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L’attività estrattiva, fortemente ridotta negli ultimi giorni per garantire standard minimi di sicurezza ai minatori, inizia a preoccupare le aziende americane che necessitano di minerali rari come il litio per la loro produzione di componenti a sostegno del comparto automotive.
In particolare, potrebbe presto entrare in crisi la filiera degli accumulatori delle vetture elettriche, per la mancanza di materia prima: società la Piedmont Lithium, azienda estrattiva australiana ma con sedi operative anche nella Carolina del Nord, e la canadese Lithium Americas attiva in Nevada, sono di fatto ferme.
E se a livello globale si stima che alcuni Paesi dispongano di scorte sufficienti per fronteggiare la mancanza di rifornimenti anche per alcuni mesi (si calcola che la Cina abbia nei suoi depositi oltre 40 milioni di tonnellate di litio, e Brasile e Russia per circa la metà), non altrettanto si può dire per gli USA, che paga per mancati investimenti nel settore.
Se arrivassero presto decisioni da Washington a sostegno dell’industria mineraria, la macchina estrattiva potrebbe rimettersi in moto, ma ogni giorno che passa diventa sempre più ampio il gap tra domanda e disponibilità di prodotto, con inevitabile aumento dei costi della materia prima.
Per gli USA, quello minerario è un settore chiave dell’industria, oltre che una base elettorale che quattro anni fa contribuì in maniera decisiva al successo di Donald Trump nella contesa con Hillary Clinton: difficile che il tycoon biondocrinito possa dimenticarsene proprio ora, a meno che non voglia andare incontro ad un suicidio politico.