Toyota, Honda e Nissan nel mirino di Greenpeace: non credono nell'elettrico

Toyota, Honda e Nissan nel mirino di Greenpeace: non credono nell'elettrico
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Le Case produttrici giapponesi, che di fatto furono pioniere dell'ibrido, ora sono quelle a puntare meno sul "tutto elettrico". Perché?
10 settembre 2022

Strano ma vero: Toyota, Honda e Nissan sono finite in fondo alla classifica di un nuovo studio condotto da Greenpeace, basato sugli sforzi di 10 case automobilistiche nel decarbonizzare la propria attività. La classifica usa come "unità di misura" i progressi compiuti verso l'eliminazione graduale dei motori a combustione interna, nella riduzione delle risorse necessarie e nell'aumento dell'efficienza produttiva a 360 gradi.

Toyota in particolare è all'ultimo posto tra i primi 10 produttori di auto per volume di vendite - esattamente come l'anno scorso - e Greenpeace ha sottolineato che meno dell'1% delle vetture vendute in totale sono a zero emissioni. In più, pare che anche la decarbonizzazione della catena di approvvigionamento stia avendo un progresso più lento del dovuto.

Il caso Toyota

Può fare strano che un produttore come Toyota, la più grande al mondo per vendite globali e pioniera delle motorizzazioni ibride ormai da 25 anni (tanto da renderla per molto tempo beniamina degli ambientalisti), ora sia spesso bersaglio di critiche da parte degli attivisti green. Di fatto, Toyota si era già espressa sulla sua volontà di mantenere in vita ancora per anni i motori a combustione, sostenendo che ICE e EV si sostengono a vicenda nelle motorizzazioni ibride, e che per il prossimo futuro rimane la tecnologia migliore per ridurre le emissioni globali e non stravolgere troppo rapidamente la mobilità globale - con tutte le conseguenze del caso.

Daniel Read, responsabile delle campagne per il clima e l'energia di Greenpeace Giappone, è stato chiaro sulla posizione opposta: "il tempo delle ibride è finito".

In risposta alle critiche, Toyota ha deciso a dicembre di aumentare il proprio obiettivo di vendita annuale di BEV e Fuel Cell da 2 milioni a 3,5 milioni di unità entro il 2030, aggiungendo poi proprio di recente un investimento fino a 730 miliardi di yen - circa 5 miliardi di euro - in Giappone e USA per la produzione di batterie per veicoli BEV.

Read quindi ha "aggiustato il tiro", pur rimanendo sostanzialmente fermo sulla sua posizione: 

"Riconosciamo che hanno fatto dei passi avanti. Tuttavia, rispetto ad altre case automobilistiche globali, fondamentalmente stanno rimanendo molto indietro."

Benché Toyota abbia dichiarato di voler ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2 con tutti gli sforzi possibili, rimane l'idea che l'elettrico puro sia una soluzione valida ma "non risolutiva" per le necessità di tutti. Tant'è vero che nei piani, oltre ai BEV, si parla anche di "altri multi-powertrain alternativi". 

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Honda e Nissan

Honda occupa il 9° posto in classifica, subito sopra Toyota, perché secondo Greenpeace il brand non ha una vera e propria tabella di marcia per raggiungere i propri obiettivi ecologici - tra cui quello di rendere i veicoli elettrici e a celle a combustibile il 100% delle nuove vendite. Un portavoce del marchio sostiene che la neutralità carbonica verrà comunque raggiunta entro il 2050.

Nissan invece si trova all'8° posto, secondo Greenpeace principalmente per via di una crescita irrisoria nelle vendite di veicoli BEV per il marchio giapponese, che con la Leaf si era invece dimostrata avanti coi tempi nel mondo delle auto a batteria. Nissan non ha voluto commentare il rapporto di 
Greenpeace, ma ha confermato di voler continuare ad accelerare l'elettrificazione con l'obietivo della neutralità carbonica.

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