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Tegola legale su Uber: a Londra, il Tribunale del Lavoro ha respinto la procedura di appello dell’azienda californiana, stabilendo nel contempo che chi opera in suo nome deve aver riconosciuto una parte importante dei diritti che spettano ai lavoratori dipendenti.
Al momento, la sentenza riguarda solo due autisti, che hanno avuto il coraggio di portare in tribunale il gigante delle app per la mobilità; ma ora che la strada è stata aperta, è facile immaginare che su Uber si abbatterà una valanga di ricorsi.
Anche se Uber ha ancora facoltà di un ulteriore grado di giudizio per cercare di ribaltare la sentenza sfavorevole, ad oggi è obbligata a riconoscere ai suoi autisti un salario minimo e garantire ferie e riposi pagati.
Quanto deciso dal Tribunale d'appello del Lavoro di Londra rischia di mettere in serissima crisi il modello economico di Uber, che prevede che chi guida le sue auto sia da considerarsi un lavoratore autonomo.
Ora si attendono le mosse dei circa 50.000 driver che nella sola Inghilterra operano per conto di Uber, senza contare l’eventuale “effetto domino“ che potrebbe estendersi ad altre nazioni europee.
La sentenza avversa si aggiunge ad un’altra situazione delicata per Uber, sempre in Gran Bretagna: l’Autorità dei Trasporti di Londra non le ha infatti rinnovato la licenza ad operare all’interno del territorio metropolitano, portando a pretesto la mancanza di trasparenza e gli scarsi controlli sugli autisti.