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Lo scriveva Gramsci, e la frase ci è tornata in mente ascoltando gli interventi all'assemblea di Unrae, l'Associazione delle Case automobilistiche estere che operano in Italia: occorre, davanti al pessimismo dell'intelligenza, l'ottimismo della volontà.
Di fronte a numeri spietati nella loro crudezza (in Italia Unrae prevede nel 2024 per il comparto auto un mercato a 1,565-1,570 milioni di unità, in linea con il 2023 ma con ben 350.000 unità in meno sul 2019, ed un 2025 statico, senza segnali di ripresa), Presidente e Direttore Generale dell'associazione hanno provato a disegnare una road map per uscire dalla crisi e non farsi travolgere dalla depressione, facendo chiarezza su alcune questioni fondamentali.
«Attribuire la crisi del settore automobilistico europeo al Green Deal è una narrazione fuorviante - ha detto Michele Crisci, Presidente di Unrae - I dati mostrano una realtà ben diversa: tra il 2000 e il 2021, molto prima che il Green Deal potesse dispiegare i propri effetti, la produzione di autovetture nei cinque principali mercati europei è crollata da 15,4 milioni di unità a 9,2 milioni, mentre la Cina è passata da 2 a 26 milioni di unità. Non solo: nel periodo 2005-2022 è calato di oltre il 14% il mercato nordamericano, che con il Green Deal non ha nulla a che fare. È l’Europa a pagare oggi il prezzo di politiche incoerenti e l’assenza di una visione strategica per accompagnare una transizione sostenibile».
Crisci critica anche la politica del Governo italiano, definita ondivaga: «A giugno i fondi del nuovo Ecobonus per le vetture elettriche sono andati esauriti in poche ore. Ad agosto il Ministro Urso ha celebrato i risultati dell’Ecobonus, anticipando un piano triennale, ma a novembre ne ha annunciato la cessazione definitiva, mentre il Governo ha cancellato l’80% del Fondo Automotive, per poi promettere finanziamenti dedicati solo al sostegno all’offerta. Ma la filiera non può prosperare senza un mercato in salute, e questo non può esistere senza fornire certezze al settore».
Andrea Cardinali ha riassunto nel suo intervento i tanti elementi di criticità del modello Italia, focalizzando l'attenzione sul ritardo accumulato dal nostro Paese per quanto riguarda le quote di vendita delle vetture elettriche: «Il mercato delle auto elettriche - ha spiegato il Direttore Generale di Unrae - evidenzia un divario preoccupante rispetto al contesto europeo, che denuncia una profonda disconnessione dalla transizione energetica in corso. In alcuni grandi mercati sono stati interrotti incentivi statali, in vigore anche da quindici anni, a differenza dell’Italia dove li abbiamo avuti a singhiozzo per soli cinque anni, con continui cambiamenti di struttura e “click day”. Se senza incentivi c’è stato un inevitabile calo, è anche vero che questi mercati ormai maturi mantengono un livello da tre a cinque volte superiore al nostro».
Gli elementi che spiegano il clamoroso ritardo italiano, al primo posto c’è il costo delle ricariche, ben più elevato rispetto a Paesi come Francia o Spagna, ma anche il tema infrastrutture ha la sua importanza: l’analisi comparativa europea mette in luce come l’Italia, nonostante i progressi compiuti (+38% in un anno dei punti di ricarica, con una quota >50 kW salita dal 13% al 16%) debba ancora fare molta strada in termini di capillarità: i 11,0 punti ogni 100 km di rete viaria sono inferiori ai 16,4 della media europea e lontani anni luce dai 125,2 dell’Olanda; è fondamentale investire in una rete di infrastrutture capillare, omogenea sul territorio, accessibile e di potenza adeguata.
In sintesi, Unrae denuncia che in Italia la transizione energetica del settore automotive si è clamorosamente incagliata, e con essa il percorso di riduzione delle emissioni di CO2.
Ma ecco l'ottimismo della volontà: Unrae ripropone strumenti concreti per accelerare la diffusione di veicoli a zero e bassissime emissioni, con un piano di sostegno pluriennale con almeno un miliardo di euro all’anno nel triennio 2025-2027; la revisione del regime fiscale delle auto aziendali, intervenendo su detraibilità dell’IVA e deducibilità dei costi; una politica mirata per lo sviluppo di infrastrutture di ricarica elettrica e a idrogeno.
«La transizione ecologica - conclude Crisci - non può basarsi su politiche frammentarie, discontinue e incerte. Servono scelte chiare e strumenti concreti per garantire un futuro competitivo al settore automobilistico europeo e italiano. Le nostre proposte non sono solo necessarie, ma urgenti. È il momento di agire».