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Affermare che al cambiamento dei panorami urbani ha contribuito in qualche misura anche lo sviluppo della tecnica automobilistica può sembrare forse eccessivo. Se ci si pensa un attimo però, qualcosa è mutato nel corso dei decenni. Senza spingerci tanto in là nel tempo, vediamo come stavano le cose negli anni Sessanta. In svariati distributori di benzina, opportunamente attrezzati, facevano bella mostra di sé le scritte lavaggio e ingrassaggio. Quest’ultima parola è da tempo scomparsa. Nessuno ne parla più e per i più giovani indica una operazione pressoché sconosciuta.
Una volta nelle automobili c’erano diversi punti sui quali si doveva periodicamente intervenire con un ingrassatore a pressione. Erano quasi tutti raggiungibili solo dalla parte inferiore della vettura e quindi occorreva impiegare un ponte o disporre di una “buca”. C’erano raccordi per l’ingrassaggio in corrispondenza dei giunti della trasmissione, negli snodi dello sterzo e nelle articolazioni delle sospensioni. In molti casi perfino i cuscinetti delle ruote dovevano essere periodicamente lubrificati con grasso.
La Morris Mini, presentata nel 1959, ha avuto un grande successo ed è stata a lungo popolarissima. Il programma di manutenzione di questa vettura, per quanto riguarda la prima serie, prevedeva che si dovesse intervenire ogni 1000 miglia (1600 km) su ben nove punti di ingrassaggio! Da tempo cose di questo genere sono solo un ricordo. Giunti e snodi di norma sono lubrificati a vita, per non parlare dei cuscinetti delle ruote. Alle percorrenze previste (assai diradate, rispetto al passato) si porta l’auto a fare un tagliando e, per quanto riguarda la manutenzione, tutto finisce lì.
La scritta ingrassaggio non è la sola ad essere scomparsa dalle stazioni di servizio. In alcune di esse in passato da qualche parte si leggeva “grafitatura balestre”. Sembra proprio roba da camion, ma le molle di questo tipo per lungo tempo sono state largamente utilizzate anche in campo automobilistico. Si trattava di balestre semiellittiche, costituite da più foglie di diversa lunghezza sovrapposte. Durante l’escursione molleggiante un certo strisciamento tra di esse era inevitabile.
La cosa poteva anche essere vantaggiosa in quanto garantiva un certo smorzamento (e infatti nei veicoli industriali medi e pesanti in genere non si impiegavano ammortizzatori!) ma rendeva opportune delle attenzioni periodiche. In particolare, per fare le cose come si deve, occorreva impiegare del grasso grafitato. Una vera scocciatura, e c’è da pensare che ben pochi effettuassero questa operazione. Poi sono arrivate le balestre paraboliche, con una o al massimo due foglie, nelle quali non ha luogo alcuno strisciamento. Mano a mano presso i costruttori europei di automobili le balestre hanno perso favore, fino al punto di diventare una autentica rarità, sulle auto di larga diffusione.
Sui veicoli industriali pesanti adibiti a trasporto di linea, dopo avere dominato incontrastate la scena per decenni le balestre sono scomparse, sostituite dalle molle pneumatiche, come chiunque viaggi in autostrada può constatare agevolmente.
Dalle strade cittadine sono scomparse due insegne una volta comuni e assieme a loro sono cadute nel dimenticatoio le relative figure professionali, quelle del carburatorista e del radiatorista. Da tempo le auto sono tutte a iniezione, diretta o indiretta che sia. E nel rarissimo caso che un radiatore dia problemi non si pensa neanche a ripararlo; è più conveniente sostituirlo.
Il grande progresso tecnico del quale le automobili sono state oggetto negli ultimi decenni ha portato a esigenze di manutenzione via via minori. Gli intervalli di sostituzione dei pochi particolari che vanno cambiati periodicamente si sono diradati in maniera addirittura impensabile fino a non molti anni fa e il numero delle regolazioni è notevolmente diminuito. Basta pensare a quando occorreva controllare spesso la distanza e le condizioni dei contatti del ruttore (le famigerate “puntine platinate”, oggi solo un lontano ricordo) e registrare l’anticipo di accensione agendo sullo spinterogeno. Lo stesso vale per il gioco delle valvole, enormemente meno soggetto a variazioni con il passare dei chilometri grazie a una progettazione e una realizzazione più accurata delle camme (specificamente a livello delle rampe di raccordo) e soprattutto all’impiego di nuovi materiali per le sedi, molto meno soggetti a usura.
La maggior parte dei motori automobilistici da diversi anni a questa parte è dotata di dispositivi telescopici idraulici incorporati nei fulcri dei bilancieri grazie ai quali la ripresa del gioco delle valvole è automatica (in alternativa ci sono le punterie idrauliche, che oggi però sono meno diffuse). Anche nei pochi casi nei quali questi dispositivi non vengono utilizzati il controllo (e l’eventuale regolazione) del gioco è però previsto solo dopo percorrenze elevatissime. Secondo un costruttore giapponese sarebbero adeguati intervalli addirittura dell’ordine di 100.000 km! Naturalmente stiamo parlando di normali vetture di serie.
Le candele hanno subito una forte evoluzione, che ha consentito di aumentare in maniera straordinaria la loro durata. Merito delle placchette di piccolo diametro in materiali dalle caratteristiche eccezionali, come l’iridio e il platino, riportate sulle estremità degli elettrodi. Inoltre oggi questi componenti “accessori” sono assai meno critici, rispetto al passato, in fatto di grado termico. In altre parole, sono più “termoelastici” e un loro imbrattamento costituisce un fatto assolutamente eccezionale. La stessa candela va bene sia nella guida molto sportiva su strada aperta che nell’impiego cittadino a basse velocità, su brevi percorsi e con frequenti arresti e avviamenti. Importante sotto questo aspetto è stato anche il contributo fornito dai sistemi di accensione con tensioni assai più alte di quelle utilizzate in passato, in grado di fare scoccare la scintilla sempre e di eliminare agevolmente i depositi che tendono a formarsi sul piede dell’isolante in certe condizioni di impiego.