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Mentre continuano a Villa Pamphili gli Stati Generali dell’Economia voluti in prima persona da Giuseppe Conte, con un documento ufficiale anche l’Unrae, sulla scia di quanto fatto dall’Anfia invitata direttamente al tavolo dei relatori, lancia un appello al Governo, sollecitandolo a non perdere altro tempo nel definire una strategia di interventi diretti a sostegno della filiera automotive.
Il documento, che riportiamo quasi integralmente, oltre a respingere misure paventate da alcuni esponenti della maggioranza (non vengono citati espressamente, ma sono gli esponenti in quota al M5S ad essere chiamati in causa) contiene interessanti spunti e proposte, che si spera possano venir adottati in occasione del prossimo - e già molto atteso - documento programmativo che verrà stilato a chiusura dei lavori degli Stati Generali.
“Unrae segue con attenzione tutti gli sviluppi dell'iter parlamentare di conversione in legge del cd. “DL Rilancio” (Decreto-Legge n. 34/2020), ma è forte la preoccupazione per la posizione di chi, nella maggioranza di Governo, vorrebbe continuare ad incentivare esclusivamente l'acquisto di veicoli elettrici ricaricabili, con un atteggiamento ideologico e sordo a qualunque argomento pragmatico.
Una crisi di mercato come quella in corso ormai da mesi, con conseguenze devastanti sulla nostra economia, non può essere arginata con le misure in essere, che a più di un anno dalla loro entrata in vigore escludono ancora il 98% del mercato.
Chi ha veramente a cuore l'ambiente, e non solo una sterile ideologia, avrebbe il dovere di agevolare concretamente la sostituzione di veicoli vetusti con veicoli di ultima generazione.
Chi ha veramente a cuore il Paese ed il lavoro, e non i provvedimenti di bandiera, dovrebbe avviare una seria strategia di sviluppo, a tutela di un settore che rappresenta 1/10 del PIL e delle entrate fiscali dello Stato: un settore che oggi rischia di scomparire, e per il quale non sono state trovate ancora risorse adeguate.
Unrae già da mesi ha presentato alle Istituzioni proprie proposte per il rilancio della domanda.
Per il trasporto persone: allargamento dell’ecobonus per raggiungere una più ampia platea di cittadini, allineamento alla fiscalità europea dell’auto aziendale, sostegno allo smaltimento dei veicoli invenduti durante il lockdown.
Per il trasporto merci: incentivi alla rottamazione ed incremento delle detrazioni per le imprese.
Ebbene, dopo settimane di “rimpalli” fra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, e nonostante l’impegno costruttivo di diverse componenti della maggioranza, non ci sono ancora provvedimenti concreti e si continua a paventare la mancanza di fondi per l’automotive, a fronte di 55 miliardi allocati in modo orizzontale e, a nostro giudizio, poco efficace.
Nelle ultime ore, addirittura, è stata paventata ancora la volontà - di parte della maggioranza - di limitare gli incentivi ai soli veicoli con un prezzo di listino inferiore a 18.000 euro e di escluderne tutti gli Euro6 di ultima generazione a prescindere dal loro livello di emissioni.
Una misura del genere andrebbe a favorire pochissimi marchi fra le decine presenti nel segmento, creando una grave distorsione del mercato senza riuscire a rilanciarlo, con effetti nefasti sulla clientela (minore scelta e minori sconti), sulle emissioni medie (ricambio rallentato del parco circolante) e sul gettito dell’Erario (minore IVA incassata dallo Stato).
Insomma, un serio danno simultaneo all'economia, all’ambiente e alle finanze pubbliche, che lancerebbe non poche ombre sulle reali motivazioni delle politiche “green” in discussione.
A beneficio di chi, abbracciando tale proposta, sostiene di ispirarsi al modello di incentivi proposto dal Governo tedesco per il rilancio del settore nel dopo Covid-19, rivolgiamo infine una serie di doverose precisazioni basate su informazioni oggettive ed esaustive.
A differenza dell’Italia, la Germania ha già avviato da tempo e con incisività il percorso della transizione energetica, iniziando doverosamente dalle infrastrutture grazie a sostanziosi investimenti pubblici.
Non stupisce, quindi, che la quota di mercato dei veicoli elettrici e ibridi plug-in (incentivati in entrambi i paesi) sia tripla rispetto all’Italia…
Ma le differenze non finiscono certo qui:
• infrastrutture di ricarica: la densità di punti di ricarica pubblica ogni 100 km di rete viaria, in Germania è 3.5 volte superiore a quella italiana;
• parco circolante: quello italiano, tra i più anziani in Europa, già prima del Covid-19 aveva un’età del 20% più alta rispetto a quello tedesco, e soffriva un ciclo di rinnovo del 43% più lungo;
• mercato: in Italia durante il lockdown di marzo-aprile il mercato è crollato quasi del doppio rispetto a quello tedesco;
• aliquota IVA ordinaria: in Italia è al 22% anziché al 16% come previsto dalle recenti normative tedesche per i prossimi sei mesi;
• trattamento fiscale dell’auto aziendale: in Germania l’IVA è da sempre detraibile al 100%, mentre in Italia solo al 40%, con una deroga perennemente rinnovata rispetto alla normativa europea.
Ecco, se ci si ispira a singoli provvedimenti di un paese così “lontano” dal nostro, senza tenere in debito conto le enormi differenze esistenti pure nello stesso settore, allora si fa solo propaganda: sarebbe invece ora di affrontare i problemi seriamente.
Restiamo in fiduciosa attesa di un concreto cambio di marcia: non c’è più spazio per le politiche di assistenzialismo, è ora di mettere in atto un concreto piano per lo stimolo della domanda, cominciando dai settori strategici ed in grado di rimettere realmente in moto la nostra economia.
Noi, come sempre, siamo a disposizione“.