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Il mondo dell'automobile è al centro di dinamiche che lo porteranno ad essere molto differente, ed in tempi brevissimi, rispetto a come l'abbiamo finora conosciuto: ci riferiamo ovviamente alla transizione energetica in corso, ma anche ad altri fattori, come ad esempio l’ingresso diretto delle Case sul mercato e le conseguenze su prezzi e servizio al cliente, che mettono a rischio figure professionali importanti come quelle dei concessionari, oltre alla perdurante crisi dei componenti e alla scarsa disponibilità delle materie prime.
La questione è stata affrontata “di petto“ da Federauto, l'associazione di categoria che riunisce concessionari italiani, che per bocca del Presidente Adolfo De Stefani Cosentino ha messo in fila i tanti problemi sul tappeto.
«Partiamo dall’anzianità del parco circolante italiano, uno dei più vecchi d’Europa: stiamo parlando di 38,8 milioni di auto con età media di 11,8 anni. Ora, un’auto fino ad Euro 3 emette una quantità di CO2 ben venticinque volte superiore ad equivalente vettura a benzina o diesel omologata secondo le specifiche odierne conosciute come Euro 6d.
Il miglioramento nella riduzione delle emissioni nocive è evidente, ma non basta; inoltre, anche laddove il mercato tornasse a livelli più o meno normali, con 1.700.000 unità all’anno, per sostituire l’attuale circolante inquinante occorrerebbero decenni. Se con un colpo di bacchetta magica, riuscissimo davvero a sostituire le auto da Euro 0 ad Euro 4, avremmo raggiunto e superato l’obiettivo di riduzione del CO2 fissato per il 2025. Questa fantasia si scontra però con la realtà che è rappresentata dal costo delle vetture, il cui prezzo medio in Italia negli ultimi dieci anni è già cresciuto al netto dell’inflazione del 6% al di sopra del potere d’acquisto dei consumatori.
E chi possiede un’auto vecchia e quindi pericolosa per l’assenza di sistemi di sicurezza attiva e passiva, nonché molto inquinante, raramente ha la capacità economica per affrontare l’acquisto di un’auto dell’ultima generazione, e men che meno di un’auto elettrica o ibrida, che costano dal 25 al 30% più delle versioni equivalenti con motore tradizionale. Ma questo non è l’unico fattore a limitare la diffusione della mobilità elettrica.
Altro aspetto è lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica: l’Italia è in serio ritardo nella rete di bassa potenza che in quella di ricarica veloce che costituisce il 9,7% della rete esistente, contro il 17,2% della media europea. In autostrada le colonnine di ricarica rapida ad oggi attive sono appena trentadue!».
Secondo l'analisi di Federauto, l’auto elettrica o ibrida è per chi ha elevata capacità di spesa, dispone di una struttura efficiente di ricarica e usa l’auto su percorrenze limitate.
Piuttosto che rincorrere l'idea di convertire tutta la mobilità elettrico, suggestione che appare al momento utopica, si dovrebbe puntare ai combustibili liquidi a basse o nulle emissioni di carbonio, i LCLF (Low Carbon Liquid Fuels), bio-carburanti o carburanti sintetici che presentano emissioni di anidride carbonica prossime allo zero, capaci quindi di assicurare in tempi rapidi la completa neutralità climatica nel settore dei trasporti.
Una prospettiva tra l'altro abbracciata di recente anche da Volkmar Denner, CEO di Bosch, che non farebbe abbandonare le motorizzazioni tradizionali, ma darebbe l'addio ai combustibili fossili.
Altro problema, quello legato alla concorrenza: «La volontà della maggioranza delle Case - continua De Stefani - di incrementare la marginalità modificando i rapporti contrattuali con i propri concessionari ed entrando direttamente nel mercato B2C, ossia rivolgendosi al cliente finale attraverso la vendita online, trasferirà molte funzioni oggi appannaggio dei concessionari in seno alle Case automobilistiche, di fatto annullando quel terreno negoziale che sinora ha permesso al concessionario di formulare la migliore offerta per rispondere alle diverse esigenze del consumatore, dal ritiro dell’usato al finanziamento del nuovo acquisto. La discesa in campo delle Case con la vendita diretta online metterà fuori gioco i distributori, quindi i concessionari, per poi acquisire il controllo della domanda, con condizioni non più negoziabili.
Il risultato? Una crescente concentrazione della domanda nelle mani di un oligopolio di costruttori e un chiaro decremento della competizione. L’esatto contrario di ciò cui è vocato il regolamento europeo».
Una situazione che secondo le stime di Federauto avrà seri impatti anche a livello occupazionale, con potenziali perdite di 70.000 unità di lavoratori, mentre la mancanza di un rapporto diretto con chi rappresenta il marchio dell’auto acquistata, ossia il concessionario, avrà risvolti negativi anche per il cliente, che dovrà rapportarsi con la Casa e non con una figura fisica, nota e disponibile.
In chiusura, Federauto avanza al Governo la richiesta di una seria pianificazione degli incentivi, coerente con gli obiettivi della transizione energetica, destinata a supportare lo svecchiamento del parco circolante, volta a vetture elettriche o ibride, ma anche auto nuove o usate Euro 6; un piano infrastrutturale in linea con la necessaria copertura territoriale e con una potenzialità richiesta dagli obiettivi di incremento del parco circolante elettrico e ibrido; il supporto ad un rapido sviluppo dei carburanti LCLF per garantire un efficace contenimento delle emissioni nocive, per accompagnare l’industria e il sistema distributivo in maniera sostenibile lungo il percorso della transizione energetica; un impianto normativo che riequilibri la posizione dominante delle Case nei confronti del sistema distributivo, affinché sia favorita la massima competizione possibile a vantaggio del consumatore; un regime fiscale in linea con i principali Paesi comunitari, con piena detraibilità per le auto di uso professionale, aziendale e noleggio, IVA compresa, così come stabilito nel 2006 dalla Corte di Giustizia Europea.