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Alcune soluzioni si sono affermate dopo un lungo periodo nel quale, pur conoscendo loro esistenza, i costruttori non si decidevano a impiegarle su vasta scala. È interessante osservare a questo proposito che in passato non sono mancati gli esempi di progettisti che hanno fatto delle scelte più per per certe convinzioni assolutamente soggettive che per ragioni puramente tecniche, ovvero razionali al 100%. Addirittura alcuni di loro avevano, se non dei veri e propri “pallini”, delle spiccate preferenze per determinate soluzioni tecniche, al punto che molte loro creazioni (generalmente da corsa) erano inconfondibili. Questo è accaduto più frequentemente nel settore motociclistico, nel quale alcuni costruttori avevano dimensioni (e mentalità) più artigianali che industriali e nel quale le realizzazioni di grandi personaggi come Taglioni e Remor (innamorati rispettivamente delle distribuzioni desmodromiche e delle barre di torsione) si distinguevano immediatamente.
Non sono poi mancati gli schemi costruttivi adottati per tradizione, perché caratteristici della casa, più che per reale convenienza tecnica.
La Lancia è stata a lungo famosa per i suoi motori a V stretto. Rispetto a quella in linea questa architettura consentiva di ridurre l’ingombro longitudinale senza fare aumentare in misura sensibile quello trasversale (ma comportava costi di fabbricazione più elevati). Si ottenevano cioè motori molto compatti. In alcuni casi non sembrava che di questo contenimento dell’ingombro ci fosse davvero necessità, perché di spazio nel vano motore ce ne era in abbondanza… L’unico caso nel quale la cosa ha avuto davvero importanza è stato quello della Fulvia, che aveva la trazione anteriore e il motore piazzato longitudinalmente. Questa eccellente vettura è apparsa però negli anni Sessanta, quando la casa torinese adottava questa architettura costruttiva già da alcuni decenni.
Una storia interessante è quella delle punterie “tipo Jano”, così definite dai tecnici e dai giornalisti anche all’estero. Venivano chiamate così perché il grande progettista Vittorio Jano le impiegava su praticamente tutti i suoi motori da competizione. Erano delle punterie a piattello che si avvitavano sulla estremità filettata dello stelo valvola e che si andavano ad inserire nella parte superiore della guida della valvola, appositamente conformata. Destinate ai motori con distribuzione bialbero, avevano un peso contenuto e funzionavano in maniera più che soddisfacente.
Le punterie a bicchiere però, dal punto di vista della durata e dei costi erano migliori; per i motori da corsa queste voci hanno una importanza trascurabile ma a un certo punto si è anche visto che nelle esecuzioni più evolute il peso di questi organi mobili poteva essere leggermente minore. Al posto della filettatura sullo stelo della valvola bastava un semplice canalino e ci potevano essere dei vantaggi in termini di affidabilità.
Le punterie a bicchiere sono state ideate e brevettate nel 1916 da Albert Morin, e il primo impiego si è avuto sulla Ballot a otto cilindri da competizione del 1919. Per assistere alla loro affermazione generalizzata sulle auto di serie si è dovuto attendere molto tempo. Per i motori da corsa le cose sono andate diversamente; negli anni Trenta la scena era suddivisa tra quelli con bilancieri a dito, quelli con punterie a bicchiere e quelli nei quali queste ultime erano del “tipo Jano”. Successivamente le cose sono cambiate e a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta le punterie a bicchiere hanno preso il sopravvento (eccezion fatta per i motori Ferrari, che hanno continuato a privilegiare la soluzione Jano ancora per qualche tempo).
Per regolare il gioco delle valvole di norma con queste punterie si impiegano pastiglie calibrate, che possono essere piazzate sopra o sotto di esse. Nel primo caso il peso è maggiore ma la manutenzione è più agevole. Nel secondo invece è l’esatto contrario; per cambiare le pastiglie con altre aventi lo spessore corretto (che consente cioè di ottenere il gioco previsto) occorre infatti rimuovere l’albero a camme. Dopo molti anni di predominio, di recente le punterie a bicchiere sono state largamente sostituite dai bilancieri a dito.
Nei motori di serie oggi questi ultimi sono quasi sempre del tipo munito di rullo (ciò dà luogo a un minore attrito) e vengono montati su supporti idraulici telescopici a testa sferica che consentono la ripresa automatica del gioco. A differenza delle punterie idrauliche questi supporti sono fissi, in quanto inseriti in appositi alloggiamenti praticati nella testa, e non causano un aumento delle masse mobili (cosa che renderebbe necessario l’impiego di molle con un carico maggiore).
Nei motori da competizione i bilancieri a dito (che in questo caso non sono montati su supporti idraulici ma vengono inseriti su semplici perni d’acciaio) vengono preferiti alle punterie a bicchiere perché permettono una riduzione delle masse in moto alterno e consentono ai progettisti una maggiore libertà in fatto di legge del moto delle valvole. Non sono dotati di rullo per ragioni di leggerezza ma la loro superficie di lavoro ha un coefficiente d’attrito estremamente ridotto grazie a un sottile strato di DLC applicato su di essa.