 in dotazione al corpo

- Befana del vigile: usanza di fare regali ai ghisa in occasione dell’epifania. Poi limitata per non fare pubblicità con esagerata merce ai piedi delle pedane

- Vigilùn: nome affibbiato ai primi membri volutamente alti e in servizio di rappresentanza, per contrasto ai corazzieri presidenziali di Roma

- Le prime auto in pattuglia dotate autoradio avevano doppia batteria: una dedicata ad alimentare solo sirena e luci, per non restare a piedi

- Le prime cinque moto BMW arrivate per gli anni Settanta: l’input venne perché la scorta del presidente Segni seminava le moto in uso ai ghisa e la “furbata” per ottenere la nuova e prestante fornitura tedesca, al posto di quella tricolore, fu inserire velatamente nel bando di acquisto una caratteristica “elettrica” presente unicamente nelle BMW

- Donne ghisa: era il 1977 quando a Milano, entrava in servizio la prima donna vigile, Tina Guarnieri (doveva condividere ambienti di spogliatoio con uomini, suo malgrado)

- Nel 1983 la prima vigilessa salì in moto, condizione non da tutti

- La placca con il numero di matricola dei ghisa è oggi alla sua terza edizione, che perdura da fine anni Sessanta

 

OMF

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