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È sempre il nome Tesla a far parlare di sé, ormai anche da troppo per conto di chi scriva, visto che piuttosto di parlare sarebbe meglio dire “sparlare”. Già, in moltissimi criticano Elon Musk e le sue geniali idee, comunicative al massimo e gratificanti per alcuni, ma da toccare con mano per pochi, pochissimi in proporzione agli investimenti e alla capitalizzazione aziendale. La ormai arcinota Model 3, che deve tenere in piedi la baracca a rigor di logica economica (se una logica per Tesla sia applicabile, ndr) con i suoi elevati volumi rispetto alle Tesla più elitarie, ancora non è in produzione a pieno regime, anzi. Se il target coerente a una tenuta finanziaria e agli ordini è sfornarne 5000 a settimana, ora siamo a 2000 e per giunta in questi giorni arriva anche uno stop, breve, nemmeno il primo, nelle linee di Fremont in California.
I motivi addotti sono quelli di ottimizzare la produzione stessa, troppo sotto pressione dal punto di vista tecnico, tanto da mettere in crisi i robot e avere dei cosiddetti colli di bottiglia ingestibili senza un pausa che sistemi le cose. Un’ipotesi che potrebbe certo essere, le malelingue però parlano anche di noie con il personale e ulteriori periodi di bassa produzione da affrontare prossimamente. Staremo a vedere, se queste turbolenze sono parte di un normale, per Tesla, processo di migrazione dalla nicchia estrema verso qualcosa di maggiormente voluminoso e popolare, certo non facile a livello industriale, specie quando metti in strada un oggetto diverso da quanto l’industria automotive stia sfornando da anni altrove; oppure i prossimi trimestri saranno quelli che segneranno lo switch negativo, per le finanze di Musk. Finanze che a oggi molti costruttori con volume produttivo anche dieci volte superiore, si sognano.