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Mi chiamo Marcello Pieri, vi scrivo da Pisa, ho 25 anni e sono prossimo alla laurea in legge. Appassionato di moto in maniera viscerale leggo Moto.it oramai da anni e colgo l'occasione per complimentarmi con tutti i redattori: leggendo i vostri articoli si ha sempre la percezione di quel parlare "da motociclista a motociclista" che dal mio punto di vista rappresenta la chiave di un prodotto giornalistico di settore.
Oltre a questo ho avuto modo di riscontrare la vostra professionalità e competenza; in questo senso vi chiedo di riportare i miei complimenti al Dott. De Vita per la qualità del suo articolo sull'omicidio stradale. E' stato davvero illuminante trovare per la prima volta un articolo che parla di questo tema delicatissimo con un approccio tecnico e imparziale e soprattutto toccando alcuni punti che necessitano di essere approfonditi pena lo scadere in articoli privi di contenuto, buoni solo per cavalcare dibattiti politici intrisi di demagogia.
L' autore dell'articolo coglie una tendenza del nostro legislatore: inasprire la risposta sanzionatoria senza curare l'aspetto ovviamente più complesso e impegnativo ovvero la certezza della pena e la totale assenza di strumenti interpretativi ex lege che permettano all'organo giudicante di applicare i criteri di imputazione soggettiva (dolo, colpa e preterintenzione). Il problema, a mio avviso, non consiste tanto nella presenza o meno nel codice di una fattispecie speciale che punisce l'omicidio con certe modalità quanto nella pretesa del nostro legislatore di cucire la risposta sanzionatoria sul reo come se si trattasse di un abito "tailor made"; questo perchè il dettato costituzionale impone che la responsabilità penale sia "personale".
“Il garantismo costituzionale cozza con la fredda e severa logicità del codice penale, di stampo fascista, e questo porta la magistratura a dover adattare i criteri di dolo o di colpa generando autentici "mostri concettuali", quali il dolo eventuale e la colpa cosciente”
Questa impostazione fortemente garantista che quasi pretende una analisi della mente dell'imputato è evidentemente irrealizzabile. Il garantismo costituzionale cozza con la fredda e severa logicità del codice penale, di stampo fascista, e questo porta la magistratura a dover adattare i criteri di dolo o di colpa generando autentici "mostri concettuali", quali il dolo eventuale e la colpa cosciente. Se il primo riesce a trovare in alcuni casi applicazione il secondo è oramai diventato un ripiego che i magistrati chiamano in gioco quando non vogliono o non possono prendersi la responsabilità di condannare per omicidio volontario; quante volte avrete sentito casi di stragi provocate da un'automobile il cui guidatore è stato condannato solo per omicidio colposo e con tutte le attenuanti del caso? Nel nostro sistema penale è richiesto al giudice di valutare se l'imputato fosse cosciente delle possibili conseguenze del suo atto e se ne è fregato (dolo eventuale), oppure se ha previsto di poter uccidere qualcuno, visto che stava consapevolmente violando le norme del codice della strada, ma ha sperato che questo non succedesse (colpa cosciente e prefigurazione del "non evento").
Il giudice in assenza di prove certe (e in casi simili prove non ve ne sono) non può condannare (al di la di ogni ragionevole dubbio.....) e pertanto si parla sempre di omicidio colposo, così io giovane incensurato un po' alticcio guidando a 120 km/h in centro abitato, travolgo una bambina uccidendola ma sarò condannato solo per omicidio colposo. La dottrina dibatte da anni ma il problema è privo di soluzione giacché nessuno si prende la responsabilità di creare una fattispecie di responsabilità oggettiva tale per cui si esclude l'applicazione del dolo e della colpa e si afferma che, in certe precise circostanze di fatto desumibili in sede di accertamento delle forze dell'ordine, si integra il reato di "omicidio stradale". Ovviamente l'imputato può sempre dimostrare causa di forza maggiore o caso fortuito.
“Il giudice in assenza di prove certe (e in casi simili prove non ve ne sono) non può condannare (al di la di ogni ragionevole dubbio.....) e pertanto si parla sempre di omicidio colposo”
In questo modo si responsabilizzano le forze dell'ordine, in passato abituate ad accertamenti privi della necessaria perizia, e si vincola il giudice alla "lettera della legge". Non facendo così continuiamo a ritenere che chi si mette ubriaco alla guida e uccide debba sempre essere imputato di omicidio colposo. E si continueranno a infliggere ancora soltanto tre anni di domiciliari a chi, incensurato uccide una persona perchè procedeva a velocità folle in città ma dichiara che nella sua testa non avrebbe mai voluto uccidere.
Il problema Dott. De Vita consiste nella totale deresponsabilizzazione di una classe politica che da anni non si prende la briga di una riforma del codice penale e a ciò dobbiamo aggiungere che il nostro attuale ministro della giustizia non è nemmeno laureato in legge e dubito fortemente della sua conoscenza del diritto sostanziale penale. Vi ringrazio calorosamente per questo articolo di altissimo livello giornalistico e spero di leggerne ancora.
Marcello Pieri