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I temuti rilevatori di infrazioni del codice per eccesso di velocità, i Tutor, sono stati disattivati ieri in seguito a sentenza della Corte d’Appello di Roma. La Polizia invita alla prudenza, e c’è chi dipinge scenari apocalittici, con incidenti a ripetizione. Ma cosa cambierà, di fatto? Il nostro editorialista, Enrico De Vita, è intervenuto sull’argomento ai microfoni di Stefano Mensurati nella rubrica Tra poco in edicola, su Rai Radio 1.
«Non succederà nulla – spiega De Vita -. Oggi ho percorso 300 km in autostrada e tutti guidavano esattamente come ieri. Da 13 anni in Italia ci sono tutor e autovelox, e gli italiani hanno imparato a guidare come in tanti altri Paesi rispettando le norme di prudenza e le distanze di sicurezza. Lo dimostra il fatto che quasi non ci sono più maxitamponamenti in autostrada. La soluzione che prevedono alcuni inventori di leggende è che da oggi si possa andare come folli e che la sicurezza venga meno. Io non ci credo, anzi faccio appello agli automobilisti per dimostrare che non erano gli autovelox a ridurre gli incidenti, ma la nostra coscienza e il progresso».
«Sono sicuro che sarà così, anche perché la riduzione degli incidenti non è dovuta solo agli autovelox o ai tutor, ma soprattutto all’aumento delle misure di sicurezza, sia attive che passive, sulle vetture. Si pensi all’ABS, all’ESP e agli airbag all’interno: a partire dal 1997, tutte le vetture sono dotate di questo dispositivo. Gli airbag hanno salvato tante vite umane, al punto che da 10.000 morti all’anno in Italia all’interno delle vetture di 20 anni fa, siamo passati a poco più di 1.800. Ed è soprattutto merito dei veicoli in sé, che sono più sicuri. Ora, attribuire questo merito agli strumenti di controllo della velocità e paventare un’ecatombe nella loro assenza temporanea, con le autostrade che diventerebbero piste, è una leggenda metropolitana, che, secondo me, ha un fine preciso».
«Lo scopo, a mio avviso, è quello di dimostrare che gli investimenti fatti da Autostrade e venduti come regali alla collettività, avevano altri scopi. In genere, non si dona nulla alla gente se non in cambio di qualche altra cosa. In questo caso, Autostrade ha installato i sistemi, investendo soldi per posizionarli, li ha affidati poi Polizia stradale (che, bisogna dire, fa poche multe con i tutor solo per ragione di sicurezza e non per fare cassa). Ma Autostrade ha potuto dimostrare che la riduzione del numero delle vittime e degli incidenti erano merito sostanzialmente di questi investimenti. E quindi ha potuto aumentare i pedaggi per far tornare a casa i soldi investiti. Ha anche potuto vendere la tecnologia del tutor alle altre sue consociate estere».
«La morale di questa storia è che non si fa nulla per la sicurezza se non c’è un interesse diretto sotto. Il business c’era e c’è stato, anche se la Corte d’Appello ha detto che Autostrade non guadagnava nulla installando tutor. È vero, non guadagna nulla sulle multe, però lucra sulla riduzione degli incidenti e sulle formule che una volta si chiamavano price cap, che consentivano di aumentare ogni anno i pedaggi in funzione della riduzione degli incidenti».
La riduzione degli incidenti non è dovuta solo agli autovelox o ai tutor, ma soprattutto all’aumento delle misure di sicurezza, sia attive che passive, sulle vetture
A domanda di Mensurati, che si chiede come mai i pedaggi aumentino ancora, De Vita risponde così: «Dal 2009 c’è una legge, che tutti i partiti del Parlamento hanno approvato, che da un lato rende impossibile ridurre i pedaggi e dall’altro impedisce di aumentarli con percentuali inferiori a quelle del 2009».
«Sul tema dei nuovi tratti autostradali, ricordo che l’Italia nel 1980 era una delle nazioni più all’avanguardia, oggi, se soltanto guardiamo ai paesi vicini all’Italia, in Slovenia e in qualsiasi nazione europea dell’Est scopriamo autostrade a tre corsie di gran lunga più nuove delle nostre, delle quali molte gratuite. Mentre le nostre autostrade sono vecchie e le più care d’Europa».
«Autostrade sostiene che i tutor abbiano ridotto gli incidenti, ma riesce a dimostrarlo solo per le auto. Non è stato così per le due ruote, visto che il numero di ciclisti, motociclisti e scooteristi deceduti aumenta ogni anno, e non diminuisce. Questo dimostra che le autovetture sono migliorate di gran lunga rispetto alle due ruote, ed è questo il motivo principale della riduzione delle vittime in Italia».