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Non è stato un miraggio estivo prodotto dal gran caldo di questi giorni, ma di una fortunata coincidenza: sul lungomare di Salerno, tra arroganti Suv ed anonime city-car, ci siamo imbattuti in una distinta “signora“ a quattro ruote che ha subito destato la nostra attenzione.
Non ci sbagliavamo: eravamo al cospetto di una Vespa Acma 400, vera rarità storica, soprattutto se consideriamo che ancor oggi si muove per le strade della città campana.
Negli Anni 50, la Piaggio produsse questo veicolo in Francia: una graziosa vettura che però non arrivò mai in Italia per non far concorrenza alla Fiat 500.
All’epoca, il settore della mobilità di massa era in pieno fermento ed anche Piaggio - al pari di altre Case di gran blasone come ISO, BMW, Zundapp e Siata - fiutò l’affare: nel 1952 iniziarono i primi test sui prototipi della vettura, sviluppata dalla matita magica di Corradino D’Ascanio, l’ingegnere cui si deve la Vespa.
L’auto, battezzata Vespa Acma 400 (dal nome della società francese creata ad hoc per aggirare i dazi doganali) era una berlina mossa da un motore bicilindrico posteriore a 2T a distribuzione rotante da 393 cc, raffreddato ad aria, con potenza non certamente record di circa 13 CV, con cambio a tre rapporti più la retromarcia, e frizione monodisco a secco.
Grazie alle dimensioni compatte (lunghezza 2,8 metri, larghezza 1,2) ed al peso molto contenuto (380 kg a secco), la Vespa Acma 400 toccava i 90 km/h e percorreva 16,5 km con un litro di miscela, disponibile grazie al serbatoio per l'olio da 2,4 litri con scala graduata e manovella posto sotto al cofano.
Presentata al Salone dell’Auto di Parigi del 1957 (lo stesso anno della Fiat Nuova 500, quelle con le portiere ad apertura antivento proprio come la Vespa 400…), la Vespa Acma 400 ottenne un discreto successo, raccogliendo in pochi mesi circa 20.000 prenotazioni: restò in produzione fino al 1961, quando l’ultima delle circa 31.000 unità realizzate nelle tre versioni previste (Luxe, Tourisme e GT) uscì dalla catena di montaggio.
Solo quattro anni di vita, dunque, comunque sufficienti a farla diventare oggetto di culto tra gli appassionati della Casa di Pontedera, soprattutto italiani, per i quali era una sorta di frutto proibito stante la mancata commercializzazione all’interno dei nostri confini per una sorta di gentlemen's agreement tra Piaggio e Fiat, che evitarono di farsi concorrenza.
Nonostante tutto, circa 100 di esse entrarono lo stesso in Italia, a disposizione dell’azienda e della rete commerciale: a tale schiera sicuramente apparteneva il modello visto a Salerno, che appartiene ad un cultore delle auto d’epoca e che per non cederla ha rifiutato offerte anche con molti zero.
La nostra curiosità ha vinto la sua reticenza, e ci ha permesso di sederci al posto di guida: i sedili rivestiti in un nostalgico vimini intrecciato, la leva del cambio a cloche, le levette di accensione e starter sul tunnel centrale, il piccolo cruscotto con tachimetro e conta/km insieme alla serie di spie per carica della dinamo, riserva della benzina, luci e frecce, sono tutti richiami ad un mondo antico, ma dal fascino inalterato.
Tra le dotazioni di serie, spicca il tettuccio apribile in tela, la ruota di scorta sul vano posteriore e sopratutto il riscaldamento di serie, vera rarità per l’epoca.
La Vespa a quattro ruote, ancora splendida a dispetto degli anni, proprio non ne vuole sapere di andarsene in pensione: si gode la brezza che sale dal mare e, aperta la capote, si trasforma nella più fashion delle cabrio che scorazzano per la Costiera Amalfitana…