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La premessa è che i contraenti di una compravendita, nella specifico di un veicolo a motore, debbano agire in buona fede e comportarsi secondo le regole della correttezza.
Quindi, proporre in vendita una autovettura definendola “praticamente nuova”, malgrado la stessa risulti incidentata, viola i principi di correttezza e, anche se sia stata riparata a regola d’arte a cura e spese del venditore, la mancata informativa in merito all’incidente subito dal veicolo comporta per il venditore il risarcimento del danno, in considerazione del fatto che l’acquirente non avrebbe concluso il contratto di acquisto alle condizioni pattuite.
Questo è quanto deriva dalla sentenza della Corte di Cassazione 16886 del 7 luglio 2017, che ha definito non ammissibile il ricorso e quindi reso valida la sentenza d’appello emessa dal Tribunale di Nola nel 2013, dando ragione all’acquirente, al contrario di quanto stabilito in primo grado dal giudice di pace.
Nel corso del procedimento la perizia del consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato non solo che l’autovettura aveva subito il danno, ma anche che il carrozziere aveva operato a regola d’arte e quindi «il veicolo non presentava difetti in ordine alla sua funzionalità».
Secondo il Tribunale, però, l’elemento discriminante andava individuato nella dichiarazione del venditore e non nella qualità della riparazione: infatti, se l’acquirente fosse stato debitamente informato che stava acquistando una autovettura “incidentata”, ma in buone condizioni a seguito degli interventi di riparazione, e non una pari al nuovo, certo non avrebbe concluso l’acquisto a quelle condizioni.
Nei contratti, ricordiamo, il Codice Civile (articoli 1175 e 1366) impone la buona fede, sia nell’agire delle parti sia nell’interpretazione.