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L’Unione europea potrebbe presto attuare dazi fino al 38,1% sulle importazioni di tutte le auto elettriche realizzate in Cina. Una misura del genere, nel caso in cui dovesse entrare in vigore, andrebbe a colpire ogni EV made in China: sia quelli realizzati dalle case automobilistiche del Dragone, che quelli prodotti dai brand occidentali impegnati a produrre determinati modelli oltre la Muraglia. In attesa di capire se Bruxelles e Pechino riusciranno a trovare un punto d’incontro per evitare l’escalation commerciale, nel caso in cui la decisione dei dazi dovesse essere irreversibile, è lecito attendere una durissima reazione da parte del governo cinese. Che, almeno in parte, c’è già stata. Nello specifico, le autorità del Dragone hanno avviato un’indagine anti dumping sull’importazione di carne suina made in EU, che si affianca ad una sui prodotti lattiero-caseari e ad una terza sui liquori di brandy francesi. La Cina ha però lasciato intendere che potrebbe presto imporre tariffe aggiuntive sull’import di auto dotate di motori superiori ai 2,5 litri, ovvero auto di lusso importate per lo più dalla Germania e altri Paesi europei. La vera e propria reazione del gigante asiatico si concretizzerà tuttavia in altri due modi: puntando maggiormente sulle fabbriche di EV inaugurate
o in fase di costruzione all’estero, che dovrebbero consentire di bypassare ostacoli commerciali di vario tipo, e potenziando il parco auto nazionale a discapito dei modelli occidentali.
Prendiamo BYD, probabilmente il marchio automobilistico cinese più famoso. Nel 2023 ha prodotto oltre 3 milioni di veicoli elettrici (BEV, PHEV e HEV). Un anno fa l’azienda non aveva a disposizione fabbriche all’estero, e dunque è lecito supporre che riesce a realizzare 3 milioni di auto soltanto in Cina. A queste si aggiungeranno presto le nuove frecce derivanti da stabilimenti che saranno presto costruiti all’estero, tra Europa, Sud-est asiatico e America Latina. Saranno proprio loro, una volta completati, le teste d’ariete che consentiranno a BYD di navigare nella tempesta dei dazi e continuare ad esportare i propri prodotti nei mercati occidentali. Entro la fine del 2024 dovrebbe prender forma uno stabilimento in Thailandia, a Raong, in grado di produrre 150mila vetture all’anno. Per il 2025 è prevista invece una fabbrica in Brasile, a Camacari, dotata della stessa capacità produttiva della gemella thailandese e di quella che prenderà forma in Indonesia. Sono in fase di costruzione anche due fabbriche in Ungheria e Messico. Una strategia del genere è ovviamente valida per ogni brand cinese. L’unico problema riguarda il tempo necessario per la realizzazione degli stabilimenti. La guerra commerciale con l’Ue potrebbe iniziare prima del previsto.
Da un lato, dunque, la Cina potrebbe continuare ad esportare i suoi EV in Occidente – seppur in maniera minoritaria – affidandosi alle fabbriche dislocate all’estero. Dall’altro lato, sempre in risposta agli ipotetici dazi dell’Ue, Pechino potrebbe agevolare ancora di più la vendita in patria delle auto prodotte dai brand locali. Basta, del resto, dare un’occhiata ai dati del 2023 per rendersi conto dell’enorme spazio occupato dai produttori autoctoni. BYD è al primo posto con 2,570,929 auto vendute, mentre Geely e Changan seguono al quinto e sesto posto rispettivamente con 1,008,741 e 992,125 modelli piazzati. Decimo posto per Wuling (688,089), 14esimo per Chery (504,528), 16esimo Aion (483,632), 17esimo Li Auto (376,032), 18esimo Hongqi (371,316) e 20esimo GAC (357,408), per restare nella top 20. Tralasciando le giapponesi (Toyota e Honda occupano il terzo e quarto posto con 1,734,528 e 1,203,058 veicoli venduti), sarà interessante capire che fine faranno le auto vendute da Volkswagen (oltre 2 milioni di unità), BMW (quasi 800mila), Mercedes (oltre 760mila), Audi (726mila) e Tesla (610mila). Le tedesche hanno trovato terreno fertile in Cina ma le scintille con Bruxelles potrebbero cambiare le carte in tavola. Liberando il loro posto a modelli autoctoni. Le
case automobilistiche cinesi, intanto, continuano a migliorarsi nel tentativo di offrire prodotti all’avanguardia ai propri connazionali.