Trazione integrale e controllo dinamico della vettura (seconda parte)

Trazione integrale e controllo dinamico della vettura (seconda parte)
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I limiti delle trasmissioni tradizionali hanno portato allo sviluppo di nuovi schemi e di nuovi dispositivi
20 marzo 2017

Nella sua esecuzione classica il differenziale è costituito da una scatola portasatelliti fissata alla corona della coppia di riduzione finale, nella quale è inserito un perno, sul quale sono montati due ingranaggi conici. Questi ultimi, detti satelliti, sono in presa con le due ruote dentate (coniche anch’esse) montate alle estremità dei semiassi. Il moto viene trasmesso dal pignone, montato sull’albero di entrata, alla corona e quindi ai due alberi di uscita, ossia ai semiassi. Il differenziale consente alle due ruote motrici di girare con velocità differenti facendo sì che all’aumento di una corrisponda una proporzionale diminuzione dell’altra (la media delle due è la velocità con la quale gira la corona). Spesso i satelliti sono quattro e in tal caso sono montati su di un perno a croce.

Il differenziale invia una coppia eguale a entrambe le ruote. Questo significa che, se una di esse non ha aderenza, gira a vuoto mentre altra rimane ferma e non è in grado di trasmettere al suolo alcuna forza motrice. La coppia trasmessa ai semiassi infatti è solo quella che serve alla ruota con minore aderenza per vincere la resistenza al moto. Se quest’ultima è nulla, la coppia è pari a zero e viene trasmessa anche all’altra ruota, che ovviamente resta ferma. È tipica la situazione che vede la vettura immobile con una ruota motrice che gira a vuoto sul ghiaccio, nel fango o sulla sabbia mentre l’altra non si muove!

Anche durante la marcia una delle due ruote può perdere aderenza. Ciò può accadere se le condizioni del fondo stradale non sono eguali da entrambi i lati (ad esempio per la presenza di una pozzanghera o di ghiaino), oppure in curva, se si procede con una velocità tale da far sollevare leggermente dall’asfalto la ruota motrice interna. In queste situazioni la ruota che non incontra resistenza inizia a girare a vuoto mentre all’altra arriva una coppia pari a zero.

La foto mostra la disposizione delle parti meccaniche di una vettura Mercedes degli anni Cinquanta. La trasmissione è realizzata con lo schema che ha dominato a lungo la scena: motore anteriore longitudinale e ruote motrici posteriori
La foto mostra la disposizione delle parti meccaniche di una vettura Mercedes degli anni Cinquanta. La trasmissione è realizzata con lo schema che ha dominato a lungo la scena: motore anteriore longitudinale e ruote motrici posteriori
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Per evitare che ciò accada sono stati sviluppati i differenziali a slittamento controllato e non c’è da stupirsi se le prime auto che li hanno utilizzati sono state quelle da competizione e le sportive di elevato livello. Grazie ad essi viene limitata, in maniere automatica, la differenza tra le velocità con le quali possono girare le due ruote motrici; quando una di esse inizia a slittare, all’altra (che dispone di migliore aderenza) viene trasmessa una coppia più elevata.

Un differenziale molto raffinato (e costoso), che consente di ripartire la coppia in misura diversa tra le due ruote quando una di esse gira più forte dell’altra è il Torsen. Pure in questo caso la ruota con migliore aderenza riceve la maggior parte della coppia disponibile.

L’immagine consente di apprezzare la differenza apportata da decenni di evoluzione. Si riferisce a una Mercedes classe C, con trazione integrale permanente. Il motore anteriore, non mostrato nella foto, è disposto longitudinalmente
L’immagine consente di apprezzare la differenza apportata da decenni di evoluzione. Si riferisce a una Mercedes classe C, con trazione integrale permanente. Il motore anteriore, non mostrato nella foto, è disposto longitudinalmente

Il vantaggio di disporre di una trazione integrale nella marcia in fuoristrada o su fondi sconnessi è ovvio, ma anche su asfalto, specialmente se bagnato o innevato, avere quattro ruote motrici consente di migliorare la sicurezza, il controllo della vettura e le prestazioni.

Gli schemi con i quali si possono realizzare le trasmissioni nei veicoli a trazione integrale (indicati generalmente come 4x4 o 4WD, ossia 4 ruote motrici) sono svariati. In ogni caso, dal cambio il moto arriva a un gruppo di ripartizione collegato, in genere mediante due alberi, ai differenziali posti sui due assi (anteriore e posteriore). Un terzo differenziale, collocato centralmente o alla uscita del cambio e spesso incorporato nel gruppo di ripartizione, consente alle ruote anteriori e posteriori di girare con velocità differenti. Ciò accade non solo su fondi accidentati o scivolosi, ma anche in condizioni di ottima aderenza; in curva infatti le ruote dei due assi non girano alla stessa velocità!

Disegno schematico un differenziale con dispositivo di bloccaggio del tipo a manicotto scorrevole e denti frontali. Quando esso entra in presa i due alberi di uscita diventano solidali nella rotazione. I dispositivi di questo tipo si rivelano molto utili nell’impiego fuoristradistico
Disegno schematico un differenziale con dispositivo di bloccaggio del tipo a manicotto scorrevole e denti frontali. Quando esso entra in presa i due alberi di uscita diventano solidali nella rotazione. I dispositivi di questo tipo si rivelano molto utili nell’impiego fuoristradistico

Il gruppo di ripartizione e il differenziale centrale possono addirittura essere alloggiati nella stessa scatola del cambio; questa soluzione viene adottata nei modelli Mercedes a quattro ruote motrici con motore longitudinale (con la sola eccezione della classe G).

Per i mezzi destinati al fuoristrada impegnativo sono state realizzate scatole di ripartizione a doppio rapporto, che permettono di disporre di marce ridotte, il che consente di affrontare qualunque percorso e di superare pendenze estreme.

In svariate automobili la coppia inviata all’asse anteriore è diversa da quella inviata all’asse posteriore in quanto il costruttore sceglie di ripartirla secondo un rapporto fisso, diverso dal classico 50%-50%. Ciò è reso possibile da un ruotismo epicicloidale incorporato nel complessivo differenziale-gruppo di ripartizione. La soluzione più diffusamente impiegata, per le vetture 4x4 derivate da modelli con ruote motrici posteriori, prevede che a queste ultime venga inviata una coppia leggermente superiore a quella trasmessa alle ruote anteriori. Ciò accade ad esempio nelle Mercedes delle classi C, E (compresa la recentissima classe E 4MATIC All-Terrain), S, CLS e GLC. 

Con tre differenziali di tipo tradizionale, se anche una sola ruota perde aderenza, le altre non sono in grado di trasmettere forza motrice al suolo. Si impiegano pertanto dei dispositivi di bloccaggio che, a seconda dei casi, possono essere innestati manualmente, se si devono affrontare fondi con scarsa aderenza, o possono entrare in funzione automaticamente. Grazie ad essi i due alberi di uscita vengono resi solidali nella rotazione. In alternativa, si impiegano un differenziale Torsen o un giunto viscoso. Quest’ultimo, che come i differenziali bloccabili talvolta viene utilizzato anche sull’asse posteriore, è semplice, compatto e ha un costo relativamente contenuto. Consente di trasmettere la coppia in funzione dello slittamento e, quando la differenza di velocità tra l’albero di entrata e quello di uscita diventa eccessiva, si trasforma in un autentico dispositivo di bloccaggio (o quasi).

Tipico è il suo impiego in alcune auto sviluppate da un modello base a trazione anteriore. Quando avverte che le ruote anteriori cominciano a slittare, il giunto inizia a inviare più coppia al retrotreno. Come si vedrà nel terzo articolo di questa serie, con lo sviluppo del sistema 4MATIC della Mercedes, il bloccaggio dei differenziali si avvia a diventare una cosa del passato.

L’immagine consente di osservare chiaramente la disposizione dei componenti della trasmissione di una Mercedes classe A con quattro ruote motrici e motore anteriore trasversale (qui non montato)
L’immagine consente di osservare chiaramente la disposizione dei componenti della trasmissione di una Mercedes classe A con quattro ruote motrici e motore anteriore trasversale (qui non montato)

Accanto alle vetture a trazione integrale permanente, nelle quali le quattro ruote sono sempre tutte motrici, ci sono quelle nelle quali la trazione integrale è inseribile. Queste auto possono cioè avere due o quattro ruote motrici, a scelta del conducente. In condizioni normali un solo asse è motore ma su fondi scivolosi o comunque a bassa aderenza si innesta la trazione integrale. Talvolta però il passaggio dall’una all’altra soluzione avviene in maniera automatica. Nelle Mercedes delle classi A, B, CLA e GLA in situazioni ottimali, ovvero nella marcia su asfalto asciutto, la coppia viene inviata solo alle ruote anteriori, ma al diminuire della aderenza la situazione si modifica, fino ad arrivare a una ripartizione simmetrica tra i due assi: 50% sull’anteriore e 50% sul posteriore.

Dal raffinato cambio automatico a doppia frizione della Mercedes classe A il moto viene inviato ai due semiassi anteriori e, tramite una coppia di ingranaggi cilindrici e un’altra di ingranaggi conici, all’albero di trasmissione longitudinale
Dal raffinato cambio automatico a doppia frizione della Mercedes classe A il moto viene inviato ai due semiassi anteriori e, tramite una coppia di ingranaggi cilindrici e un’altra di ingranaggi conici, all’albero di trasmissione longitudinale

 

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